La narrazione di Liu Cixin, ingegnere informatico e scrittore di fantascienza pluripremiato, i cui romanzi hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo ispirando numerosi film e serie tv, è un insieme di scatole piccole e grandi. Ci sono scatole che nascondono sorprese, scatole che si schiacciano, scatole che contengono altre scatole. Se dovessimo disegnare la narrazione dell’intera trilogia Memoria del passato della Terra, il suo capolavoro, di recente uscita su Netflix nel suo riadattamento Il problema dei 3 corpi, ci ritroveremmo dinanzi a una piramide rovesciata di scatole talmente fitta e intricata da tendere all’infinito, mentre inesorabilmente si allarga, via via che la storia procede.
Uno dei colpi di genio di Liu Cixin sta nel recuperare un grande tema umano, esplorato da strateghi militari, politici e pubblicitari di ogni era e costume, quello della dissimulazione, delle menzogne, come della letteratura, il nostro benedetto storytelling.
Qualcuno, in quella foresta oscura che è l’universo, ha svelato la posizione della Terra ad un altro pianeta: Trisolaris. Una specie aliena, i Trisolariani o San-Ti, si è messa in viaggio, e ora si trova a 400 anni di distanza dalla terra. C’è chi aspetta la nuova specie con fiducia e devozione, e chi ha conosciuto le sue terribili armi, strumenti altamente tecnologici, dai Sofoni, supercomputer della grandezza di un protone utilizzati per la sorveglianza e la comunicazione, al videogioco e strumento di reclutamento “Tre Corpi”, rappresentato nella serie Netflix come la realtà virtuale perfetta, dove sentire, odorare e toccare.
La tecnologia terrestre non è neanche lontanamente paragonabile a quella trisolariana, ma i terrestri hanno due vantaggi dalla loro. Il primo, ben chiaro ai trisolariani, è che il nostro mondo è stabile, girando intorno ad un unico sole. Il secondo, la cui scoperta per i trisolariani è un terribile shock, è la capacità di mentire. Uno dei colpi di genio di Liu Cixin sta proprio nel recuperare un grande tema umano più che umano, esplorato da strateghi militari, politici e pubblicitari di ogni era e costume, quello della dissimulazione, delle menzogne, come della letteratura, il nostro benedetto storytelling.
Nella guerra di conquista, soprattutto quella in cui ci si confronta con culture altre o aliene, il falso è un’arma fondamentale. Ne La storia della conquista del Messico William Prescott racconta come gli Aztechi, che in guerra indossavano vesti ingombranti e cerimoniali, ornate di piume variopinte e elmi di legno scolpiti con volti di animali, difficilmente avrebbero potuto avere la meglio sulle strategie Machiavelliche di Cortez, che fa travestire i suoi uomini, dona coperte ammorbate agli avversari e usa le conoscenze locali della Malinche per entrare nelle loro menti. L’inganno in battaglia, di cui Ulisse è uno dei primi maestri, compare anche nel primo capitolo de L’arte della guerra attribuito al generale Sun Tzu, vissuto tra il VI e il V secolo a.C. della Cina Imperiale: “Tutta la guerra si basa sull’inganno”. Cosa significherebbe per i terrestri affrontare una specie dalla tecnologia estremamente avanzata, ma incapace di mentire?
Per prepararsi all’arrivo la voce trisolariana si palesa agli umani che hanno scelto cooperare con gli invasori, in cambio di speranze e promesse. Durante un dialogo con Mike Evans, interpretato nella serie dall’azzeccatissimo Jonathan Pryce, che come tanto del cast proviene da Trono di Spade, la voce apprende, tramite la lettura della favola Cappuccetto Rosso, che il lupo finge di essere la nonna. Per la voce questo tipo di stratagemma, così come il poter dichiarare il falso, sono concetti incomprensibili.
Eppure le menti umane, una volta scoperta la mancanza dell’avversario “il sofone non può leggere i pensieri”, diventano preziosissime e impenetrabili scatole, un luogo nascosto al nemico in cui progettare un piano. Un piano della durata di 400 anni. La missione verrà affidata a tre Impenetrabili, a cui saranno garantite risorse illimitate. Nel corso della storia, il dipanarsi del rapporto tra l’intelligenza umana e quella di una specie completamente aliena, è estremamente intrigante, ed esplorato da più punti di vista. Nei libri le espressioni dirette dei trisolariani appaiono estremamente fredde, meccaniche, sfacciate. D’altro canto l’umanità si svela in tutti i suoi pregi e le sue debolezze, tra disfunzionalità e fazioni.
La frase lapidaria “You’re bugs!”, che nella serie i trisolariani fanno apparire su tutti gli schermi della Terra, dopo aver scoperto la terribile realtà, ovvero che non ci si può fidare degli umani, è a sua volta un atto di propaganda e finzione. La scritta, apparsa sulle video billboard di moltissime metropoli nel mondo e nella nostra realtà, per pubblicizzare l’uscita della serie, come è successo a Roma Termini, ha scioccato molti passanti, per poi diventare un meme nel giro di pochi secondi. Ne Il problema dei tre corpi, la stessa frase apparirà per due secondi negli occhi degli scienziati che assistono alla conferenza di Ye Wenjie, ed è per molti fan, del libro e della serie un terribile rompicapo: se i trisolariani non sono in grado di mentire, come possono essere in grado di formulare questa potente metafora? È vero che non mentono? Possono omettere? Possono imparare dalla nostra letteratura? Il paragone con gli attuali sviluppi delle Gen AI in rapporto agli umani diventa a questo punto molto interessante da esplorare.
L’abilità straordinaria di Liu Cixin di passare dai microcosmi all’immensità inintellegibile degli universi e dei secoli, nella serie Netflix fa la sua timida comparsa nella scena della formica, che si barcamena tra le altezze e le depressioni che formano dei numeri 1, 9, 7, sulla lapide di Yang Dong, ignara della coversazione importantissima che sta avvenendo tra Ye Wenjie, colei che trasmise il primo messaggio ai San-Ti, rendendo il pianeta terra visibile in quella foresta oscura che è l'universo, e Luo Ji, futuro Impenetrabile. “La formica marrone aveva già dimenticato la sua casa. Per la Terra nel crepuscolo e le stelle che cominciavano appena ad apparire, l’intervallo di tempo poteva essere trascurabile, ma per la formica erano eoni.”
Quella conversazione sulla “sociologia cosmica”, narrata dal punto di vista della formica nel prologo di “La materia del cosmo”, sancisce la nascita degli assiomi della civiltà cosmica, ed è la punta della piramide rovesciata. La base della piramide, immensa, è tutta da scoprire, nel finale strabiliante del terzo romanzo della triologia, ovvero Nella quarta dimensione.
Immagine di apertura: Courtesy Ed Miller, Netflix