Quarant’anni fa usciva Stop Making Sense, il documentario rock girato da Jonathan Demme che sarebbe stato ricordato come film-concerto per eccellenza. Novanta minuti di performance live dei Talking Heads, la band pioniera del new wave e del post punk degli anni ‘80 guidata da David Byrne, che ha lasciato un segno indelebile nella cultura pop, divenendo reference in diverse occasioni: solo l’anno scorso, A24 in Dream Scenario ha vestito l’attore protagonista Nicolas Cage in perfetto stile David Byrne, oltre che a concludere il film con la canzone della band City of Dreams.
Inoltre, per celebrare il quarantesimo anniversario di Stop Making Sense, prima al Festival del Cinema di Roma e successivamente negli scorsi giorni di 11, 12 e 13 novembre in tutta Italia, l’esperienza è stata proposta in vari cinema per rivivere l'esibizione, in 4K, come fosse un vero concerto senza tempo.
C’è forse una scena, tra tutte, che ha reso Stop Making Sense fonte di ispirazione e pozzo di infinite citazioni, e va più o meno così: dopo un cambio di costume, Byrne torna sul palco sulle note di Girlfriend is better, in un’atmosfera di festa, gioco e travestimento. Ai piedi delle comode sneakers bianche, e addosso un completo grigio, estremamente gonfio e sproporzionato, anche comico, che si conquista il titolo di “Big Suit”.
Il Big Suit era destinato a diventare un codice, riconoscibile e sempre attuale, che nell’arco di quarant’anni non si è mai estinto.
L’effetto è quello di una piccola testa praticamente fluttuante, appena posata su un corpo morbido e cartoonesco (una vera e propria talking head, non a caso!). L’abito, diventato subito uno dei simboli riconoscibili del film, della band e del cantante stesso, è stato confezionato dalla costumista Gail Blacker sotto richiesta di Byrne, dopo un viaggio in Giappone che gli aveva permesso di conoscere il teatro Noh.
“Everything is bigger on stage”, aveva constatato il suo amico e fashion designer Jurgen Lehl, riferendosi ai gesti e alle consuetudini teatrali, ma il cantante ha deciso di infondere questa grandezza - o forse grandiosità - nel suo stesso costume, ideando una perfetta sincronia tra il businessman degli anni ‘80 e la spiccata fantasia del teatro orientale.
@a24 The Stop Making Sense shuffle. See it on the big screen on 9/22 and in theaters everywhere 9/29! #talkingheads #davidbyrne #jonathandemme #a24 ♬ original sound - A24
Il Big Suit era destinato a diventare un codice, riconoscibile e sempre attuale, che nell’arco di quarant’anni non si è mai estinto. Basti pensare all’oversize, oggi uno degli approcci alla moda più gettonato, non soltanto nello stile di tutti i giorni ma anche sulle passerelle più discusse del momento, come Balenciaga, che spesso propone silhouette squadrate e gigantifiche che incuriosiscono oggi come quarant’anni fa.
Effettivamente, l’esasperazione dei nostri capi può risultare uno strumento efficace e originale, come se i tessuti fungessero da “seconda pelle” in grado di rimodulare la morfologia dei nostri corpi, innescando un procedimento dove trionfano gioco, teatralità e travestimento, proprio come in un'esibizione dei Talking Heads o una messa in scena di teatro Noh.
Immagine di apertura: Jonathan Demme, Stop Making Sense, 1984