“Dammi all’alba un odoroso giardino di fiori bellissimi dove io possa camminare indisturbato”. Così Walt Whitman descriveva l’impareggiabile piacere di un contatto con il verde, per riconquistare un rapporto intimo e indisturbato con la Natura e con sé stessi.
Se da sempre il giardino evoca nell’immaginario un caleidoscopio di emozioni sensoriali, l’esperienza percettiva all’interno di un parco può essere in realtà molto diversa a seconda dei principi progettuali che ne hanno ispirato la genesi: pacificante e serena, come nei nitidi giardini all’Italiana (Parco di Villa Garzoni); ermetica ed esoterica, come nei parchi ispirati ad oscure simbologie e a percorsi iniziatici (Bosco Isabella, la Scarzuola, Giardino dei Tarocchi); ludica, giocosa o intellettuale, come nei musei tematici all’aperto dedicati alla formazione (Parco di Pinocchio) e all’espressione artistica (Parco Museo Musaba, Parco Sculture del Chianti, Parco di Celle); teatrale ed “espressionista”, come nei giardini che evocano immagini oniriche ed inquietanti (Bosco di Bomarzo, Giardino incantato delle teste).
Il labirinto è spesso un elemento fortemente caratterizzante della progettazione: da Cnosso, a Borges, a Kubrick (in Shining), il labirinto non rappresenta solo il fremito che deriva dal perdere le proprie coordinate ma evoca anche un viaggio catartico, attraverso cui possibilmente ritrovarsi (Labirinto della Masone, Labirinto di Villa Garzoni, Labirinto del Castello di Donnafugata).
In tutti i casi, comune denominatore è sempre l’intimo equilibrio tra Artificio e Natura perché, come diceva il naturalista John Muir, “in ogni passeggiata nella natura l’uomo riceve molto di più di ciò che cerca”.