Il museo MAXXI di Roma guarda al design contemporaneo – non solo con le deliziose pillole del suo curatore Domitilla Dardi – e dedica gli oltre 1.300 mq del piano terra alla mostra “Il tempo della diversità” di Gaetano Pesce (vedi anche: Domus 981, giugno 2014, dove un testo dello stesso Pesce anticipa i contenuti della mostra).
Il valore dell’imperfezione
Con un allestimento nomade, volutamente in divenire, il MAXXI rende omaggio a Gaetano Pesce, teorico dell’anticonformismo e dell’abbattimento delle barriere e delle categorie tra le discipline.
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- Maria Cristina Didero
- 28 agosto 2014
- Roma
Il titolo è uno statement forte, considerato l’attuale momento storico in cui la diversità purtroppo è spesso scioccamente sinonimo di pregiudizio e razzismo; la Dardi (che ha co-curato la mostra con Gianni Mercurio) spiega che la diversità è qui intesa “come cambiamento e trasformazione”.
La panoramica sul creativo italiano di base a New York dal 1980, presenta, grazie a una scenografia aperta costituita da isole in legno (40 pannelli mobili su ruote), metri di scotch e centinaia di graffette, la feconda e multiforme produzione dagli anni ’60 a oggi, di uno dei grandi protagonisti del design internazionale.
L’allestimento nomade, volutamente in divenire, è una delle chiavi di lettura del progetto che tende a sottolineare il concetto della difformità svincolata dall’appiattimento grazie a più forme espressive e formali: da sempre Gaetano Pesce, artista, designer e architetto, è un teorico dell’anticonformismo, dell’abbattimento delle barriere e delle categorie tra le discipline, e ha scelto di raccontarsi tutto d’un fiato a Roma, elogiando l’errore, il difetto e l’imperfezione come sinonimi e declinazioni dell’essere umano.
Emerge il pensiero politico, potente filo conduttore di gran parte della sua opera: tra le altre, una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano del 2010 suggerisce come relazionarsi con i suoi cittadini mentre nel 1973 produce un Omaggio ai Curdi. Gaetano Pesce dedica costante attenzione alla società tutta: la critica allo status quo si riflette in tutto l’arco della sua carriera con esempi celebri come la Pièce per una fucilazione con il modello in mostra del 1967 e La Mano Di Dio, il posacenere del 1969, o la seduta Golgotha del 1972, in fibra di vetro e resina, che accenna alla religione – considerata uno dei suoi pezzi più interessanti. Siamo esseri mutevoli e cangianti, teoria sintetizzata esemplarmente dal progetto della Casa elastica del 1963 presentato all’inizio del percorso espositivo, edificio pensato con pannellature rotanti a 360 gradi, a sottolineare che anche lo spazio domestico può essere in continua metamorfosi. In mostra poi i progetti più noti dell’autore, dalla seduta I Feltri con il primo prototipo del 1986 o la precedente Pratt Chair in resina uretanica policroma del 1984, fino al divano Montanara del 2009.
Ogni piccolo palcoscenico, ogni isola espositiva riprende le suggestioni che hanno ispirato l’ideazione dell’oggetto in esposizione ed è corredata da un commento dell’autore. Ci si muove “tra oggetti che, volutamente, non sono accondiscendenti e consolatori, non mistificano la caducità delle cose, ma la mostrano in tutta la sua emozionante verità”, sottolinea Dardi.
Oltre a pezzi originali, bozzetti, disegni a mano libera e plastici, tra colate di resina e interventi sulle pareti, a opera dell’autore stesso, la mostra segue 7 parole-chiave che la suddividono in sezioni (scritte sul muro con lo stesso lettering dell’Alfabeto e Numeri – quello originale in tre dimensioni – creato nel 1973). I titoli: Non standard, Persona, Luogo, Difetto, Paesaggio, Corpo, Politica. Il visitatore ha carta bianca sul percorso, anzi è invitato a slegarsi da uno schema rigido e predefinito di consultazione/fruizione dell’universo di Pesce.
Si arriva poi a una camera asettica che accoglie una delle opere site-specific commissionate dal museo. Svincolata dalla precedente casualità espositiva, questa è caratterizzata da una singola opera dedicata al tempo: una stanza che voleva essere di ghiaccio, ma è diventata invece un blocco di polistirolo da cui cadono gocce d’acqua a segnare il ritmo inesorabile del tempo che scorre. Per l’autore, le gocce, tutte diverse tra loro, sono ancora più uniche poiché emettono un suono differente ciascuna a significare che la percezione del tempo è comunque soggettiva.
Questo tema è ricorrente nella poetica dell’artista – penso alla mostra di qualche anno fa alla Triennale di Milano, dal titolo “Il rumore del tempo” o a “Le Temps des Questions” del 1996 al Centre Georges Pompidou di Parigi. A Pesce i limiti architettonici dell’edificio di Zaha Hadid non bastano, tant’è che la mostra si estende allo spazio antistante il museo, pensato dall’architetto iracheno come una vera e propria piazza, luogo per eccellenza deputato alla manifestazione delle proprio idee. Ed è proprio qui, nella piazza del MAXXI che Gaetano Pesce ricostruisce in scala titanica la sua nota seduta UP5&6 (1968), una delle opere che ha scritto la storia del design internazionale. Qui, volutamente fuori formato tanto da raggiungere l’altezza di 7 metri la UP5&6 sembra un grido forte, un urlo gigante che amplifica il messaggio originario dell’opera. La parte della seduta contiene una serie di monitor (finti) con frasi emblematiche sulla difesa dei diritti della donna; la sua appendice, la riproduzione dell’ottomano, accoglie uno speciale tributo al coraggio di Malala Yousafzai, la piccola studentessa e attivista pakistana che il 12 luglio del 2013 è intervenuta nella sede delle Nazioni Unite a New York per denunciare la condizione della donna nel suo Paese – classe 1997, Malala è la più giovane candidata al Premio Nobel per la Pace. “Sono orgoglioso di esporre il mio lavoro al MAXXI” – commenta Gaetano Pesce – “L’esposizione comprende opere del passato, del presente e opere fatte in occasione di questa mostra, come le due installazioni, una dedicata al tempo, che nel suo scorrere è sempre diverso, a differenza di come viene normalmente concepito, l’altra dedicata a una poltrona che compie oggi 45 anni dalla sua prima edizione. Questa seduta, che metaforicamente lega con una catena un corpo femminile a una palla, l’avevo concepita per denunciare la condizione di prigionia a cui la donna è condannata dai pregiudizi maschili.”
La poltrona considerata donna o mamma (forse è il caso di ribadire che le due parole non hanno lo stesso significato) concentra in sé temi cari all’autore come la condizione femminile nel mondo e la multidisciplinarità del lavoro artistico che deve avere sempre un legame concreto con la vita di tutti i giorni. Di questo pezzo si già scritto tanto; aggiungo che è stato un progetto rivoluzionario quando fu concepito e distribuito poiché si tratta di uno dei primi efficaci esperimenti con il poliuretano – la seduta era recapitata dall’allora C&B ITALIA di Piero Busnelli piatta come un disco; una volta aperto l’imballo, il poliuretano si schiudeva come una spugna e, grazie al colorato jersey, la poltrona conquistava la forma progettata. “Pesce ha fatto coincidere la domanda di diversità che si registra nel nostro tempo con il tema dell’utilità sociale, che egli estende all’indagine metodologica dei nuovi strumenti di produzione”, aggiunge Gianni Mercurio. “Questo spiega perché la sua ricerca si è sviluppata sondando le necessità dell’individuo, le nuove tipologie costruttive e le logiche di trasformazione culturale, etiche, economiche e politiche, per poi elaborare teorie che hanno avuto e stanno tutt’ora avendo riscontri sorprendenti”.
Leggo sulla brochure in distribuzione che “nella non omologazione a un principio unificatore e tirannico è possibile trovare la propria condizione di libertà”. Nella speranza che ciò non sia travisato dagli sguardi più superficiali, non c’è dubbio che Pesce svetti per capacità di contaminazione, libertà di pensiero e autoironia all’interno del panorama contemporaneo della creatività – come sembra recitare la sua seduta in resina del 2002, Nobody Is Perfect, e come suggerisce la sua opera Italia In Croce, mai come oggi attuale.
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© riproduzione riservata
fino al 5 ottobre 2014
Gaetano Pesce
Il tempo della diversità
a cura di Gianni Mercurio e Domitilla Dardi
MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo
via Guido Reni 4A, Roma