La grande mostra di Nan Goldin ora a Berlino

“This will not end well” è la retrospettiva definitiva che la Neue Nationalgalerie dedica a una delle più importanti fotografe viventi. Sei opere monumentali la presentano nelle vesti di filmmaker.

I used to think that I could never lose anyone if I photographed them enough. In fact, my pictures show me how much I've lost.

Le fotografie di Nan Goldin (Washington, 1963) compongono un diario pubblico dei suoi ricordi. Quando racconta che cos’è per lei la fotografia, ne parla come di un’urgenza incontrollabile, descrivendo la macchina fotografica come un’estensione del suo braccio. I suoi snapshot estemporanei parlano della sua vita e di quella delle persone a lei più care, all’interno della comunità delle drag queen, sua famiglia per scelta, nella New York degli anni Settanta, Ottanta e Novanta, tra la Bowery, l’East Village, e il Tin Pan Alley di Times Square.

Nan Goldin, Untitled, 1982. Fotografia dalla serie "Memory Lost“. © Nan Goldin. Courtesy the artist

Proprio a due passi dalla Bowery, il Mudd Club, storico night club della scena underground newyorkese, nel 1979 ospita lo spettacolo The Ballad of Sexual Dependency, nel quale Nan Goldin presenta le fotografie della serie omonima, nel formato di uno slideshow diaristico musicato.

La mostra alla Neue Nationalgalerie di Berlino, intitolata This Will Not End Well, aperta al pubblico dal 23 novembre 2024 al 6 aprile 2025, prende le mosse da questa pratica filmica di Goldin e presenta la fotografa americana per la prima volta nelle vesti di regista, con un corpus di opere imponente, che ripercorre tutti gli aspetti della sua vita e della sua carriera.

Sul perché di questa scelta, l’artista ha raccontato di come abbia sempre voluto essere una regista e di quanto per lei il cinema sia stato un mezzo d’espressione fondamentale, sin dalla sua infanzia e adolescenza, trascorse nel cinema Orson Welles di Cambridge, guardando opere sperimentali come Flaming Creatures (1963) di Jack Smith, e poi il lavoro di Warhol e i film delle attrici della Grande Hollywood come Marilyn, Marlene Dietrich, e Barbara Stanwyck.

L’allestimento, realizzato in collaborazione con l’architetta Hala Wardé, è concepito come un agglomerato di sei piccoli cinema, sei ambienti separati, ognuno dei quali ospita una proiezione. Alcuni degli slideshow in mostra sono gli stessi che lei era solita montare in occasione delle sue proiezioni casalinghe per i suoi amici, che sono anche i soggetti delle sue foto, poetiche, struggenti, piene di malinconia.

Nan Goldin, Brian and Nan in Kimono, 1983. Fotografia dalla serie “The Ballad of Sexual Dependency”. © Nan Goldin. Courtesy the artist

Questa modalità espositiva ha permesso a Goldin di fare sempre ulteriori modifiche nel corso del tempo, aggiungendo o togliendo fotografie, per cercare di raggiungere un’efficacia narrativa che solo questa formula permette, a differenza di quella più compiuta e definitiva del libro.

Le sei proiezioni in mostra presentano sei grandi lavori di Nan Goldin. The Ballad of Sexual Dependency (1981–2022) sua opera magna, mostrata per la prima volta a Berlino alla Berlinale del 1986; The Other Side (1992-2021) un omaggio alla sua famiglia di amici che celebra la libertà dalle definizioni di genere, di cui Goldin scrive nel libro pubblicato nel 1992: “The people in these pictures are truly revolutionary; they are the real winners of the battle of the sexes because they have stepped out of the ring”. La serie Sisters, Saints and Sibyls (2004–2022), è un testamento sui traumi della famiglia e del suicidio, a partire dalla storia di sua sorella Barbara, morta suicida all’età di diciotto anni; in Fire Leap (2010–2022) Goldin esplora l’unicità dei bambini, della loro spregiudicatezza e originalità, fotografando i figli di amici in scatti contraddistinti da una naturalezza sorprendente.

Nan Goldin, Fashion show at Second Tip, Toon, C, So and Yogo, Bangkok, 1992. Fotografia dalla serie “The Other Side”. © Nan Goldin. Courtesy the artist

Le ultime due serie in mostra, più recenti, sono Memory Lost (2019–2021), un viaggio claustrofobico attraverso l'astinenza da droga, e Sirens (2019–2020), prima opera di Goldin realizzata interamente con filmati trovati, scene di alcuni dei suoi film preferiti, accompagnata da una colonna sonora. Riecheggiando il richiamo delle sirene della mitologia greca, si tratta di un lavoro ipnotico che introduce lo spettatore nella sensualità e nell'estasi degli effetti della droga.

Nan Goldin, Gina at Bruce’s dinner party, NYC, 1991. Fotografia dalla serie “The Other Side”. © Nan Goldin. Courtesy the artist

This Will Not End Well è alla sua terza tappa europea dopo quelle di Stoccolma al Moderna Museet e di Amsterdam allo Stedelijk Museum. Dopo Berlino, la mostra arriverà in Italia nell’autunno del 2025 nelle Navate di Pirelli HangarBicocca a Milano, per approdare al Grand Palais di Parigi nella primavera del 2026.

Immagine di apertura: Nan Goldin, Picnic on the Esplanade, Boston, 1973. Fotografia dalla serie “The Other Side”. © Nan Goldin. Courtesy the artist

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