Imparare dalle cose comuni, dagli oggetti con autori anonimi o semplicemente della cultura materiale o amatoriale, dà alle riflessioni autoriali una marcia in più, perché lega queste riflessioni a ciò che tutti (ri)conoscono ma che ancora non hanno (ri)trovato.
Disegnare l’aria: dal salvagente all’abitare, 22 microstorie di progetti gonfiabili
L’aria è uno dei materiali più atipici, tra quelli di cui si occupa il design, perché invisibile e immateriale. Eppure il suo impiego è comune e fondamentale, come racconta Matteo Pirola in dialogo con Lorenzo Damiani.
Courtesy Campeggi
Courtesy Ikea
Courtesy Ikea
Courtesy Zanotta
Courtesy Rendez-Vous Dèco
Courtesy Inflate
Courtesy Inflate
Courtesy Archivio C.P. Company
Courtesy Archivio C.P. Company
Courtesy Hövding
Courtesy Hövding
Courtesy The University of Tokyo & mercari R4D
University of Tokyo, PoIMo, 2020
Courtesy Fredrik Tjærandsen
Courtesy Bukowskis
Courtesy Front Design
Courtesy Seletti
Courtesy Michael Rakowitz
Courtesy Martín Azúa
Courtesy Tilo Ahmels
Courtesy The Index Project
Courtesy Subalterno1
Courtesy © junya.ishigami+associates. Foto Yasushi Ichikawa
Courtesy MAIO Architects
Courtesy MAIO Architects
Courtesy Salottobuono
Courtesy leonardodavinci-italy
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- Matteo Pirola
- 06 maggio 2022
Dopo le considerazioni di Lorenzo Damiani sull’importanza della materia che diventa materiale nel progetto, su quella parte fisica e pesante da gestire e plasmare secondo natura che va verso una funzione d’uso, parliamo ora del suo opposto immateriale: l’aria.
Con la sua inconsistenza e invisibilità è uno dei materiali “impossibili” che anche il design ha provato a disegnare. L’aria è leggera o relativamente pesante, calda o fredda, stagnante o mossa dal vento, porta profumi e ci permette di respirare, ma soprattutto, progettualmente parlando, permette di riempire un volume strutturandolo o di svuotarlo perdendo la sua tridimensionalità.
L’oggetto che meglio di tutti, e forse prima di tutti, possiede queste caratteristiche e a cui Lorenzo Damiani ci invita a pensare è il “salvagente” gonfiabile: uno strumento tipologico ad alta funzionalità, utilizzabile molto seriamente per salvare vite ma anche per attività ludiche spensierate, estive e balneari. Le sue varie tipologie possibili avvolgono il corpo sottoforma di imbragatura indossabile, ma la sua forma primaria, nel più semplice dei casi, è quella della ciambella: un minimo cerchio che cinge la vita.
Esistono versioni forse più professionali, anche in vari materiali inattaccabili e solidi, più leggeri dell’acqua (per esempio il sughero in antichità o materiali sintetici oggi) ma questi non sono bidimensionabili, e restano con il loro volume sempre presenti. La soluzione più interessante per le nostre riflessioni è però quella più comune e popolare nella versione ad aria, fatta di una membrana sintetica, monomaterica e monocromatica. Questa è la soluzione dal costo minimo e dal risultato massimo: è producibile in grandi serie economiche e l’involucro (senz’aria) è ripiegabile senza occupare spazio inutile sia nel deposito che nella spedizione.
È un oggetto di cui si compra solo la “pelle” e il risultato è “plasmato” sul posto, all’occorrenza, anche con l’uso del solo proprio respiro che immette ciò che dà la sostanza funzionale principale. È un oggetto molto pragmatico ma anche poetico, in cui il ricordo ha un ruolo importante, perché tutti ne hanno di piacevoli legati all’infanzia e solo pochissimi, per fortuna, ne hanno memoria tragica, ma ogni volta che prendiamo un aereo la nostra attenzione si accende proprio sulle indicazioni dei gonfiabili di salvataggio sotto al sedile, che se non si gonfiano automaticamente, richiedono di essere riempiti a perdifiato tramite la cannuccia rossa.
Oltre alle tipologie diverse nei vari settori del design, dall’idea dell’oggetto gonfiabile, e quindi del salvagente, sono nate forme e funzioni diversificate, dai braccioli, ai canotti, ai gommoni con motore fino ai materassini… e quest’ultimo, sul quale ci si può sdraiare per un riposo galleggiante ma anche all’asciutto per rendere più morbido un giaciglio, è forse definibile come “ponte” o cerniera con il mondo del design per la casa.
Per funzioni o attività domestiche o quotidiane, più o meno temporanee, ci sono materassi per letti di emergenza (non nel senso del pericolo ma dell’urgenza funzionale), divani, poltrone e poi lampade, abiti, giochi, e tanti complementi, tutti gonfiabili all’occorrenza e per necessità.
Tanti sarebbero gli esempi, dove anche l’arte e l’architettura storicamente si sono confrontate con questo tema tecnologico ed espressivo, ed ognuno, a modo suo, reinventa l’uso strutturale e plastico dell’aria, prendendo alla lettera l’importanza creativa del “soffio creatore”.
Con la sua visione tecnologica ma leggera del design, Santachiara propone da subito soluzioni innovative e audaci per l’ospitalità nell’abitare temporaneo e contemporaneo. Dentro un contenitore un po’ sgabello e un po’ tavolino di servizio si trova un involucro e un motorino elettrico che gonfia e, invertendo il flusso, sgonfia un materassino per un amico che fa tardi e non sa dove andare.
Sviluppato da Ikea con un brand all'epoca nuovo, SoftAir, questa idea di sedute gonfiabili, sperimentate dalla metà degli anni '90 fu un insuccesso clamoroso anche se oggi è celebrato nell’ideale museo dei “grandi errori” che Ikea stessa pubblica nella sua storia. Gli oggetti, risultavano sì leggeri, ma instabili, elettrostatici (attiravano la polvere) e con un odore poco piacevole. Va dato merito al coraggio imprenditoriale e al pensiero innovativo del sistema di gonfiaggio, ottenibile anche con un asciugacapelli o un’aspirapolvere e non più con accessori dedicati.
La più citata e copiata innovazione del design pneumatico per la domesticità allargata (da usare dentro casa ma soprattutto fuori, all’aperto, su un prato, sull’acqua) come le visioni di quei giovani progettisti negli anni ’60 che invitavano già tutti a vivere il pianeta con un’altra vicinanza e un’alta sensibilità.
Un esercizio di gran stile, condotto da una delle designer più innovative e raffinate di inizio millennio. Disegnare una semplice e asciutta sedia di legno o un invitante oggetto morbido e confortevole? Perché limitarsi quando la fantasia, insieme alla tecnologia, ci possono dare entrambe le soluzioni: il sedile per la seduta rimane immobile ma tutto intorno è uno spettacolo d’aria d’artificio.
Tanto è delicato un uovo, quanto ha bisogno di protezione. E cosa meglio di un piccolo e pratico salva-porta-uovo, accessorio funzionale e sorridente per iniziare la giornata “senza paura” e con il gusto giusto.
Il detto popolare “il diavolo fa le pentole ma non fa i coperchi” – anche se la morale è un po’ diversa – ci torna utile per pensare a quando abbiamo un contenitore ma non la sua chiusura. E quindi se il diavolo non fa le chiusure, un bravo designer come Crosbie invece, ne fa una che va bene (quasi) per tutto. Gonfiare per credere.
In un lavoro più ampio dedicato agli abiti “Trasformabili”, dove diverse giacche impermeabili (o parti di esse) diventano di volta in volta un aquilone, uno zaino, una tenda, con l’evoluzione della collezione e l’uso della tecnica gonfiabile, altri impermeabili diventano materassini e una seduta. Ogni cucitura, ogni piega, ogni tasca, ogni elemento di chiusura non è mai pensato fine a sé stesso e l’abito non è un semplice capo di moda, ma l’abito come l’abitare, è pensato come la prima casa del corpo.
Un casco serve soprattutto quando si “casca” e quindi: perché portare sempre, sperando di non cascare, un oggetto ingombrante sulla testa? Come progetto di laurea, che coincideva con una nuova legge sull’obbligatorietà dell’uso del casco per bambini, si aprì il dibattito anche per la sicurezza degli adulti e così le due designer “inventarono” questo airbag da indossare come un collare e che in una frazione di secondo, solo se serve, diventa un casco semi-integrale che protegge il capo dagli urti. Quando non serve protegge comunque il collo dagli sbalzi termici, nell’uso quotidiano della bicicletta.
Un mezzo di trasporto trasportabile. Al di là del gioco di parole, questo prototipo a metà tra monopattino e scooter ha un corpo gonfiabile da cavalcare che si installa su un minitelaio motorizzato elettrico. Non ha bisogno di parcheggio, perché si sgonfia, si ripiega e si ripone in uno zaino, vicino alla scrivania.
È il progetto di tesi del giovanissimo e già acclamato Tjærandsen, in cui l’abito è letteralmente come una prima pelle, aderente lungo un corpo un po’ costretto. Pieghe piatte o appena accennate, ad un certo punto acquisiscono volume e un altro valore, gonfiandosi all’inverosimile fino a diventare un pallone che contiene lo stesso corpo, che ora può muoversi in uno spazio prossemico ideale, protetto come in una bolla colorata.
Una lampada il cui paralume gonfiabile cambia volume e, quindi, flusso luminoso. Nata da un collettivo scandinavo che alla fine dello scorso millennio sperimentava tutte le tecnologie possibili per il mondo del design, rimane uno dei primi esempi in cui l’aria ha un effetto positivo sulla luce di una lampada da terra.
Una minimale fonte luminosa sospesa crea piccole e grandi bolle di sapone cangianti che fanno vibrare l'ambiente e lo riempiono di sorpresa oltre che di luminosa poesia. E anche quando scoppia la sorpresa, rimane una luce puntuale al servizio dello spazio, in attesa che la sorpresa si riaccenda.
È pura ironia mista a design, come Seletti ci ha ormai allegramente abituato: dalla smorfia sul viso al palloncino rigido, dalla lampadina che si accende colorando l’ambiente fino al designer che è una invenzione, e si definisce “un personaggio provocatoriamente creato per essere lui stesso prodotto”.
Una ricerca tra arte e design che porta a un progetto sociale. Un parassita buono che propone mini alloggi d’emergenza per persone senza tetto. L’involucro è fatto con sacchetti di plastica da riciclare che disegnano un rifugio che si gonfia grazie agli scarichi di aria calda dei vari impianti cittadini. L’aria da così volume e struttura all’involucro e contemporaneamente lo riscalda, per sonni più o meno tranquilli di persone nella tormenta.
Chiusa sta in una tasca, aperta e piena d’aria disegna un ambiente minimo, una “casa basica”. Utilizzando le coperte isotermiche d’emergenza, che hanno due superfici diverse - argentate e dorate - per due funzioni differenti, e che sono facilmente ripiegabili perché spesse pochi decimi di millimetro, il designer disegna una pelle cubica di circa due metri per due con un foro circolare che sventolato cattura l’aria e non la lascia uscire, mantenendo per un certo tempo, pur effimero, un volume che protegge le azioni all’interno.
Un oggetto per lo svago e per la promozione dell’uso acquatico della città di Basilea, dove d’estate migliaia di residenti e turisti si tuffano nel Reno e si lasciano cullare dalla dolce corrente, lungo i ponti della città storica. Un esempio di come il design è un ottimo strumento per la società, che può produrre un oggetto tanto simbolico quanto pratico che tutti i cittadini posseggono ed estraggono appena il sole scalda le rive del grande fiume. È una borsa colorata a tenuta stagna e a forma di pesce, in cui riporre i propri indumenti e che richiusa crea un “cuscinetto d’aria” natante che galleggia e sostiene il nuotatore fino all’uscita dall’acqua.
I palloncini sono giochi semplicissimi ma tanto magici per tutti i bambini, quindi Livia Rossi pensa bene di progettarne uno che non si gonfia mai da soli ma in compagnia. Anche perché spesso la forza fiato necessaria non è sufficiente e deve passare per gli adulti, così invece l’unione fa la forza e fa anche il divertimento.
Un puro oggetto estetico che può anche concedersi una funzione, una presenza che invita al gioco e strizza l’occhio all’arte contemporanea. Nella scatoletta si trova un palloncino sgonfio munito di magnete che ferma su una base il volume gonfiato ad aria, a misura variabile. È un elemento d’arredo permanente per una azione temporanea, per giocare in libertà, anche solo con l’immaginazione.
Un oggetto architettonico teorico, puro e flottante, una struttura leggerissima d’alluminio che occupa lo spazio espositivo a mezz’aria e si sposta oscillando secondo le presenze dei visitatori, rendendo omaggio all’autore, giovane genio creativo della scuola giapponese dell’architettura contemporanea.
Sono colonne d’aria, galleggianti e staccate da terra, che attivano lo spazio e la discussione intorno alle ricerche di architettura, come elementi di allestimento anticonvenzionale, che continuamente riconfigurano gli spazi e si relazionano con le altre presenze più tradizionali, normalmente statiche, dell’architettura.
Un grande pallone aerostatico, alto come il Palazzo dell’Arte, segnala la presenza sul fronte del museo di un piccolo teatrino, contenuto e concentrato, coperto con un telo colorato che ombreggia e oscilla dolcemente mosso dal vento insieme ai rami degli alberi intorno. Dentro, una cavea gradonata intima ospita pubblico selezionato e attento alle interviste dei grandi protagonisti della Milano Design Week 2018. Oppure, sempre aperto, diventa luogo si sosta o di dibattito informale sempre a disposizione del pubblico dell’evento.
In alcuni disegni dei Codici di Leonardo si trovano rappresentazioni di strumenti per “navigare” a corpo libero o, come in questo caso, quale “modo di salvarsi dalla tempesta”. Non è dato sapere se Leonardo lo pensasse rigido (in essenze lignee o fibre vegetali intrecciate) o gonfiabile (con pelli o budelli animali), ma è la prima rappresentazione nota della storia dell’arte e della tecnica che ci riporta questo oggetto nella sua forma più archetipica.