Per quanto concerne il lighting design, quella molteplicità di modelli che oggi diamo assolutamente per scontata è, viceversa, un fenomeno piuttosto recente.
Gli assoluti: 20 lampade di design imperdibili
Dagli importanti lampadari alle piccole lampade da comodino, dai prodotti in vetro a quelli stampati in plastica: 20 progetti iconici selezionati da Domusweb.
Lampada da tavolo con struttura in metallo nichelato spazzolato oppure in ottone e diffusore in vetro soffiato bianco satinato. Oggi disponibile anche nella versione led. Dimensioni: cm Ø 20 x h.43
Lampada da tavolo a bracci snodati. Lamierino e tubi in acciaio trafilati e verniciati a fuoco, molle in acciaio temperato e cromato. Usualmente a morsetto, può essere dotata di una base. Oggi disponibile anche con sorgente a led. Dimensioni: l. bracci cm 104; riflettore cm Ø16 x h.17
Lampada da tavolo con diffusore in carta giapponese, struttura in sottile filo d’acciaio o in bambù. Dimensioni: cm 25 x 25 x h.43
Lampada da parete orientabile con struttura in tondino d'acciaio verniciato nero, riflettori in alluminio laccato nero con interno bianco, giunti sferici in ottone. Realizzata interamente a mano. Dimensioni: cm l.97/134
Lampada da tavolo con diffusore e base in vetro soffiato bianco satinato; montatura in metallo verniciato bianco. Oggi disponibile anche nella versione led. Il modello è dotato di accensione multipla, nella base, nel cappello e verso l’alto. Dimensioni: cm Ø20 x h.34; cm Ø32 x h.53; cm Ø47 x h.78
Lampada a sospensione a luce diffusa. Struttura centrale in ferro e bracci in ottone, cromato o dorato. Attacco a soffitto e rosone in acciaio. Dimensioni: cm Ø100 x h.88 (mod. 2097.50, dotato di 50 lampadine); cm Ø 88 x h.72 (mod. 2097.30, dotato di 30 lampadine)
Lampada a sospensione composta da una struttura in acciaio su cui trovano posto 72 "foglie" (distribuite su 12 file) in acciaio inossidabile spazzolato o in rame, a schermare la sorgente luminosa. Dimensioni varie, tra le più diffuse: cm Ø84 x h.72; Ø60 x h.58
Lampada da tavolo a luce indiretta e diffusa. Base in acciaio verniciato e diffusore in metacrilato ad alto spessore. Dimensioni: cm l.26 x h.23
Lampada da terra a luce diretta. Base di marmo bianco di Carrara. Stelo telescopico in acciaio inossidabile satinato. Riflettore orientabile e regolabile in altezza in alluminio stampato Dimensioni: cm l.220 x h.240
Lampada da tavolo regolabile in altezza con movimento telescopico. Diffusore in metacrilato opale bianco, fusto telescopico in acciaio inox. Base e pomello in metallo verniciato. Dal 2013 disponibile anche in varianti di finitura e nella versione mini (Ø 27 x h.35). Dimensioni: cm Ø 55 x h.66-86;
Sistema decorativo d'illuminazione basato sul modulo: un gancio componibile di cristallo, eseguito a mano. Può essere impiegato per comporre lampadari di qualsiasi dimensione. Dimensioni: componibile fino all’impiego di migliaia di ganci
Lampada con struttura in plastica bianca flessibile rinforzata e terminali in resina. Speciali lampadine collegate in serie distanziate da una sfera isolante. Dimensioni: cm Ø6 x l.max 200
Lampada da parete a luce diretta con lungo braccio orientabile in acciaio verniciato terminante con un contrappeso conico in ghisa. Riflettore in acciaio verniciato e mensola a muro incernierata. Dimensioni braccio mobile: cm l.205
Lampada da tavolo (modello 233) originariamente in metallo laccato a fuoco bianco, nero, sabbia o ruggine. Portava due lampadine da 100W attacco E27. Negli anni ‘90 è stata realizzata anche in vetro di Murano opalino e scalata dimensionalmente. Agli inizi del nuovo millennio risale la versione con finitura galvanica in oro satinato. Dimensioni originali: cm Ø50, base Ø20, h.70; oggi anche Ø38, base Ø15, h.50; Ø25, base Ø10, h.35
Stelo estensibile in alluminio. Paralume in policarbonato serigrafato. Nel tempo “Costanza” ha dato luogo a una grande famiglia progettuale sia da interno (terra, tavolo, applique, sospensione, ad arco) che da esterno. Dimensioni: modello da terra h.tot. 120/160; modello da tavolo h.tot.76-110. Per entrambi paralume cm Ø 40 x h. 28, base cm 18x18
Struttura a bracci mobili in alluminio lucidato, diffusore orientabile in alluminio anodizzato opaco, morsetto o base in alluminio lucidato Dimensioni: cm ø23 (base) x p.78 x h.129
Lampada in metallo con specchio orientabile e cuore in materiale sintetico che contiene la sorgente. Alla base due piccoli coccodrilli in plastica. Dimensioni: cm 40 x h.95
Diffusore in vetro opalino incamiciato, soffiato a bocca, con finitura esterna acidata. La collezione comprende i modelli a sospensione, da terra, da tavolo e applique. Nelle versioni da tavolo, quando il vetro non è semplicemente fissato ad un elemento stampato ad iniezione in poliammide rinforzato, si adotta uno stelo in tubolare d'acciaio con base di acciaio ad alto spessore. Dimensioni diffusore in vetro: cm l.33 x h.27 (basic 1); l.45 x h.36 (basic 2)
Apparecchio di illuminazione multiuso. Diffusore conico in polipropilene opalino, stampato ad iniezione. Gancio/maniglia, avente anche la funzione di avvolgicavo, in polipropilene. Dotata di 5 metri di cavo. Dimensioni: cm Ø 22 x h. 53
Apparecchio da sospensione a luce diffusa. Telaio in ottone, spazzolato e verniciato trasparente, acciaio cromato o verniciato nero. Diffusore opalino di vetro soffiato. La collezione comprende anche modelli da tavolo e da terra. Dimensioni: cm Ø 20 x h. 47
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- a cura di Marco Romanelli, con la collaborazione di Luca Ladiana
- 09 ottobre 2018
Ricordiamo che Gino Sarfatti, proprio su Domus nel febbraio del 1940, cercava di convincere i lettori che la fissità e l’unicità del punto luce centrale a soffitto erano condizioni non più consone alla vita contemporanea e che la luce nelle case avrebbe dovuto finalmente seguire la vita degli abitanti, dando origine ad apparecchi “dedicati”, ovvero specializzati. Oggi tale obiettivo è senz’altro raggiunto e il mondo delle lampade comprende numerose tipologie distinte: difficile pertanto confrontare un importante lampadario con una piccola lampada da comodino o con una applique, una lampada tecnica con una da tavolo, un prodotto in vetro, da uno stampato in plastica.
Ecco dunque che le nostre 20 icone non potranno che sfiorare alcune delle eccellenze di questi diversi settori. Un ulteriore aspetto da non dimenticare è l’inarrestabile ascesa dell’illuminazione a led che, dall’inizio del nuovo millennio, ha profondamente cambiato le regole del gioco: i progettisti, abituati da sempre a costruire gli apparecchi luminosi come “gusci”, più o meno trasparenti, attorno a una lampadina a incandescenza, si sono di colpo trovati a ragionare con sorgenti non solo miniaturizzate, ma anche dotate di forme particolari (pensiamo allo strip-led) e per di più passibili di una lunga vita nel tempo (l’accessibilità dell’apparecchio per il cambio della sorgente non è dunque più una condizione vincolante).
In un’epoca in cui l’Italia era ancora prevalentemente segnata da una tendenza decorativa passatista, Ponti elabora una lampada come essenziale sintesi di forme geometriche: la sfera sovrapposta al cono parla un linguaggio tanto minimale quanto assoluto.
Le lampade a braccio con morsetto, nate all’inizio del secolo XX per usi industriali, vengono progressivamente adattate agli spazi di lavoro. La “L-1” Luxo, sviluppata dal danese Jacobsen, è, tra esse, il modello più classico. In Italia si è nel tempo diffusa anche la variante detta “Naska Loris”, dal nome del primo distributore della Luxo.
Le “Akari” sono in realtà un’intera collezione di lampade disegnate dal grande scultore nippo-americano Noguchi. La fragile carta che costituisce il paralume riprende una antichissima tecnica giapponese e diffonde una luce morbida, rispettosa delle ombre.
Prodotte dal 1953 al 1961, le celebri lampade a braccio fitomorfiche, capolavoro del design francese, rientrano in produzione nel 1999 per volontà della famiglia di Serge Mouille, in serie numerata e con il massimo rispetto dei modelli originali.
Una lampada che, nel tempo, si è trasformata nell’icona stessa dell’abat-jour di cui adotta il classico cappello tronco-conico, qui tuttavia realizzato in vetro bianco e montato su una base, anche essa in vetro, caratterizzata da una morbida sagoma. Ingrand, maestro dimenticato del vetro, sintetizza in questa lampada i desideri delle borghesia colta.
Prima che la tipologia della lampada a soffitto uscisse, per lungo tempo, dall’attenzione del pubblico, Sarfatti progetta un capolavoro assoluto. Uno dei pochi lampadari capaci di competere con le grandi realizzazioni storiche in vetro di Murano. In realtà il disegno è essenziale, affidato a sottili bacchette che portano ciascuna una minuscola lampadina detta “a piccola pera”.
Disegnato per il ristorante ‘Langelinie Pavillonen’ di Copenhagen, “Artichoke” è inizialmente un nomignolo, “carciofo”, che deriva dalla distribuzione delle foglie, necessarie per schermare la luce proveniente da un bulbo centrale. Ancora oggi una delle icone maggiormente riconosciute del design danese.
L’unico oggetto che i fratelli Colombo, Gianni l’artista e Joe il designer, abbiano progettato insieme. La luce, da una sorgente lineare nascosta nella base, risale lungo il blocco sagomato di metacrilato ricordando le utopie dell’arte cinetica. Un oggetto a cavallo tra scultura e design.
Forse l’oggetto più conosciuto di tutto il design italiano. Il grande “arco” dei Castiglioni permette di portare la luce verso un tavolo posizionato in una zona assai lontana dai muri di una stanza: “Arco” nasce dunque come alternativa al punto luce centrale a soffitto. Un simile “sbraccio” richiedeva tuttavia, per la stabilità, una base pesante: ecco giustificato il blocco di marmo bianco con il caratteristico foro, da usare in realtà per inserire un bastone (il manico di una scopa) e permettere a due persone di trasportare la lampada.
Capostipite della famiglia delle “lampade personaggio”, la Pipistrello assume in realtà le sembianze di un palmizio (anche per le caratteristiche scanalature del “fusto”). È l’oggetto più conosciuto di quella tendenza del design italiano che fu ai tempi denominata “Neo-Liberty”.
Incredibilmente la più efficace concretizzazione dell’estetica del modulo e della “prefabbricazione”, tipica della fine degli anni ‘60, è una “lampada”, altamente poetica e di grandissima ricercatezza formale. Il semplice “gancio” a ferro di cavallo piegato sconvolgerà l’ambiente muranese e, composto in preziosissime “tende”, troverà applicazione in importanti e differenziate situazioni. Una chiara anticipazione del rapporto, oggi così frequente, tra design e arti decorative.
Un progetto che non è solo un’icona in se stesso, ma anche un chiaro simbolo del periodo in cui è stato disegnato: libero, flessibile, da appoggiare a terra o da arrotolare su un mobile. L’ispirazione nacque dal tubo di un aspirapolvere, ma l’ingegnerizzazione richiese, ai tempi, una notevolissima ricerca.
Il tema, straordinario, del movimento della luce nello spazio viene affrontato con grande perizia da Rizzatto. Con un leggero tocco della mano l’asta, lunga ben 2 metri, si porta nella posizione voluta dall’utente, spostando la luce in qualunque punto di un volume di 4 x 4 metri, alto 3 metri.
Una delle poche lampade di design della storia del design che tutti, anche i non addetti ai lavori, chiamano per nome. Costruita su un’essenziale schema geometrico (la mezza sfera sul cono e questo sul cilindro) nasconde sofisticati dettagli quali la possibile inclinazione del grande cappello.
Uno degli oggetti che dà inizio, in Italia, alla corrente minimalista. In realtà “Costanza” muove dalla rilettura della classica lampada ad abat-jour in cui Rizzatto riconosce valori di domesticità e “calore” che non hanno uguali: ecco che il modello storico viene scarnificato e reinterpretato attraverso i materiali più attuali. Un vero “classico contemporaneo”.
Nella grande famiglia tipologica delle lampade di design a bracci, “Tolomeo” costituisce un episodio fondamentale: funzionale, centrata nel prezzo, è oggi uno degli apparecchi più venduti in assoluto, coprendo trasversalmente una fascia di mercato che dal domestico passa agli uffici e al contract.
Quasi impossibile scegliere un’unica lampada nella straordinaria produzione di Ingo Maurer, senz’altro uno dei maggiori lighting designer del XX secolo. Irriverente dal punto di vista formale, rivoluzionario dal punto di vista tecnologico, Maurer rompe sistematicamente le regole. “One from the Heart” nasce come regalo di nozze: ecco spiegata la simbologia dei due cavi, rispettivamente rosso e blu, che si incontrano sotto ad un cuore, da cui fuoriesce la luce poi riflessa in uno specchio.
Da sempre alla ricerca della forma più semplice che sia comunque massimamente espressiva, Morrison propone un vetro bianco “schiacciato ai poli” che non necessita di nessun altro intervento per divenire un classico.
Nata ispirandosi agli apparecchi mobili da cantiere, “May Day” spariglia il tema tipologico (è una lampada da terra? da tavolo? a sospensione?). Grazie alla dotazione di un lunghissimo cavo e alla maniglia stampata in plastica che funziona anche come gancio, è utilizzabile in situazioni molto diverse.
Il designer anglo-cipriota è senz’altro tra i più dotati della sua generazione. I sui lavori progettuali, che combinano la sfera e il cavo in articolate composizioni spaziali, sono tra i più belli e, oramai da parecchi anni, tra i più copiati. In questo apparecchio a sospensione Anastassiades recupera la semplice poesia del globo così detto “ministeriale” (in quanto tipico dell’illuminazione degli uffici e dei luoghi pubblici dall’inizio del XX secolo) e lo reinterpreta con grande garbo grazie allo scatto laterale della tige e alla sorgente a led (che annulla il problema del cambio della lampadina).