Ponti scrittore
Una scrittura “leggera e palpitante”, come le sue architetture. Così si potrebbe dire leggendo i testi pubblicati da Gio Ponti sulle pagine di Domus, di Stile e nei suoi libri.
Una scrittura “leggera e palpitante”, come le sue architetture. Così si potrebbe dire leggendo i testi pubblicati da Gio Ponti sulle pagine di Domus, di Stile e nei suoi libri.
Nell’universo creativo di Gio Ponti le arti si specchiano, convergono, si cercano in un inseguimento continuo, partecipano allo spazio architettonico: non possono mancare nella casa moderna, è una questione di educazione al gusto e all’estetica.
L’annoso dibattito sul restauro, tra un metodo teso a salvaguardare i caratteri materici e financo i segni apportati dal tempo e quello più attento al significato espressivo dell’opera, che però può indulgere nel ripristino e dunque nella falsificazione, è stato qui risolto nel migliore dei modi con un opportuno senso realistico ma anche con grande rigore filologico.
Promuovere è la parola chiave dell’infaticabile lavoro di Ponti attorno all’architettura, al design, alle arti applicate: la stessa che sembra risuonare quando si tocca il tema del vintage design.
Sul finire degli anni Sessanta frequentavo la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. In quel periodo non c’era grande attenzione per l’architettura sul piano disciplinare: erano gli anni della “contestazione generale” e gli studenti erano prevalentemente impegnati nelle assemblee e nelle manifestazioni di piazza.
Nel 1928, Aby Warburg comincia a lavorare al suo ultimo lavoro, che sarebbe rimasto incompiuto: Mnemosyne o L’Atlante delle immagini. L’enigmatico progetto di Warburg consiste in una massiccia raccolta di materiale, per lo più iconologico: circa un migliaio di fotografie, incorniciate, montate, assemblate secondo una logica precisa benché del tutto personale, che nelle intenzioni di partenza sarebbe dovuto servire a rappresentare la mappa del valore espressivo delle immagini nella storia della cultura occidentale.