Dal 22 settembre al 4 novembre 2018, la quarta Istanbul Design Biennial reinventa il format della biennale in una sistema produttivo orientato al processo di ricerca e apprendimento. Durante la Milano Design Week la manifestazione si presenta al pubblico, con una discussione aperta e un’installazione a cura di Z33. Abbiamo parlato in anteprima con Jan Boelen (curatore), Vera Sacchetti (curatore associato) e Nadine Botha (assistente curatore).
A School of Schools è uno spazio per la costruzione di un nuovo sapere
Milano. La quarta Istanbul Design Biennial si presenta ad Alcova. In anteprima una conversazione con i curatori Jan Boelen, Vera Sacchetti e Nadine Botha.
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- Salvatore Peluso
- 19 aprile 2018
- Milano
In italiano la parola “scuola” vuol dire parecchie cose. Che cos’è per voi una scuola?
In “A School of Schools“, il termine “scuola” si riferisce a spazi per l’educazione e a situazioni per l’apprendimento. Ma più di ogni altra cosa è un termine che porta in sé una ricchezza di occasioni; parla di luoghi alternativi, spazi d’audacia per la sperimentazione e per la creazione di nuovo sapere. Se guardiamo in particolare alla formazione al design, constatiamo che le iniziative pedagogiche alternative hanno aiutato la disciplina a evolversi, mettersi in discussione e spingersi oltre i suoi confini. Molte di queste sperimentazioni sono state anche il terreno di prova di stili alternativi di vita, lavoro e collegamento con gli altri e con sé stessi. Attraverso queste esperienze sono venuti alla luce nuovi modi espressivi, nuovi significati e nuove implicazioni del design.
Perché oggi l’educazioni al design e al pensiero creativo è tanto importante?
Non è tanto una questione di formazione al design o al pensiero creativo, quanto di importanza degli spazi alternativi, che nella complessità del presente stanno diventando sempre più difficili da creare. Sono spazi sicuri, entro i quali formulare soluzioni diverse dai sistemi esistenti. Sono contesti in cui sono possibili autonomia decisionale, riflessione, condivisione e impegno.
Come va immaginata l’inaugurazione della Biennale? Sarà un contenitore vuoto, da riempire con i contenuti prodotti da laboratori e iniziative? Oppure sarà una mostra tradizionale?
Stiamo elaborando un programma d’inaugurazione multiforme, che analizza i possibili futuri dell’educazione al design. Le giornate d’orientamento si svolgono nell’arco di due giorni, il 20 e 21 settembre 2018, e vedono professionisti, docenti e intellettuali turchi e stranieri riuniti in una Biennale concepita come spazio alternativo, di dialogo e di produzione. Questo programma ibrido comprende una mostra che è il risultato di una serie di manifestazioni, laboratori, presentazioni e performance.
Il termine ‘scuola’ porta con sé la ricchezza delle occasioni, parla di spazi alternativi, spazi audaci per la sperimentazione e per la creazione di nuovo sapere.
Cosa si impara nella “scuola delle scuole”?
La Biennale è incentrata su processi e metodi della didattica, e la nostra analisi è di per sé un atto formativo, che desideriamo rendere pubblico e trasparente. Uno dei modi in cui lo facciamo si realizza attraverso l’uso del sito web della Biennale, nei mesi a venire, come piattaforma di documentazione del nostro metodo, allo scopo di metterlo a disposizione di chiunque voglia imparare insieme a noi. Attualmente stiamo anche lavorando all’idea di un concetto di design allargato – la molteplicità delle direzioni in cui il settore del design si sta espandendo – che, secondo noi, può contribuire a definire quale forma debba prendere l’educazione al design. In più sappiamo anche che la nostra sperimentazione non si può realizzare nel vuoto. È il motivo per cui la Biennale è saldamente radicata a Istanbul, e il lavoro che svolgiamo si realizza nel quadro di vari temi in consonanza con il mondo contemporaneo e con le sue complessità.
“Le sedi delle manifestazioni formano un percorso di tre chilometri e mezzo attraverso la città, e sono collegate da uno dei principali viali commerciali pedonali…”. È una Biennale diffusa. Spiegateci questa scelta.
“A School of Schools” si svolge in sei sedi differenti, tutte appartenenti a influenti istituzioni della cultura: Akbank Sanat, Yapı Kredi Kültür Sanat Yayıncılık, Arter, il Museo di Pera, il Salt Galata e lo Studio-X Istanbul. Sono tutte situate in uno dei quartieri più vivaci e compositi di Istanbul: Beyoğlu. Le sedi delineano un percorso pedonale collegato a una delle principali arterie commerciali dell’area – Istiklal Caddesi – che comprende gli ambienti pedagogici multigenerazionali e transdisciplinari che appartengono al contesto storico, sociale e culturale del tessuto urbano del quartiere. La scelta di unirci a istituzioni esistenti ci permette di agire sulla base di reti e di collaborazioni già attive invece di imporne di nuove, ampliando le potenzialità di un complesso di attività culturali sostenibile. Parallelamente è molto importante creare rapporti con il contesto e con la città, adeguandoci all’identità locale. Siamo alla quarta Biennale di Design di Istanbul, ed è importante aprirci alle specificità del territorio: altrimenti la manifestazione potrebbe essere organizzata in qualunque altro luogo.
Avete ricevuto oltre 700 candidature. Il metodo della Open Call è un modo per “imparare” e per individuare i problemi contemporanei e le avanguardie. Parlaci del processo di selezione. Qual è la tua impostazione curatoriale?
Siamo stati travolti dalla quantità di candidature che abbiamo ricevuto. Non ce ne saremmo mai aspettate tante, e questo ha ulteriormente confermato l’importanza di lavorare sul tema della formazione. Tuttavia in molti casi delle ottime proposte hanno dovuto essere scartate perché non erano adeguate al percorso che intendevamo prendere. Dal processo di selezione abbiamo decisamente imparato qualcosa: ci ha permesso di riformulare il quadro dei temi che avevamo individuato all’inizio e di riarticolarli, e ha dato una definizione più precisa alla direzione presa dalla Biennale. Questo fatto sarà reso esplicito dalle nostre scelte curatoriali, oltre che dalla scelta delle sedi della nostra Biennale, che ci permettono di distribuire o di concentrare certi temi e certe impostazioni progettuali.
La Turchia è uno dei territori di confine della cultura occidentale. C’è il rischio che la Biennale diventi uno strumento di colonizzazione culturale. Da dove provengono i partecipanti?
Siamo ben consapevoli di non essere di Istanbul, ma cerchiamo anche di andare oltre lo stereotipo binario della città: Oriente-Occidente, il punto d’incontro tra Europa e Asia e via dicendo. Con “A School of Schools” stiamo prendendo le distanze dalla narrazione magniloquente imposta dalla Biennale in questo specifico contesto, e ci orientiamo invece alla creazione di una Biennale che mette insieme una serie di racconti brevi, nati dal dialogo, dalla ricerca e dallo scambio dei saperi. Per noi è molto importante l’adesione al luogo: affrontiamo temi di importanza locale, le collaborazioni avvengono all’interno della città e i progetti sono radicati a Istanbul o in Turchia. Nell’insieme della rete dei partecipanti alla Biennale miriamo ad avere un 50% di partecipanti turchi e un 50% dal resto del mondo.
- A School of Schools – 4th Istanbul Design Biennale
- giovedì 19 aprile 2018 – h 11.30
- Alcova
- via Popoli Uniti 11, Milano
- Jan Boelen
- Vera Sacchetti
- Nadine Botha
- Deniz Ova
- Istanbul Foundation for Culture and Arts
- VitrA