Il Virtuale. L’Arte. Il Bello

In un tempo in cui le comunicazioni virtuali gestiscono le nostre vite l’arte ne subisce le conseguenze. Quale il destino? Quali le influenze in un momento così nebuloso e difficile per l’umanità? L’arte del nuovo secolo affronta nuove strade.

Questa è l’epoca dell’incertezza, della paura che genera speranza, dell’incontrovertibile e dell’opinabile. Nell’immaginazione pare strutturarsi questo tempo, nel pensiero, nella ricerca, nella scienza, nell’espressione delle idee, nella fede e forse nell’arte. Occasioni d’incontri virtuali hanno avuto, nell’epoca pandemica, una forte influenza nel nostro rapporto con il momento, con il tempo, con la storia. 

L’arte, necessariamente influenzata dal contesto storico, si declina in una grammatica nuova ammettendo, in una qualche maniera, l’intercambiabilità del suo ruolo e della sua forma nella nuova contemporaneità pandemica.

Bello. Brutto. Concetti estetici che lasciano spazio a nuove parole, nuove sigle: NFT “non fungibile token”. Una risorsa digitale paritaria e decentralizzata che non può essere intercambiata, un token crittografato. In più semplici parole un NFT è un oggetto virtuale, unico e inimitabile.

Beeple, Everydays: the First 5000 Days, NFT, 2021

NFT è un’opera d’arte che si avvale della tecnologia, che nell’ultimo periodo ha determinato un’importante innovazione nel mercato dell’arte. Per fare un esempio nel Marzo 2021 da Christie’s, nota casa d’aste inglese, è stata venduta per 70 milioni di dollari un NFT, un’opera d’arte virtuale dell’artista Beeple, producendo così un vero e proprio record sul mercato e una nuova avanguardia artistica.

Un’opera d’arte che nasce, se vogliamo cercare un senso estetico, dal concetto aristotelico di “in potenza”, cioè qualcosa che non esiste in atto, virtuale. Virtus, forza in latino. Una qualità interiore non necessariamente espressa, quindi virtuale che non appartiene al reale concreto, al reale tangibile. Un livello immaginifico di un progetto culturale che ci rimanda ad un’antica dialettica riguardante le tecniche artistiche e le avanguardie dove si cercava di comprendere fino a che punto la tecnica possa definire l’arte. Se dovessimo portare l’arte alla sua essenza puramente teoretica e la tecnica a semplice attività pratica non decreteremmo forse un divorzio quasi impossibile tra queste due materie? Il virtuale dunque è tecnica? Il virtuale mantiene il senso estetico al quale siamo stati educati? O questa nuova educazione “artistica” nell’epoca pandemica ci costringe nel suo aspetto arrogante e coercitivo ad accettarla nell’abuso quotidiano?

Discutere di bellezza allora sembrerebbe essere un concetto decaduto a causa di una cultura in cui dominano figure intellettuali molto diverse dal secolo scorso.

Pompeo Girolamo Batoni, Il Tempo che ordina alla Vecchiaia di distruggere la Bellezza, 1746

Dal passato infatti arrivano definizioni del bello. Da artisti, filosofi, che nel corso dei secoli hanno argomentato un’idea estetica, un’idea del bello, che si modulava a seconda di esigenze culturali, spinte emozionali e necessità intellettuali. Tutto ciò non è accaduto però con il brutto. La maggior parte delle volte infatti l’idea della bruttezza era solo in opposizione a quella della bellezza, una riflessione questa, che solo apparentemente non aveva necessità filosofiche e filologiche. Propria della modernità infatti è la svalutazione dei soggetti, una gerarchia estetica che forse, mancando proprio di una riflessione sul brutto già dal passato, ha favorito lo sviluppo di alcune istanze, assolutamente contemporanee, che hanno trovato la loro forza su tematiche “basse” sotto lo scudo di una categoria morale assolutamente inferiore al passato, anche quello più recente.

L’arte ai tempi della pandemia, l’arte virtuale, è divenuta arte per mostrare la confusione di alcune forme di sapere e quindi l’impalpabilità dell’arte stessa, costretta a scontrarsi con un tempo e con una storia che dell’inconsistenza ne hanno fatto la loro necessità.

L’arte durante la pandemia ha preso strade interessanti, sia dal punto di vista sociologico, artistico, economico sia da quello intellettuale. L’arte si è resa inconsistente, come quella virtuale, un’opera NFT ma è anche tornata su strade “antiche”, come dimostrano le ultime vendite in asta. Artisti storicizzati come Severini, Sironi, Balla o l’arte più antica, come quella del seicento hanno ritrovato forza e vigore. Che succede quindi al collezionismo? Che prenda una strada quasi politica? Ci attenderà forse una bicamerale dell’arte? La destra e la sinistra del collezionismo. Conservatori e riformisti.

Gino Severini, Autoritratto, 1907-1908, pastello su cartoncino, cm 27,8x32,4. Aggiudicato a € 220.000, inclusi i diritti € 275.000. Courtesy Il Ponte Casa d’Aste.

Immagine in apertura: Beeple, Everydays: the First 5000 days, NFT, 2021