“Non chiamatelo e-commerce”, precisa Roberta, classe ’85, per anni nel mondo dell’arte moderna e contemporanea, fra curatori, gallerie e case d’asta. Perché a tutti gli effetti My.Prototype è una vetrina che cataloga e raccoglie oltre cento maquette e prototipi, provenienti da archivi e studi, raccontati attraverso immagini, video e schede.
“Il prototipo è quanto di più vicino esista all’idea del designer. Quando mi rapporto con il prototipo, è come se stessi toccando l’idea, come se vivessi l’illusione di accarezzarla”.
Domus: Gaber a parte, come è nato il progetto?
Roberta Brambilla: In realtà è nato in maniera un po’ insolita. Due anni fa ero ai saldi di Jill Sander e mi è capitato di pescare due o tre capi con l’etichetta prototipo. Da lì ho iniziato a pensare al fatto che nessuno vede i prototipi, tante volte non arrivano a essere conosciuti per ragioni commerciali e di mercato, restando chiusi negli studi. Perché, dunque, non fare qualcosa che li mostri al pubblico?
Domus: Hai creato tutto da sola?
Roberta Brambilla: Ero in cerca di un’idea e volevo fare qualcosa per conto mio. Non volevo più dipendere da qualcuno, ho iniziato a parlarne in giro, in primis a Michele De Lucchi, al quale il progetto è piaciuto molto. Mi sono resa conto che valeva la pena approfondire, quindi ho iniziato a bussare alla porta dei primi designer. Il primo è stato Giacomo Moor, poi Elia Mangia, quindi passaparola e reazioni a catena varie ed eventuali. Da lì ho cominciato a far ricerca sul web, sono partita da Milano, ma ho guardato molto fuori.
Domus: Facendo ricerca anche fuori dai confini del Made in Italy, quali differenze hai notato con l’Italia?
Roberta Brambilla: Ad esempio in Olanda, o piuttosto in Belgio e in Inghilterra, sono molto più strutturati, trovi dei siti ben fatti. In Italia c’è un grande caos, ognuno ha un sito, a volte trovi qualcosa che poi non riesci più a ritrovare. In più c’è molta superficialità, in Francia nutrono più attenzione per l’originalità, l’unicità, la qualità, diciamo che qui siamo più superficiali.
Domus: Perché proprio il prototipo?
Roberta Brambilla: Perché nel prototipo c’è l'errore, e l’errore è bellissimo. In più ho sentito l’esigenza di recuperare il gesto primordiale. Il discorso è che non ci fermiamo mai a riflettere, non abbiamo tempo o voglia. Anche rispetto a prodotti che sono stati realizzati su larga scala.
Domus: Cos’ha il prototipo che gli altri non hanno?
Roberta Brambilla: Michele De Lucchi ha raccontato questa storia. Il secondo di Hitler, Joseph Goebbels, era un grande collezionista e appassionato di Vermeer. Quando, incredulo, si accorse che uno dei suoi quadri acquistati era un falso, fece uscire il pittore dal carcere che rifece una copia identica davanti ai suoi occhi. In quel momento rispose: “Adesso so cosa vuol dire male”. Ecco il discorso è che il sapore dell’originale non è ripetibile, il gusto del prototipo non è comparabile con niente altro.
Domus: Dove collocare il prototipo? Arte o design, arte e design, arte è design?
Roberta Brambilla: Il motivo per cui Design Miami/ Basel ha tanto successo è proprio perché arte e design sono simbiotiche. La differenza diventa labile, anche se il pezzo di design deve essere non solo bello ma anche utile. Una scultura è una scultura, mentre un designer può anche fare la sedia più bella del mondo, ma se è scomoda allora ha fallito perché il pezzo non è ben riuscito. Il design deve avere le due cose insieme, la bellezza della forma e delle linee ma non solo quello. Se pensiamo alla parola arte nel suo utilizzo più comune, credo che l'errore nel contrapporla alla parola design, stia nel fatto che intendiamo per arte qualcosa di più elevato, nobile e assoluto. Ma anche un oggetto di design è tale.
Domus: La crisi economica ha sottolineato quanto il marketing abbia gonfiato il valore reale di un prodotto, appena uscito dalla fabbrica. Qual è la direzione del design in questo momento in cui si parla spesso di autoproduzione?
Roberta Brambilla: Oggi c’è una consapevolezza di un certo tipo, in questo momento in Italia non siamo pronti a riconoscere il valore intrinseco che può avere un oggetto come il prototipo. Qui ancora c’è gente che dice “quello lo potevo fare anch’io”. Anche se, per esempio, il bicchiere da sigaro di Joe Colombo, mix di originalità, forma e utilità, non è possibile da replicare
Domus: Cosa vorresti fare con My.Prototype e qual è il tuo ruolo?
Roberta Brambilla: Con il sito non voglio rendere il prototipo un’opera d'arte, di per sé il prototipo è un’opera d’arte, quindi non c’è bisogno di renderla tale. Purtroppo e per fortuna non ho l’esperienza di una persona che lavora in un’azienda e che conosce i materiali. Ho visitato tutti gli studi, ho visto per la prima volta i prototipi, ho visto delle cose che se non hai un occhio allenato non noti.
Domus: Qualche dettaglio?
Roberta Brambilla: Mi facevano notare la lavorazione artigianale del metallo, dove puoi studiare impronte che nella produzione aziendale non ci sono. Mi hanno mostrato quei dettagli che se non hai un occhio allenato non vedi. E se non osservi, non cogli. Ogni dettaglio racconta una piccola storia meravigliosa.
Domus: Un esempio pratico, un oggetto particolare?
Roberta Brambilla: Le poltroncine di Elia Mangia, legno con il metallo perfettamente incastrato sopra. Mentre faceva il prototipo, dopo aver ritagliato tutto con calcoli precisi, Elia si è accorto che con il caldo il legno si era dilatato e quindi ha passato 4 giorni a scartavetrare a mano.
Domus: Inaugurato da poco con una presentazione alla Triennale di Milano, come sta andando My.Prototype?
Roberta Brambilla: A livello economico non è partito ancora nulla: non ho creato questa piattaforma per la piccola percentuale che ci guadagno sulla vendita. Ho voluto costruire una vetrina dove i designer si rifanno dei costi di produzione, il contatto, racconto loro il progetto e se hanno voglia di vendere, pubblicano sul sito il prezzo. Inoltre sono convinta che anche se adesso non c’è attenzione, né mercato, prima o poi succederà qualcosa.
Domus: Qual è il tuo prototipo dei sogni?
Roberta Brambilla: Mi piacerebbe avere il prototipo della lampada Arco di Castiglioni e spero che l'archivio lo abbia tenuto. Il problema paradossale è, infatti, che ci sono aziende che non hanno un archivio e in cui al prototipo non viene dato valore. La Kartell ad esempio ha un bellissimo archivio con museo. Vorrei sensibilizzare di più, anche per capire quale lavoro viene fatto e perché nascono certe forme. Il prototipo a volte è fatto in azienda, a volte dal falegname, a volte dal designer stesso. A volte costa di più, a volte di meno del prodotto stesso.
Domus: Prossimi passi?
Roberta Brambilla: Tanta ricerca. Fra poco verranno pubblicati i prototipi di Gumdesign, Lorenzo Damiani, Paolo Ulian, David Dolcini, Philippe Nigro, Doppio Segno. Sto lavorando con Pietro Nocita che si occuperà della parte curatoriale di progetti esterni. Con lui stiamo organizzando un evento con il Consolato olandese perché l’idea è quella d’introdurre ogni anno designer stranieri, focalizzandoci su un paese ogni volta diverso. Poi verranno aggiunte due altre categorie Food e Technology, inoltre stiamo lavorando sull’archivio storico, perché vogliamo dedicarci ai pezzi che hanno fatto la storia del design. L’idea è che My.Prototype diventi un punto di riferimento.
Domus: Con il prototipo abbiamo fatto un discorso fra originale e riproduzione seriale, che, se vogliamo, è anche quello che si fa fra il vero e il falso.
Roberta Brambilla: In effetti sì, mi è successo anche un aneddoto divertente. Ho ricevuto una mail da un’azienda cinese che fa prototipi a basso costo, che dopo aver visto il sito, mi ha chiesto se volevo realizzare qualcosa con loro. Per loro quei prototipi erano buone idee.