L’ultimo film di 35 minuti di Danilo Correale è il risultato di un processo di ricerca che ha portato l’autore a individuare sei film italiani mai realizzati che lui ha re-interpretato, combinato e ricreato all’interno del proprio lavoro. Guidato dall’archivista Ernesto Mahieux, l’artista ha seguito lo sviluppo delle idee e delle scene che appartengono a trattamenti cinematografici mai trasposti in pellicola. A oggi, queste precise evocazioni di Correale appartengono a un cinema italiano le cui storie rimangono, rispettosamente ancora non scritte. Infatti, il film si è avvalso anche della preziosa collaborazione di molti soggetti pubblici e privati, partner istituzionali, professionali e persone singole, persino comparse, che hanno rappresentato un vero supporto per il lavoro. Inoltre, il film di Correale sta diventando parte della collezione del Mart e sarà presentato nel 2019 al MAC di Belfast, soci di progetto.
Danilo Correale. La rivendicazione del Cinema mai nato
Con materiali censurati dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta, la mostra “Diranno che li ho uccisi io” mette in scena parti di trattamenti italiani dimenticati.
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- Ginevra Bria
- 17 ottobre 2018
- Milano
Crediti fotografici Mauro e Bianca Baldacci, 2018, Courtesy l'artista e Careof
Crediti fotografici Mauro e Bianca Baldacci, 2018, Courtesy l'artista e Careof
Courtesy l'artista e Careof
Courtesy l'artista e Careof
Courtesy l'artista e Careof
Dunque, dopo un anno di ricerca implementata da viaggi in archivi cinematografici pubblici, fondazioni private e molti incontri con testimoni del cinema italiano, in un’ampia sala di Careof, oscurata a piano terra della Fabbrica del Vapore, è stata introdotta al pubblico la premiere del film Diranno che li ho uccisi io di Danilo Correale. L’evento è diventato più che una semplice presentazione, ricreando una mostra personale a supporto della proiezione del film attraverso l’esposizione di un anfiteatro strutturale metallico, un libro d’artista e documenti non pubblicati; sulla scia del tragitto di lavorazione che ha portato l’artista a realizzare la pellicola. Nel tempo, i ben noti fantasmi svolazzanti nell’immenso sotterraneo del Cinema italiano, hanno ricevuto l’attenzione che meritano, attraverso autobiografie, interviste, scritte da giornalisti, critici e studiosi. Alcune si sono indelebilmente mischiate a florilegi di mitologie o di leggende. Alcune chimere sono state evocate miriadi di volte a causa della loro centralità nell’universo di un dato regista, altre sono state velocemente escluse dalla memoria dagli autori stessi, per molte diverse ragioni, e sono oggi rintracciabili a seguito di estenuanti ricerche in archivi pubblici e privati.
Ma l’atto di appropriazione di materiali da parte di Correale intende analizzare la natura della proprietà e della correlata appartenenza a una specifica linea del tempo. Diranno che li ho uccisi io, muovendosi attraverso la nascita della Repubblica nel 1946 e l’egemonia politica della Democrazia Cristiana, rappresenta un Cinema italiano che era afflitto da una sorta di censura costante. Occorsa per motivi religiosi, politici e di costume, ma anche, in molti casi, per difficoltà economiche nella produzione, obbligando gli autori, anche di grande calibro, a rimodellare il loro andamento stilistico e narrativo, per evitare la mannaia delle leggi censorie che, nonostante cambi e correzioni rimasero ferree fino al 1962, e che rimangono anche oggi. Il film segue la struttura dei trattamenti dimenticati, assimilando le loro sceneggiature originali e quindi re-inventando i loro approcci e i loro linguaggi cinematici. La sua forma ibrida, le cui soluzioni tecniche e estetiche tendono a trasformare la narrazione in una sorta di nuova dimensione che non può allinearsi ad un singolo genere. Terrorismo, religione, sindacalizzazione del lavoro, temi della post-colonizzazione e crimini di mafia sono resi trame caratterizzate da conclusioni sospese, articolando un andamento che progressivamente traccia la cornice e la forza di specifici, più ampi argomenti.
Questo film connette idealmente e nella forma le pure evocazioni di sei diversi copioni, uno dei quali si intreccia persino con le vicende legate alla morte di Enrico Mattei, ma anche sei generi e sei soggetti non considerati, a partire dalla caduta del fascismo, per arrivare all’avvento delle reti televisive private. “Nel periodo che ha preceduto la produzione” ha affermato Correale “si sono alternati sentimenti opposti, momenti di euforia e di sconforto ai quali solo un atto di resistenza a un presente politico sempre meno abitabile poteva dare senso. Da qui, la necessità di costruire una contro-narrazione di una piccola grande storia: non solo quella del cinema e del suo apporto alla cultura di massa italiana, dal post-fascismo al 1984, ma anche quella di una storia culturale collettiva che ha urgente bisogno di essere decostruita e riscritta”.
- Danilo Correale. Diranno che li ho uccisi io
- dal 27 settembre al 17 novembre, 2018
- Martina Angelotti
- Careof
- Fabbrica del Vapore, via Giulio Cesare Procaccini 4, Milano