Perché si parla di nuovo di Niki de Saint Phalle, l’artista del Giardino dei Tarocchi

Milano celebra l’artista franco-americana con una mostra antologica da non perdere, che la racconta più contemporanea che mai.

Non sono una persona che può cambiare la società, se non mostrando una sorta di visione di queste donne felici e gioiose al comando [della società]. Questo è tutto ciò che posso fare.

Niki de Saint Phalle

Il nome Niki de Saint Phalle porta subito alla mente immagini di colore e giocosità, da opere come le Nanas, grandi sculture dalle sembianze femminili, sinuose nelle loro forme e sgargianti nei loro colori, al Giardino dei Tarocchi, un luogo magico e variopinto situato nella maremma toscana, immaginato e costruito da Niki de Saint Phalle con l’aiuto di Jean Tinguely. Queste opere, che davvero trasmettono una gioiosa visione del mondo, sono il risultato di un processo artistico di grande profondità, grazie al quale l’artista ha attraversato e superato momenti di grande dolore nella sua vita ed esplorato la società contemporanea.
Il Mudec celebra Niki de Saint Phalle, con un’ampia mostra curata da Lucia Pesapane (co-curatrice anche della mostra al Pirelli HangarBicocca dedicata a Jean Tinguely, secondo marito di Niki de Saint Phalle), che dal 5 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025 porta a Milano più di cento opere dell’artista francese, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua vita e carriera, sottolineandone la rilevanza per la contemporaneità.

Niki de Saint Phalle, Giardino dei Tarocchi, Capalbio, Italia. Foto Simone Ramella

Niki de Saint Phalle nasce a Neully-sur Seine nel 1930, nel contesto agiato di una famiglia aristocratica, da padre francese, banchiere e nobile di nascita, e madre statunitense attrice di professione. Con la crisi di quegli anni l’intera famiglia si trasferisce a New York e la vita di si divide tra la metropoli e il castello dei nonni in Francia. Costretta a studiare in collegio, il suo temperamento ribelle non tarda a emergere rispetto alla prospettiva di diventare una perfetta housewife, seguendo il sistema valoriale impostole dalla madre. Anche perché, se la famiglia de Saint Phalle era all’apparenza una perfetta famiglia borghese, nella realtà Niki cresce con lo spettro di una madre insoddisfatta e opprimente, e con la violenza delle gravi molestie sessuali subite da parte di suo padre.

In balia di questa situazione di infelicità e instabilità emotiva, la giovane e bellissima Niki inizia la carriera da modella posando per riviste come Vogue e Life. Appena diciottenne sposa un uomo benestante di New York con cui avrà due figli, ma nel 1953 la banalità di una vita coniugale monotona e sottomessa a quei dettami che fin da bambina aveva rifiutato, la porta ad avere un tracollo mentale e viene ricoverata in un istituto psichiatrico di Nizza.

È in questa occasione drammatica che Niki de Saint Phalle riscopre sé stessa e vede nell’arte una terapia curativa per il suo malessere esistenziale. Lasciata definitivamente la famiglia negli Stati Uniti, si trasferisce a Parigi per dedicarsi alla sua crescita artistica e alla scoperta di un nuovo mondo e di una nuova interiorità.  Con una formazione da autodidatta, dalla fine degli anni Cinquanta Niki de Saint Phalle inizia a viaggiare in tutta Europa e frequenta gli ambienti parigini. Influenzata dall’Art Brut di Dubuffet, dall’action painting di Pollock e dalla storia dell’arte europea, in questo primo periodo si dedica alla pittura, iniziando in un secondo momento a integrare nelle sue tele degli elementi tridimensionali, object trouvée.

Il Giardino dei Tarocchi © 2024 Niki Charitable Art Foundation. Foto Ed Kessler

L’immediatezza delle sue opere, pensate come azioni più che come narrazioni, l’uso di materiali di recupero e la forza creatrice dell’urgenza catartica infusa nella sua pratica, rendono la sua visione affine a quella del gruppo dei Nouveaux Réalistes, di cui entra a far parte. Niki de Saint Phalle è tra le poche donne, forse l’unica, che in quei decenni sono riuscite a vedere riconosciuta da artisti e critici il proprio valore nel sistema dell’arte. Dopo aver lasciato definitivamente il marito ed essersi trasferita nell’Impasse Ronsin a Parigi, in negli anni Sessanta conosce Jean Tinguely con cui inizierà un sodalizio artistico e sentimentale, sposandolo poi nel 1971. Niki de Saint Phalle vede le sue opere come occasione per affrontare le sue criticità personali in relazione alle questioni di natura sociale che le stanno a cuore: una visione più femminile e femminista del mondo e la lotta contro la discriminazione razziale sono motivi che si evolvono nei suoi lavori degli anni Sessanta. Prima i Tirs, azioni performative che vedono la rabbia come una forza di morte e rinascita allo stesso tempo, in cui sacchetti di plastica, colmi di colore e legati su sculture o tele, diventano bersaglio dei proiettili sparati dall’artista con un fucile.

Niki de Saint Phalle, Nanas, Leibnizufer, Hannover, Germania. Foto ChristianSchd

Gli anni dei Tiri sono stati come un rito di purificazione per l’artista, che decide alla metà del decennio di dedicarsi a un altro tipo di atto creativo, quello della creazione scultorea delle coloratissime Nanas, festose figure femminili che rispondono con sonoro menefreghismo e gioioso ammutinamento alle imposizioni della società sulle donne. All’alba del 1968, le Nanas con le loro grandi dimensioni sono esposte in molteplici occasioni - come nella mostra Les Nanas au Pouvoir allo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 1968 - a rimarcare la presenza e il ruolo che spetta di diritto alle donne nella società, anche se non ancora riconosciuto. Le Nanas arrivano ad assumere dimensioni architettoniche e a diventare ambienti, come con la Hon realizzata per il Moderna Museet su invito di Pontus Hulten, nel 1966. Una conquista dello spazio pubblico che riapre la discussione sul rapporto tra sesso maschile e femminile, sulla celebrazione del corpo femminile come dispositivo di autodeterminazione e come luogo sacro, e sull’occupazione dei luoghi della collettività, da sempre assoggettati al potere maschile, e ora disseminati di figure femminili portatrici gioiose di un energico “je m’en fous”.

Niki de Saint Phalle, Hon/Elle, 1966, Moderna Museet, Stoccolma. Foto Hans Hammarskiöld

Ispirata nelle forme e nei colori dal Parc Guell di Antoni Gaudí, la dimensione architettonica conquistata dalle Nanas, trova nel progetto del Giardino dei Tarocchi la realizzazione di un’opera d’arte totale, che è coronamento del percorso artistico di Niki de Saint Phalle, in cui la pittura si fa pelle per la scultura, che a sua volta si trasforma in ambiente, in architettura. Nell’equivalenza tra pratica artistica e vita che nel percorso di Niki de Saint Phalle è sempre stata centrale, l’arte diventa un luogo da abitare, tanto che per alcuni anni il Giardino dei Tarocchi diventa il luogo in cui risiede. Costruito insieme a Tinguely, da cui nel frattempo si era separata ma con il quale non aveva mai interrotto il legame artistico, è la realizzazione di una città utopica dove regna l’armonia che nella sua visione solo una società matriarcale potrebbe creare.

Niki de Saint Phalle, Giardino dei Tarocchi, Capalbio, Italia. ©Fondazione Il Giardino dei Tarocchi. Foto Peter Granser

Tra gli anni Ottanta e il 2002, anno della sua morte a causa di problemi polmonari dovuti al contatto con il poliestere, a cui era allergica, e con altri materiali come racconta in un’intervista, Niki de Saint Phalle ha continuato a lavorare e sperimentare e a combattere la sua battaglia personale e collettiva. 

È molto strano avere a che fare con un materiale attraverso il quale amo esprimere la mia creatività, e che allo stesso tempo è assolutamente letale per me, è il mio nemico.

Niki de Saint Phalle

Instancabile fino alla fine, ha tra le altre cose pubblicato le sue memorie nel 1994, portato avanti l’eredità artistica di Tinguely scomparso nel 1991 con l’apertura della fondazione a lui dedicata a Basilea, e partecipato attivamente alle campagne contro l’aids.

Le sue opere, presenti nei musei e nelle città più importanti nel mondo, raccontano una storia di vittoria e rinascita, in cui l’arte è una forza energica e di rivoluzione, in grado di far immaginare una società meno discriminatoria e più attenta alle libertà individuali, preziosa eredità della visione di Niki de Saint Phalle.