La rivoluzione di Lady Oscar, spiegata alla Gen Z

Compie 45 anni l’anime che è diventato un’icona queer e femminista: con il pretesto di raccontare la rivoluzione francese, ha anticipato quella di genere.

A oltre cinquant’anni dalla prima pubblicazione di uno dei manga shoujo più famosi di tutti i tempi, nella primavera 2025 Lady Oscar arriverà nelle sale giapponesi con un nuovo attesissimo film, The Rose of Versailles, traduzione letterale del titolo originale Berusaiyu no bara. È un modo per celebrare i 45 anni dalla serie animata originale, che andò in onda per la prima volta nel 1979 in Giappone, arrivando successivamente in Occidente, dove venne in parte censurato.

Lady Oscar, con il suo corpo androgino, appare, si comporta e duella come un uomo, dimostrando di essere la migliore a palazzo, pur non vedendo sempre riconosciuta la propria superiorità – fisica e morale.
La copertina del primo volume italiano del manga di Lady Oscar

Riyoko Ikeda, pioniera del rinnovamento del manga shoujo

Non diversamente da Lady Oscar, Ikeda nella sua vita ha affrontato tutte le difficoltà dell’essere donna nell’ambiente dei movimenti di sinistra giapponesi degli anni Sessanta. Socialista e femminista, laureata in filosofia con un approfondimento specifico su Marx e Lenin, ha spesso inserito nelle sue opere temi di coscienza di classe, rivoluzione e antiautoritarismo, influenzata dal contesto e dalla sua esperienza familiare (nata da madre aristocratica e padre del ceto medio, il cui matrimonio era inizialmente ostacolato dalla famiglia materna). 

La sua produzione si sviluppa negli ultimi decenni del periodo Shōwa (1926-1989), più conservatore e meno aperto all’affermazione dell’indipendenza femminile, quando il genere manga trova un rinnovamento grazie al Gruppo del 24, un gruppo di mangaka donne nate intorno al 1949, al quale Ikeda è comunemente associata. Le autrici del Gruppo del 24 riprendono il discorso interrotto negli anni Venti concentrandosi su aspetti politici e tematiche di genere, con storie di ragazze-eroine nate e cresciute in contesti difficili, abituate da subito a combattere per raggiungere la loro felicità. Riyoko Ikeda con Lady Oscar è pioniera di questo rinnovamento: ne La Rosa di Versailles l’autrice ha visto l’occasione per approfondire non solo la storia della Rivoluzione francese ma anche per dare voce a un cambiamento auspicato per le donne giapponesi, incoraggiandole a trovare un senso di liberazione personale nei movimenti radicali.

Queerness, lotta di classe e femminismo: una rivoluzione in corso

La trama della storia è ben nota: Oscar François de Jarjayes è una giovane donna, cresciuta come un uomo per volere di suo padre, il generale Reynier de Jarjayes, insoddisfatto per non aver avuto neanche un erede di sesso maschile che potesse proseguire la sua carriera militare. L’ambientazione è quella della corte francese degli ultimi decenni del XVIII secolo: Oscar ben presto diventa comandante della Guardia Reale al servizio della principessa (e poi regina) Maria Antonietta, ed è attraverso i loro occhi che sono raccontate le vicende che portarono alla rivoluzione francese.

In Lady Oscar il tema della rivoluzione è centrale, ed è declinato in diversi aspetti della narrazione: la reggia di Versailles è uno scenario rappresentato in maniera meticolosa nei dettagli, ma i personaggi che lo abitano non sono scritti da Ikeda con lo stesso grado di realismo, e per questo aprono molte possibilità di immaginazione e immedesimazione da parte dei lettori. La serie affronta la differenza dei ruoli di donne e uomini, capovolgendo ogni cliché nella sua struttura: sono i personaggi femminili a portare avanti il racconto, con le figure maschili che appaiono come secondarie nell’economia della trama. 

Lady Oscar, con il suo corpo androgino, appare, si comporta e duella come un uomo, dimostrando di essere la migliore a palazzo, pur non vedendo sempre riconosciuta la propria superiorità ­– fisica e morale. Al suo atteggiamento sicuro e sfrontato fa da contrappeso una fragilità interiore che ha a che fare con la definizione della propria identità, in una condizione di incongruenza di genere che è un’opportunità per lettori e spettatori di entrare in uno spazio alternativo in cui esplorare le possibilità e desideri queer. Oscar è anche simbolo della resistenza al trauma e alla violenza che molte persone non aderenti ai canoni imposti dalla società si trovano ad affrontare, a livello fisico ed emozionale, soprattutto in relazione alla sfera domestica e familiare. La versione italiana della sigla d’altronde – che, diversamente dall’originale, racconta la vicenda in maniera didascalica – non manca di riassumere nei primi versi la fonte del disagio esistenziale della vicenda di Oscar: “Il buon padre voleva un maschietto, ma, ahimè, sei nata tu”.
 


Un’analisi come quella di Riyoko Ikeda non può mancare di un ragionamento di fondo sulle disuguaglianze sociali e alla lotta di classe. Anche per questo tema, l’ambientazione alla vigilia della Rivoluzione Francese, nel climax ascendente del malcontento popolare all’ampliarsi del divario tra ricchi e poveri, risulta un espediente narrativo eccellente.

Oscar è anche simbolo della resistenza al trauma e alla violenza che molte persone non aderenti ai canoni imposti dalla società si trovano ad affrontare, a livello fisico ed emozionale.

Il conflitto interiore di Oscar, infatti, è legato anche alle sue origini: nata aristocratica, non riesce ad accettare la sua condizione privilegiata in una società profondamente ingiusta. La sua vicinanza alla regina Maria Antonietta e alla corte la rende testimone delle disuguaglianze sociali e delle sofferenze del popolo, spingendola a mettere in discussione il suo posto nel sistema di potere, fino alla decisione di prendere parte alla rivolta. La morte di Oscar avviene durante la presa della Bastiglia, simbolo dell'inizio della Rivoluzione Francese.

La sua liberazione coincide con lo scardinamento di tutte le imposizioni a cui la giovane eroina ha dovuto sottostare durante tutta la sua vita. La scelta di riconoscersi donna, spogliandosi dell’uniforme, ricambiando l’amore per André Grandier – suo servitore e amico d'infanzia – e abbracciando la causa della rivoluzione stando dalla parte del popolo oppresso.

Politicamente, nelle questioni di genere e sessualità e nel panorama della cultura giapponese, l’opera di Riyoko Ikeda ha lasciato un segno e continuando a influenzare le generazioni future. La bionda chioma di Lady Oscar e la sua forza d’animo nell’affrontare i conflitti della vita, interiori ed esterni, l’hanno resa il principe azzurro perfetto del nostro tempo.

Lady Oscar è un personaggio iconico ancora nel 2024

Lady Oscar incarna sentimenti rivoluzionari che trovano un riscontro precisissimo in questioni fondamentali della contemporaneità: la disforia di genere, lo spazio di esplorazione queer, la disparità e le ingiustizie sociali, il conflitto interiore generato dalla discrepanza tra il proprio sentire e la percezione che il mondo esterno ha della propria persona. Ha rappresentato per le ragazze giapponesi degli anni Settanta prima, e per gli adolescenti e le adolescenti di tutto il mondo poi, una storia di rivalsa e di validazione delle proprie fantasie, traumi e desideri di scoperta della propria identità.

Pubblicato a partire dal 1972, La Rosa di Versailles – titolo originale del manga in quattordici volumi – ha ottenuto un successo internazionale, con la trasmissione di una serie anime, e la realizzazione di adattamenti di vario tipo, come musical, film, e un lungometraggio d’animazione.

La storia firmata dall’autrice mangaka Riyoko Ikeda ha contribuito a riscrivere le regole dei manga del genere shoujo, destinati ad un pubblico giovane prettamente femminile, proponendo un’eroina dal profilo sfaccettato e dai sentimenti complessi, che supera gli stereotipi e arricchisce la percezione di un tipo di letteratura “per ragazze”.