Il nudo nell’arte: dal passato al Calendario Pirelli 2025

Il Calendario Pirelli 2025 abbandona il suo passato erotico per esplorare una nuova estetica del corpo. Il fotografo, Ethan James Green, cattura l’iperrealtà del nostro tempo, dove il corpo diventa espressione di una bellezza fluida e molteplice. Un viaggio nel nudo nell’arte, dalla Venere di Willendorf alle Veneri di Botticelli, da Michelangelo a Tiziano, da Manet a Schiele, fino ai giorni nostri.

Il Calendario Pirelli 2025 si libera dal suo passato di iconografia erotica per abbracciare una nuova estetica del corpo. Non più oggetto di desiderio, il corpo, nella sua nudità “rinfrescata” e “rivelata”, diviene specchio di una società in trasformazione, un’iperrealtà dove i confini tra reale e virtuale si dissolvono. Ethan James Green, fotografo di questa edizione, cattura l’essenza di un’epoca in cui l’immagine si fa liquida e la bellezza si moltiplica in infinite forme.

In questa iperrealtà, dove i confini tra reale e virtuale si fanno sempre più labili, il corpo diviene medium di un’estetica fluida e molteplice.
Questo ritorno alle origini del nudo, nel contesto del Calendario Pirelli, ci offre l’occasione per un’analisi critica del suo percorso nella storia dell’arte, un percorso costellato di capolavori, scandali e profonde riflessioni.

Sin dalle prime manifestazioni artistiche, il nudo si è imposto come veicolo dell’ideale di bellezza di ogni epoca. La Venere di Willendorf, piccola statuetta paleolitica, incarna l’archetipo della fertilità femminile, esaltata nelle sue forme generose. Un’immagine potente, che trascende la mera rappresentazione del corpo per diventare simbolo di vita e di rigenerazione. Con La Venere di Botticelli, il nudo femminile si eleva a ideale di grazia e purezza. La dea emergere dalle acque come una creatura celeste, avvolta in un’aura di mistero e di sacralità. Il suo corpo, delicato e armonioso, è l’incarnazione della bellezza classica, riscoperta e reinterpretata dal Rinascimento.

Sandro Botticelli, Nascita di Venere, 1485-1486

Michelangelo, con il David, ci offre un’altra icona del nudo maschile. La sua scultura, imponente e maestosa, celebra la perfezione anatomica dell’uomo, esaltandone la forza e la vitalità. Il David è un eroe classico, pronto ad affrontare la sfida con Golia, ma è anche un uomo del Rinascimento, consapevole della propria bellezza e del proprio potenziale. 

Il nudo, liberato dai vincoli del passato, diviene linguaggio e pensiero, specchio di una società in continua evoluzione.

Tiziano, con la Venere di Urbino, si allontana dai canoni della bellezza idealizzata per rappresentare una donna reale, sensuale e provocante. La Venere di Tiziano non è una dea inaccessibile, ma una donna di carne e ossa, che guarda lo spettatore con sguardo ammiccante. Un’opera che ha suscitato scandalo e ammirazione, aprendo la strada a una nuova concezione del nudo nell’arte.

Michelangelo Buonarroti, David, 1501-1504

Con l’avvento dell’arte moderna, il nudo si libera dai vincoli accademici e si fa strumento di provocazione e di rottura. Manet, con la sua  Olympia, scandalizza il pubblico borghese con la nudità sfacciata di una prostituta. L’opera, che riprende la posa della Venere di Urbino di Tiziano, sovverte i canoni della bellezza classica e ci mostra una donna vera, senza veli e senza pudore. 

Courbet, con L’origine del mondo, spinge ancora più in là i confini della rappresentazione, offrendoci una visione esplicita e cruda del sesso femminile. Un’opera che ha sconvolto la morale dell’epoca, ma che ha anche aperto la strada a una nuova libertà espressiva.

Gustave Courbet, L'origine del mondo, 1866

Nel XX secolo, il nudo si fa testimone delle angosce e delle contraddizioni dell’uomo moderno. Egon Schiele, con i suoi corpi emaciati e contorti, esprime il disagio esistenziale di un’epoca segnata dalla guerra e dalla crisi dei valori. I suoi nudi sono figure fragili e vulnerabili, che sembrano urlare il loro dolore e la loro solitudine. Lucian Freud, con i suoi ritratti iperrealistici, ci mostra il corpo nella sua materialità, senza abbellimenti e senza compiacimenti. I suoi nudi sono persone vere, con i loro difetti e le loro imperfezioni, ma proprio per questo sono autentici e toccanti.

In questa iperrealtà, dove i confini tra reale e virtuale si fanno sempre più labili, il corpo diviene medium di un’estetica fluida e molteplice.
Venere di Willendorf, 30.000-25.000 a.C.

Il Calendario Pirelli 2025 si inserisce in questo lungo e complesso percorso, proponendo una visione del nudo che riflette la complessità del nostro tempo. Come un ipertesto che connette passato e presente, questo nuovo calendario ci invita a decodificare i segni di una nuova estetica, dove la bellezza si manifesta in una molteplicità di forme e identità, senza gerarchie precostituite. Il nudo, liberato dai vincoli del passato, diviene linguaggio e pensiero, specchio di una società in continua evoluzione.

Édouard Manet, Olympia, 1863

Immagine di apertura: Tiziano Vecellio, Venere di Urbino, 1538

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