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Black Mirror non è solo fantascienza: è una serie tv di design speculativo

È uscita una nuova stagione della serie antologica di Netflix: vi suggeriamo un modo diverso per guardarla, ovvero dal punto di vista del design, passando per episodi famosissimi come Metalhead e San Junipero.

di Gabriele Niola

Come in una sorta di tempesta perfetta l’arrivo della serie tv britannica Black Mirror nel 2011 ha coinciso con un momento in cui era in crescita il fenomeno del design speculativo. Si tratta dell’ideazione per divertimento, per sperimentazione o per dimostrare le proprie idee, di oggetti di design futuro che non entreranno mai in produzione o non sono nemmeno tecnicamente possibili, ma il cui design viene tuttavia progettato sia per provare a immaginare un’idea radicale di design funzionale, sia per mostrare un’idea di possibile design innovativo. Nei casi migliori, il design speculativo è anche una forma di commento riguardo l’esasperazione di alcune tendenze della società attuale.

Black Mirror Season 4, Metalhead. Courtesy Netflix

In quei primi anni Black Mirror aveva delle trame che sembravano partire proprio da idee di design speculativo, cioè partorite intorno a delle tecnologie e all’utilizzo che le persone potrebbero farne. Charlie Brooker, la persona che ha ideato la serie e ne ha scritto tutti gli episodi, ha spesso detto che quello che Black Mirror racconta sono “persone stupide con tecnologie molto potenti”, da cui si capisce che in molti casi il rapporto di causalità è invertito rispetto a quello cui siamo abituati: non ci sono tecnologie che servono alla trama, ma le trame nascono dall’uso di queste tecnologie che in sé, con il loro funzionamento e il loro design, dicono qualcosa di noi. In un gioco di azione e reazione, le puntate di Black Mirror hanno a loro volta stimolato moltissimi progetti, amatoriali e non, di design speculativo.

Black Mirror Season 2, White Christmas. Courtesy Netflix


Nonostante Black Mirror racconti in ogni puntata una storia a sé, che sembra venire da un universo narrativo diverso rispetto alle altre, c’è una grande continuità portata proprio dal design. Tutte le tecnologie future della serie si somigliano e hanno la medesima idea di design minimalista vicino allo stile di Jonathan Ive (del resto gli anni in cui è emersa la serie erano gli stessi della celebrazione di Ive e delle sue idee per Apple): sono oggetti molto piccoli, che si integrano bene nella vita delle persone, sono palesemente tecnologie per consumatori, il che accresce il senso di prossimità con quegli scenari. Anche se spesso quello che le tecnologie possono fare è molto lontano da ciò che è possibile oggi, il design così vicino a quello attuale accorcia la distanza percepita tra fantasia e realtà.

Black Mirror Season 3, San Junipero. Courtesy Netflix
Black Mirror, San Junipero. Original Score by Clint Mansell
In Black Mirror e nel suo uso narrativo del design c’è una delle finalità fondamentali dell’arte moderna e del vero design provocatorio: destabilizzare le idee riguardo al presente.

Il passaggio dall’applicazione di un design alle implicazioni di quello stesso design è quindi ciò che rende Black Mirror diverso dal resto della fantascienza. Cosa c’è dietro la forma, l’estetica e la maniera in cui funziona questa tecnologia? La facilità d’uso di certi device fa pensare al marketing spietato, e già nella prima puntata della settima stagione, quella da poco online su Netflix, è proprio il funzionamento di una tecnologia per tenere in vita un personaggio il punto di tutto. Pensata per non solo evitare la morte ma anche interagire con il corpo regolando diversi parametri attraverso lo smartphone, questa tecnologia è disegnata a livelli progressivi di benessere, come fossero piani di abbonamento. Più si paga ogni mese, meglio si sta; meno si paga, più sono le controindicazioni.

Black Mirror Season 1, The National Anthem. Courtesy Netflix

E non manca il Nubbin, il pezzo di design più famoso e ricorrente di tutta la serie. È il piccolo disco che si applica alla tempia e che spesso compare negli episodi di Black Mirror. Il Nubbin consente di fare varie cose, sempre interagendo con il cervello dei personaggi: negli anni ha assunto anche questo nome ed è diventato una costante della serie. In questa settima stagione si trova in almeno due episodi: utilizzato da Paul Giamatti per rivivere i propri ricordi entrando nelle foto e utilizzato per entrare nel mondo di un film. È così cruciale questo oggetto tecnologico che Netflix ha centrato su di esso la campagna di marketing, con una serie di finte mail che sembravano lasciar trapelare che la tecnologia stesse per entrare in commercio. C’è anche un video promozionale su Tik Tok e delle Faq sui possibili rischi legati al suo uso.


Più in generale, la maniera in cui episodi e invenzioni di Black Mirror sono stati la base per idee di design speculativo è molteplice. San Junipero, un episodio della terza stagione molto celebrato, amato e riuscito, contiene l’idea di una tecnologia per gestire una vita dopo la vita che non ha niente di spirituale e tutto di virtuale: un paradiso che è una simulazione che tiene impegnata la coscienza del morto. Non è una suggestione lontana da Aeon Flux, progetto dell’artista Emilia Tikka, cioè un inalatore per rimanere giovani e vivere esperienze altrui. Né è molto diverso da End of Life, la macchina ideata dal designer speculativo Dan Chen, che sostituisce i cari che assistono il morente con dei robot da compagnia.

Black Mirror Season 7, 2025. Courtesy Netflix

Al contrario, l’episodio Metalhead (della quarta stagione) parte tutto dal design dei robot di Boston Dynamics e prova a immaginare qualcosa di molto tipico, cioè: cosa succederebbe se quei robot fossero rivolti contro gli esseri umani? La differenza con qualsiasi altro dei molti scenari in cui dei robot combattono gli umani, non sta nella desolazione e nella distruzione, che è sono gli stessi, ma nel fatto che tutta la trama di quella puntata nasce da come sono disegnati quei robot: simili ad animali e fondati sulla capacità di muoversi autonomamente su diverse superfici, praticamente inarrestabili. Di conseguenza la storia è tutta di una persona inseguita da uno di questi robot a forma di cane. È Terminator, ma senza tutte le implicazioni di trama e con solo l’idea di una tecnologia disegnata per camminare ovunque e non avere problemi con nessun tipo di ostacolo, applicata alla cosa più spaventosa possibile.


Nella puntata speciale di Natale intitolata White Christmas, la coscienza di una persona anima un’intelligenza artificiale simile ad Alexa, e il protagonista è la persona che deve addomesticarla. Infatti le coscienze umane quando per la prima volta sono inserite nel device con cui vengono gestite, tendono a non voler collaborare. Ma quel device, che è disegnato come un timer da cucina, consente a chi lo gestisce anche di far passare mesi e mesi all’intelligenza artificiale lasciata nel vuoto senza poter fare niente, in quelli che nel mondo reale sono pochi secondi. Quella è l’idea centrale dell’episodio: il terrore delle dimensioni gigantesche della tecnologia, e nasce direttamente da un design funzionale, cioè dal funzionamento di un oggetto inventato.

Black Mirror Season 7, 2025. Courtesy Netflix
Black Mirror Season 7, 2025. Courtesy Netflix

Come si vede in Black Mirror e nel suo uso narrativo del design non c’è nessuna reale intenzione di fare una previsione del futuro, come spesso si pensa voglia fare la fantascienza, ma c’è semmai una delle finalità fondamentali dell’arte moderna e del vero design provocatorio: destabilizzare le idee riguardo al presente. E cosa ancora più importante, nella maggior parte dei casi lo fa lavorando sulle implicazioni morali di decisioni che prendiamo oggi e le cui conseguenze potremmo vedere solo domani.

Immagine di apertura: Black Mirror Season 7, 2025. Courtesy Netflix

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