1975, Urbino. L’illustre artista e professore Renato Volpini decide di fare di una vecchia casa colonica nelle campagne marchigiane la sua nuova villa. Per ristrutturarla chiama l’amico Piero Frassinelli, membro di Superstudio, “ti do carta bianca”, gli dice, “torno quando l’avrai finita e mi darai le chiavi”. Frassinelli non è solito avere un rapporto del genere con il proprio committente. Come molti architetti, preferisce avere uno scambio continuo, un confronto di idee, ma Volpini non ha dubbi, “ho piena fiducia”, gli ripete, e lo lascia lavorare.
Così Frassinelli studia un elegante intervento architettonico sul preesistente ed evidenzia i nuovi elementi attraverso l’uso di materiali diversi, come le piastrelle in ceramica bianca che formano la superficie quadrettata, leitmotiv dell’attività di Superstudio.
Il metodo di composizione è straordinario: la struttura originaria viene spaccata, nel centro, da un taglio che divide la casa in due blocchi. Dal prospetto “sbuzza” fuori un volume, trasversale all’asse principale, involucro della scala che collega i due livelli.
L’architetto pensa a una struttura vetrata con intelaiatura metallica come elemento di copertura di questo involucro, che permette un maggiore ingresso di luce naturale e si aliena da quella esistente, in coppi di cotto.
Ai lati della villa, due blocchi simmetrici dalla trama quadrettata nascondono da un lato un piccolo patio (uno spazio dedicato all’ozio), dall’altro il forno per la cucina all’aperto e una camera.
La soluzione pensata per gli spazi interni è altrettanto interessante. Quella che era la stalla della casa colonica, diventa un unico ambiente con sala e cucina. Gli unici elementi strutturali sono le quattro colonne centrali, in laterizio, che creano una specie di alcova, uno spazio per sedersi e dialogare intorno al camino centrale.
Nel volume è stato ricavato un altro appartamento, con ingresso laterale indipendente, racchiuso tra i due blocchi quadrettati.
Salendo la scala si accede alla zona notte, che comprende quattro camere e un disimpegno centrale come soggiorno. Gli spazi del sottotetto ospitano un’ulteriore camera (quella per gli ospiti), soppalcata, illuminata dal lucernario e servita da una scala a chiocciola racchiusa in una rete in ferro verniciata di verde, colore predominante degli interni insieme al blu.
Dietro il felice racconto fatto finora si cela, però, un processo di realizzazione molto complesso e un finale piuttosto infelice.
Come mi racconta Piero Frassinelli, già da inizio cantiere erano sorti i primi problemi. Il terreno argilloso su cui si trovava la casa colonica aveva reso difficile la costruzione delle fondazioni e aveva aumentato notevolmente i costi di progetto. Per risolvere il problema, era stato necessario chiamare un ingegnere specializzato da Firenze, senza però trovare una soluzione. Per questo motivo era poi stato deciso di tagliare la casa con la struttura metallica vetrata per darle un “giunto di dilatazione”. Ad aumentare ulteriormente i costi, un errore dell’impresa edile, che durante i lavori aveva sbagliato completamente l’esecuzione del paramento in mattoni della parte vecchia e si era vista costretta a disfarlo e rifarlo ex novo. Infine, le piastrelle in ceramica bianche, che formavano la meravigliosa superficie quadrettata, erano state messe in opera troppo serrate e non permettevano ai muri di respirare, provocando nelle parti rivestite delle condense interne, anche se si trattava di aree di servizio.
Insomma, dietro la bellezza delle immagini da copertina di questa villa si nascondono non poche insidie, ma di sicuro questo progetto non meritava la sorte che ebbe.
Ad oggi, infatti, la casa è completamente diversa da quella descritta, anzi, del progetto di Superstudio non conserva quasi nulla se non qualche elemento negli interni, che però sono stati ampiamente modificati.
Il volume della scala, prima vetrato, ora è in muratura ed è coperto da coppi in cotto che si pongono in continuità con il tetto preesistente. Sono scomparse le piastrelle bianche dalla superficie dei blocchi laterali che ora restano nudi, in cemento armato a vista.
E tutto questo il lettore potrà verificarlo da sé, perché la casa è ora in vendita e nell’annuncio sono state pubblicate molte immagini che restituiscono lo stato attuale di casa Volpini, ancora di proprietà della famiglia del professore. Il prezzo, poi, è relativamente basso (600.000 euro) se si pensa che si sta acquistando un’architettura di Superstudio, anche se oramai, di Superstudio, non conserva quasi niente.
Immagine di apertura: Casa Volpini. Per gentile concessione di Piero Frassinelli.