Dicembre, l’Italia. Fedele al suo appuntamento annuale, Domus punta i riflettori sul paese più affascinante e complesso del mondo. Una nazione che, tra mille contraddizioni, fragilità, empasses non smette di stupire e non rinuncia alla ricerca della bellezza, alla prova dell’eccellenza, alla sfida della qualità che la distinguono dal Medioevo. Anche per questo in un’epoca di profonde trasformazioni globali, il Made in Italy, o più precisamente il “saper fare italiano” resta un punto di riferimento assoluto, che tutto il mondo invidia all’Italia. Quindi, un simbolo di vanto ma soprattutto di speranza.
Domus però non si limita a celebrarne l’eccellenza, ma persegue il suo compito che è sostanzialmente critico. L’editoriale del Direttore Walter Mariotti, così, denuncia anche lo stato di degrado in cui versa l’Asilo Sant’Elia di Como, simbolo razionalista di Giuseppe Terragni e vertice del saper fare italiano del Novecento. Un controsenso grottesco, una triste metafora nera di un Paese che sembra non curarsi delle proprie meraviglie, del suo straordinario patrimonio culturale, della tradizione che lo ha reso quello che è.
Ma l’Italia, si sa, è patria di contrasti. Così, a fianco alle criticità e alle vergogne, emergono esempi virtuosi di dinamismo e inventiva. L’indagine di Giampiero Bosoni ci svela quale è l’essenza del design italiano, cercando di illustrarne i segreti, gli “ingredienti” di un successo che non si esaurisce in uno stile definito, ma traduce un saper fare in un saper essere, un approccio alla progettazione che integra funzionalità, estetica, durevolezza, prezzo. Un’attitudine radicata nella nostra storia millenaria, nella fusione di arte, artigianato e filosofia, che ha generato figure uniche come l'“artigiano-filosofo”, in grado di unire la manualità alla speculazione intellettuale.
Così Francesca Molteni, dal canto suo, ci porta nel cuore pulsante della produzione italiana, tra imprese che hanno saputo conciliare tradizione e innovazione, artigianato e tecnologia, espansione internazionale e radicamento nel territorio. Aziende come Olivari, con le sue maniglie in ottone, veri e propri capolavori di precisione e design, o la vetreria Archimede Seguso, erede di una stirpe di vetrai muranesi attiva da sette secoli, ci mostrano come la dedizione per il “ben fatto” si tramandi di generazione in generazione. O come Bertazzoni, nata a Guastalla nel 1882 producendo cucine a legna ispirate a quelle dei treni tedeschi, oggi abbina l’ingegneria più avanzata alla tradizione culinaria emiliana. E poi Fima, Carlo Frattini, Lechler, Rubelli: esempi di aziende che hanno saputo interpretare i cambiamenti, innovare rimanendo fedeli a se stesse, unire l’alta qualità all’attenzione per il sociale e per l’ambiente. Imprese che, in un mondo globalizzato, incarnano l’eccellenza del Made in Italy, fiore all’occhiello del nostro paese. Sulle contraddizioni di queste eccellenze riflettono Juli Capella, che nonostante tutto vede l’Italia ancora al vertice dello stile, e Jacopo Tondelli, che si concentra sul caso Milano, capitale degli assets immateriali d’Italia alle prese con la politica del Terzo millennio.
L’architettura e il design italiano, però, non è solo produzione ma anche cultura, dialogo, scambio. Micol De Pas ne esplora i legame, in particolare tra moda e design, un tempo complementari nelle visioni dei grandi movimenti artistici del Novecento, oggi sempre più interconnessi in un confronto fecondo e stimolante ma che la nostra epoca di contaminazione e accelerazione mette alla prova. Emerge un dato: sono le case di alta moda a influenzare l’arredamento, con pionieri come Pierre Cardin e Missoni, e nomi illustri come Armani, Versace e Fendi che hanno dato vita a linee d’arredo portando l’eccellenza italiana nel mondo.
Ma l’Italia, si sa, è patria di contrasti. Così, a fianco alle criticità e alle vergogne, emergono esempi virtuosi di dinamismo e inventiva.
E tornando a Milano? Cecilia Fabiani prende gli spunti di Tondelli e la presenta come una capitale del design di segno inedito, un centro di attrazione per creativi da tutto il mondo grazie al Salone del Mobile e alla Triennale ma soprattutto al pensiero sottotraccia di studi storici, come quello di Gio Ponti e aziende simbolo come Olivetti e Brionvega. È cosi che Silvana Annichiarico può spingersi a rintracciare le “radici del futuro” che sostengono la creatività tricolore che resta caratterizzata per la maestria nella lavorazione di un singolo materiale, spesso legato alla tradizione artigianale. Aziende come Venini, Fortuny, De Castelli e Ceramiche Marca Corona hanno raggiunto un equilibrio tra tecniche antiche e nuovi processi produttivi, sperimentando e collaborando con designer contemporanei. Promemoria, Bonacina, Bottega Ghianda: sono solo alcuni esempi di come la tradizione artigianale possa essere una fonte inesauribile per creare oggetti di design di alta qualità e guardare al futuro con fiducia.
Svelata tra luci e ombre, tra successi e contraddizioni, l’Italia appare su Domus Dicembre 2024 come una ballata corale, un racconto polifonico che ci spinge a riflettere sul presente e sul futuro del nostro paese, e a riscoprire la forza e la bellezza del Made in Italy di fronte al mondo, che Domus non dimentica mai.
Nella prima parte della rivista, infatti, il Diario si apre con il reportage che Javier Arpa Fernandez ha fatto a Chongqing, metropoli cinese di 34 milioni di abitanti, un modello unico di urbanistica verticale. Costruita su un terreno scosceso, ha sviluppato una rete di percorsi sopraelevati e scalinate che fondono architettura e paesaggio. Questa “verticalità connettiva” adatta gli edifici al territorio, generando un’esperienza urbana multidimensionale, nota sui social media come “città 8D” e “capitale cyberpunk”. Loredana Mascheroni ci parla poi di Ross Lovegrove, designer britannico che si autodefinisce “Captain Organic”, che trascende i confini dell’industrial design tradizionale fondendo arte, scienza e tecnologia nei suoi progetti. La sua estetica, ispirata alla natura e realizzata con tecnologie innovative come la stampa 3D, si concretizza in creazioni originali come le maniglie per Jnf, dove forme organiche e complesse si uniscono alla resistenza dell’acciaio inossidabile. Lovegrove si considera uno “scultore della tecnologia” che pratica un “essenzialismo organico”. E trova nell’Italia l’ispirazione di una vita.
Infine, Alessandro Benetti chiude il cerchio tornando in Italia, per illustrare l’intervento di Caarpa nella chiesa di Nostra Signora della Costa a Levanto, che ha previsto l’inserimento di una struttura metallica a creare una balconata, offrendo nuovi spazi e prospettive. L’opera preserva le tracce storiche dell’edificio, integrando elementi contemporanei con la colorazione azzurra del telaio. Un restauro non filologico ma conservativo, che valorizza la stratificazione di forme, materiali e cromie della chiesa.
A dicembre Domus svela il nuovo Guest Editor 2024: Bjarke Ingels. Danese, classe 1974, fondatore del Bjarke Ingels Group (BIG). Nella monografia a lui dedicata Ingels svela il suo manifesto per il 2024, un viaggio affascinante attraverso la materia, nucleo primigenio dell'architettura. Pietra, bronzo, ferro: epoche scandite da elementi tangibili, testimoni silenziosi dell'evoluzione umana. "Il materiale è il messaggio", afferma Bjarke parafrasando il celebre McLuhan, e l'architettura si erge a "materialismo" nel senso più nobile del termine. Un connubio di utopia e pragmatismo, edonismo e sostenibilità, dove la forma si fa espressione di un flusso incessante: persone, merci, energie vitali che si intrecciano.
L’impressione, è che L’Italia sia un Paese che ha sempre qualcosa da dire al mondo. Domus lo racconta, ma aspetta di sapere cosa pensano i suoi lettori.
Buona lettura, dunque.