Senza inoltrarci nel mondo iperuranio dei collectibles, dei pezzi unici e delle serie limitate da galleria, dopo aver scoperto che il concetto di “oggetto di design” è un’espressione molto ampia che abbraccia le capacità di tutte le tasche — spingendosi anche sotto i 100 euro — scopriamo quella fascia degli asteroidi nel mercato del design di produzione industriale dove si vanno a collocare molte icone indiscusse.
Oggetti il cui valore (e prezzo) si è costruito mentre si costruiva la storia stessa dell’architettura e del design, oppure veri instant classics dal valore dirompente, o ancora oggetti che nascono dall’arte — pura o plastica che sia — per incontrare la via dell’industria. Gli esperimenti degli Eames che partono dalle protesi in legno compensato per arrivare alla decostruzione delle poltrone inglesi tradizionali, o i mucchi disordinati di lampadine e piume d’oca di Ingo Maurer.
Considerati come pezzi da investimento, connettono il valore economico ad un corrispettivo parzialmente materiale (il pezzo, la qualità, la materia), discorso che potrebbe essere prossimo all’obsolescenza: ma nell’attesa di traslocare definitivamente in un mondo digitale, abbandonarsi sulle spire di velluto del Boa guardando un Veliero carico di libri e oggetti potrebbe ancora avere il suo senso.