L'imperdibile mostra in cui Bennani racconta cosa sia una famiglia, oggi

L'artista nata in Marocco va controcorrente in una contemporaneità sempre più incline all’isolamento e la standardizzazione. E lo fa con un’orchestra di flip flops, sciacalli e altri animali umanizzati alla Fondazione Prada di Milano.

Il nucleo familiare è per ogni individuo il primo luogo in cui si fa esperienza del rapporto con l’altro. La famiglia, come nucleo a sé stante, è a sua volta un nodo di una fitta rete di relazioni, imbevuta di culture, influenze e contraddizioni. Chiunque, con l’avvicinarsi dell’età adulta, interponga uno spazio più o meno esteso tra il futuro immaginato per sé e la propria famiglia, guadagna non senza fatica un punto di vista analitico privilegiato sulle proprie origini.

Così, ci si riesce a disegnare una via di ritorno, che si può percorrere fluidamente, smussando gli attriti, grazie a una capacità di comprensione e ascolto che solo centinaia di chilometri di distanza possono generare, e attribuendo un nuovo valore a quell’insieme di attitudini, ricorrenze, tradizioni e attività che contribuiscono a definire il significato di ogni famiglia, e così di ogni comunità e della collettività in senso lato.

Fondazione Prada, Meriem Bennani. Foto: Valentina Sommariva

Un’artista come Meriem Bennani, classe 1988, nata in Marocco e trasferitasi giovanissima a Parigi e poi a New York, dove vive tutt’ora, ha fatto della sperimentazione e del senso di non appartenenza il punto di partenza della sua attività creativa, che con un giro ad anello l’ha riportata proprio lì, a voler approfondire la riflessione sull'identità e sulla relazione tra individui.

Questo processo è uno degli aspetti che emerge nella mostra aperta da poco al pubblico alla Fondazione Prada, intitolata For My Best Family, prima personale in Italia e sicuramente il progetto più ambizioso che l’artista abbia mai realizzato in termini di complessità, dimensioni e durata del processo creativo, che ha richiesto più di due anni di lavoro. Come anche Miranda July nella mostra New Society aveva esplorato il concetto di famiglia (e quindi di società) in quanto campo di scambio e dialogo, così Fondazione Prada dà seguito a questa necessità di coinvolgimento della collettività con la mostra di Meriem Bennani.

Al piano terra del Podium si trova l’installazione Sole Crushing (2024), che trasforma il luminoso ambiente in un’agorà, in cui centonovantadue ciabatte, variamente decorate per produrre una pluralità di suoni, sono posizionate su struttura di legno dal design morbido e sofisticato, e sono animate da un sistema pneumatico che dà loro respiro per muoversi in una coreografia visiva e sonora della durata di 45 minuti circa.

Immagine della mostra “For My Best Family” di Meriem Bennani. Foto: Delfino Sisto Legnani – DSL Studio. Courtesy Fondazione Prada

Il dialogo tra le parti è animato da momenti diversi, di accordo, equilibrio, sovrapposizione, festa e ribellione. La composizione realizzata con il musicista Reda Senhaji noto come Cheb Runner, si ispira alla deqqa marrakchia, con una struttura di richiami e risposte collettive, tipiche di momenti di socialità, e al duende, la forza misteriosa e intensa descritta da García Lorca, incarnata nelle danze e nei rituali spagnoli e marocchini, e caratterizzata da un’espressione catartica condivisa.

Ma recupera anche una dimensione familiare, quella dei ricordi di feste accompagnate dal canto e da una musica suonata con oggetti quotidiani come posate e bicchieri, accompagnati dal battito delle mani. Le flip flops dialogano tra loro e con i visitatori, in un continuo scambio tra le parti, in cui anche i momenti di silenzio acquisiscono un significato, e in cui l’assolo ritmico di una sola ciabatta può scandire il tempo della performance con la propria voce.

Immagine della mostra “For My Best Family” di Meriem Bennani. Foto: Delfino Sisto Legnani – DSL Studio. Courtesy Fondazione Prada

La musica come elemento di convivialità nella tradizione marocchina, la scelta di utilizzare delle ciabatte ­– calzature poste al livello più basso del sistema moda e insieme identificative del comfort casalingo e della dimensione familiare – il senso di caos controllato, uno humour sottile ma accessibile, e l’interazione con il pubblico sono tutti elementi che come un fil rouge accompagnano i visitatori al secondo piano del Podium.

Immagine della mostra “For My Best Family” di Meriem Bennani. Foto: Delfino Sisto Legnani – DSL Studio. Courtesy Fondazione Prada

Qui è stata ricostruita una sala cinematografica che segue lo stile del cinema di Fondazione Prada, per la visione del lungometraggio di animazione For Aicha, un art film diretto da Meriem Bennani e Orian Barki, con la produzione creativa di John Michael Boling e Jason Coombs.

Fondazione Prada, Meriem Bennani e Orian Barki. Foto: Valentina Sommariva

Mescolare il linguaggio del documentario e quello dell’animazione è stata una sfida impegnativa per il team: riuscire a gestire l’immediatezza del primo e la necessità di una rigida programmazione del secondo è una delle chiavi di questo lavoro, raccontata da Coombs con la citazione dell’animatore e regista Peter Chung “animation is the act of creating spontaneity through a process that could not be any less spontaneous”.

Questa ricerca di spontaneità è una delle cifre del lavoro di Bennani e Barki, che durante la pandemia avevano già dato vita a un universo simile a quello che si ritrova in For Aicha, nella serie 2 Lizards, inizialmente pubblicata su Instagram e ora parte della collezione del Whitney e del MoMA di New York. In 2 Lizards, due lucertole antropomorfe, alter ego delle due artiste, attraversano una città colpita dall'isolamento prolungato e dalle richieste di riforme per la giustizia sociale. La scelta di rendere protagonisti della storia degli animali antropomorfi si rivela efficace nel traslare al di fuori degli schemi della realtà il contenuto del lavoro per renderlo ancora più aperto e inclusivo.

Orian Barki, Meriem Bennani, John Michael Boling and Jason Coombs. Stills from For Aicha, 2024. Courtesy of the artists

Così accade anche in For Aicha, in cui Bennani esplora le complessità della relazione tra la regista Bouchra e sua madre Aicha, in un intreccio di elementi autobiografici e di finzione. Il linguaggio del film ci appare del tutto familiare, attraverso gli occhi e le parole di sciacalli, lucertole, rane, e altri animali umanizzati, nella narrazione di una normalità e profondità di cui ognuno di noi fa esperienza nella propria vita di tutti i giorni.

Sia nel processo creativo che nella storia di For Aicha, ritornano molti temi dell’immaginario di Bennani: il senso di appartenenza e la necessità di esplorare contesti differenti, la ricerca della propria identità, la sperimentazione artistica, l’approccio all’attualità, il senso della famiglia, l’intimità emotiva, l’originalità del linguaggio e l’umorismo come chiave d’accesso alla sua narrazione.

Orian Barki, Meriem Bennani, John Michael Boling and Jason Coombs. Stills from For Aicha, 2024. Courtesy of the artists

Il personaggio di Aicha a un certo punto del film parla dell’arte come di un processo terapeutico, e se l’esplorazione emotiva e dei rapporti della protagonista si evolve attraverso il suo lavoro di regista, allo stesso modo il lavoro di Bennani con una leggerezza raffinata richiama nel suo pubblico un senso di introspezione nel rapporto che ognuno ha con sé stesso e con l’altro, sia in quanto individuo, sia in quanto parte della collettività.

Immagine di apertura: Immagine della mostra “For My Best Family” di Meriem Bennani. Foto: Delfino Sisto Legnani – DSL Studio. Courtesy Fondazione Prada

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