Il progetto dell’abitazione privata è forse uno dei temi che con più forza riescono a raccontare l’architettura attraverso la storia in tutta la sua complessità, tanta è la profondità con cui si radica come archetipo nella natura umana. Nel dare la sua linea per Domus all’indomani della Seconda guerra mondiale, non è un caso che Ernesto Nathan Rogers sia partito dal valore assoluto del nome della rivista pensando a “la casa dell’uomo”. Ma cosa succede quando sono i grandi nomi dell’architettura a progettare case per sé, per la loro stessa vita quotidiana? Spesso i progettisti sono stati gli abitanti di una delle loro più importanti opere, come Charles e Ray Eames nella loro residenza, o Philip Johnson nella Glass house, altre volte si è trattato di progetti che hanno segnato l’inizio della carriera per alcuni grandi nomi, come la Casa Venturi, con cui l’omonimo architetto segnò l’inizio di una rivoluzione del linguaggio architettonico.
Quando l’architetto progetta per sé: 15 case d’autore
Una selezione di architetture pensate per esprimere il proprio stile di vita e la propria poetica dello spazio, da Wright a Boonserm Premthada passando per Gehry, Gropius e gli Eames.
Frank Lloyd Wright, Home and Studio, 1889-1909, Oak Park, Chicago. Foto James Caulfield. Courtesy of Frank Lloyd Wright Trust, Chicago.
Frank Lloyd Wright, Casa Studio, 1889-1909, Oak Park, Chicago. Foto James Caulfield. Courtesy of Frank Lloyd Wright Trust, Chicago.
Frank Lloyd Wright, Casa Studio, 1889-1909, Oak Park, Chicago. Foto James Caulfield. Courtesy of Frank Lloyd Wright Trust, Chicago.
Le Corbusier, Immeuble Molitor, 1934, Paris. Foto saliko, via Wikimedia.
Le Corbusier, Immeuble Molitor, 1934, Paris. Foto saliko, via Wikimedia.
Le Corbusier, Immeuble Molitor, 1934, Paris. Foto saliko, via Wikimedia.
Alvar Aalto, The Aalto House, Munkkiniemi, 1936, Helsinki. Foto Maija Holma. Courtesy of Alvar Aalto Foundation.
Alvar Aalto, The Aalto House, Munkkiniemi, 1936, Helsinki. Foto Maija Holma. Courtesy of Alvar Aalto Foundation.
Alvar Aalto, The Aalto House, Munkkiniemi, 1936, Helsinki. Foto Maija Holma. Courtesy of Alvar Aalto Foundation.
Gropius, Gropius House, Lincoln, Massachusetts, 1938. Foto Eric Roth. Courtesy of Historic New England.
Gropius, Gropius House, Lincoln, Massachusetts, 1938. Foto Eric Roth. Courtesy of Historic New England.
Gropius, Gropius House, Lincoln, Massachusetts, 1938. Foto Eric Roth. Courtesy of Historic New England.
Barragán, Home and Studio Barragán, 1948, Mexico City. Foto Thomas Ledl, via Wikimedia.
Barragán, Home and Studio Barragán, 1948, Mexico City. Foto Ymblanter, via Wikimedia.
Barragán, Home and Studio Barragán, 1948, Mexico City. Foto Ymblanter, via Wikimedia.
Philip Johnson, Glass House, 1949, New Canaan, Connecticut. Foto Carol M. Highsmith, via Wikimedia.
Philip Johnson, Glass House, 1949, New Canaan, Connecticut. Foto Michael Biondo. Courtesy of The Glass House.
Philip Johnson, Glass House, 1949, New Canaan, Connecticut. Foto Staib, via Wikimedia.
Charles e Ray Eames, Eames House / Case Study House No. 8, 1949, Los Angeles. Foto Matthiasb, via Wikimedia.
Charles e Ray Eames, Eames House / Case Study House No. 8, 1949, Los Angeles. Foto IK's World Trip, via Wikimedia.
Charles e Ray Eames, Eames House / Case Study House No. 8, 1949, Los Angeles. Foto edward stojakovic, via Wikimedia.
Oscar Niemeyer, Casa das Canoas, 1952, Barra de Tijuca, Rio de Janeiro. Domus n. 302, Gennaio 1955.
Oscar Niemeyer, Casa das Canoas, 1952, Barra de Tijuca, Rio de Janeiro. Domus n. 302, Gennaio 1955.
Oscar Niemeyer, Casa das Canoas, 1952, Barra de Tijuca, Rio de Janeiro. Domus n. 302, Gennaio 1955.
Robert Venturi, Vanna Venturi House, 1964, Philadelphia. Facciata principale con Vanna Venturi. Foto Rollin R. La France. Courtesy of Venturi, Scott Brown, and Associates.
Robert Venturi, Vanna Venturi House, 1964, Philadelphia. Facciata laterale e retrostante. Foto George Pohl. Courtesy of Venturi, Scott Brown, and Associates.
Robert Venturi, Vanna Venturi House, 1964, Philadelphia. Sala da pranzo. Foto Rollin R. La France. Courtesy of Venturi, Scott Brown, and Associates.
Frank O. Gehry, Gehry Residence, 1977, Santa Monica, California. © Frank O. Gehry. Gehry Research Institute, Los Angeles
Frank O. Gehry, Gehry Residence, 1977, Santa Monica, California. © Frank O. Gehry. Gehry Research Institute, Los Angeles
Frank O. Gehry, Gehry Residence, 1977, Santa Monica, California. © Frank O. Gehry. Gehry Research Institute, Los Angeles
Shigeru Ban, Hanegi Forest, 1997, Tokyo. Foto Hiroyuki Hirai. Courtesy of Shigeru Ban.
Shigeru Ban, Hanegi Forest, 1997, Tokyo. Foto Hiroyuki Hirai. Courtesy of Shigeru Ban.
Shigeru Ban, Hanegi Forest, 1997, Tokyo. Courtesy of Shigeru Ban.
Werner Sobek, R128, Stoccarda, 1999, Germania. Foto e Copyright Zooey Braun. Courtesy of Werner Sobek.
Werner Sobek, R128, Stoccarda, 1999, Germania. Foto e Copyright Zooey Braun. Courtesy of Werner Sobek.
Werner Sobek, R128, Stoccarda, 1999, Germania. Courtesy of Werner Sobek.
Hemeroscopium House, Antón García-Abril, 2008, Las Rozas, Spagna. Foto Ensamble Studio.
Hemeroscopium House, Antón García-Abril, 2008, Las Rozas, Spagna. Foto Ensamble Studio.
Hemeroscopium House, Antón García-Abril, 2008, Las Rozas, Spagna. Courtesy of Ensamble Studio.
Ricardo Bofill, La Fábrica, 1975, Barcellona. Domus n.1055, Marzo 2021.
Ricardo Bofill, La Fábrica, 1975, Barcellona. Domus n.1055, Marzo 2021.
Ricardo Bofill, La Fábrica, 1975, Barcellona. Domus n.1055, Marzo 2021.
Bangkok Project Studio, Back of the House, 2023, Bangkok, Thailandia. Foto Spaceshift Studio.
Bangkok Project Studio, Back of the House, 2023, Bangkok, Thailandia. Foto Spaceshift Studio.
Bangkok Project Studio, Back of the House, 2023, Bangkok, Thailandia. Courtesy of Bangkok Project Studio.
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- Kevin Santus
- 20 maggio 2024
Abbiamo raccolto una selezione di storie che oltre a spaziare nella geografia tocca momenti storici fortemente diversi, dalla storica Casa Studio di Frank L. Wright costruita nel 1898 a Chicago, all’Hemeroscopium House di Antón García-Abril (fondatore di Ensamble Studio) costruita nel 2008 a Madrid, fino al progetto in continua trasformazione de La Fabrica di Ricardo Bofill, che dal 1974 è un cantiere in continua trasformazione. Le case sono raccontate attraverso immagini provenienti dalle fondazioni degli architetti e dagli articoli presenti nell’archivio Domus. I progetti costruiscono dei veri e propri ritratti dei loro stessi autori, riuscendo a sintetizzare la poetica dello spazio e la creatività che i diversi architetti hanno poi trasposto in diverse sperimentazioni. Presentate in una sequenza cronologica, le case riescono così a parlare anche di una sensibilità mutevole del concetto di abitare stesso, toccando i diversi contesti storici nei quali sono state realizzate, e, a loro modo, il ruolo di alcuni protagonisti che nell’ultimo secolo hanno inciso un’importante traccia nella cultura architettonica.
Per 20 anni Wright visse e lavorò nella sua casa studio a Oak Park, nei sobborghi di Chicago. Il progetto si costituì attraverso due momenti principali: il primo vide la costruzione del volume della residenza privata, alla quale fu poi aggiunto lo studio nel 1898. La Casa Studio rappresentò per Wright un momento di libera sperimentazione e di sviluppo del celebre Prairie style e dell’organicismo planimetrico. Da qui provengono i numerosi progetti che, a partire dallo stesso sobborgo, avrebbero poi spaziato per tutto il Nord America, portando la modernità nelle abitazioni private. I volumi alternano mattoni e scure scandole lignee, mentre i vari corpi sono scanditi dalle aperture che mediano la luce attraverso vetri decorati. Il timpano d’ingresso segna uno degli elementi più riconoscibili del progetto, insieme al volume ottagonale nel quale è ospitata la biblioteca della casa.
L’Immeuble Molitor è un edificio parigino progettato da Le Corbusier e Pierre Jeanneret, nel quale, all’ultimo piano, Le Corbusier aveva ricavato il suo atelier di pittura e la sua abitazione. L’appartamento, di 240 metri quadrati, è suddiviso in tre ambienti principali: il primo destinato alle attività artistiche, vede un grande apporto di luce naturale, un soffitto a volta e la predominanza del colore bianco per tutte le superfici. Il secondo è costituito dallo spazio per la scrittura e si apre alla vista sul paesaggio urbano circostante; il terzo invece è costituito dai vari servizi e spazi accessori, quali sgabuzzini, bagni ecc.
Attraverso ampie aperture, pareti pivotanti e ampi spazi liberi, il progetto potrebbe richiamare l’idea di una summa della poetica di Le Corbusier, incapsulando la poetica della luce e la continuità dello spazio.
La casa studio dove Aalto visse fino alla sua scomparsa nel 1976 costituisce un esempio del suo approccio romantico alla pragmaticità dell’architettura. A differenza della Villa Mairea, che la anticipa di pochi anni, la Casa Aalto è un ambiente intimo e accogliente, caratterizzato da interni caldi e dalla finitura in mattoni.
Posizionata su un leggero declivio, la casa definisce un basamento in pietra e cemento, sul quale si innestano alcuni volumi semplici, intervallando pareti dipinte di bianco con rivestimenti in legno scuro. All’interno, la residenza distribuisce alcuni spazi maggiormente luminosi e ampi al piano terra, con la funzione di atelier, mettendo invece in sequenza gli spazi di servizio, e inserendo al piano superiore le camere da letto.
Arrivato in America, Gropius si cimentò come sua prima opera nel disegno della sua residenza privata. Nel progetto si fondono con sensibilità uno “spirito regionale con un approccio contemporaneo al design”, come l’architetto scrisse alcuni anni dopo; una casa che, affermò ancora, non avrebbe mai costruito in Europa.
L’abitazione è una costruzione leggera, in cui la luce attraversa lo spazio, e la distribuzione segue logiche funzionaliste. Una serie di camere, corridoi ridotti alla minima dimensione, soggiorni e spazi aperti costruisce una sequenza continua dell’abitare, dove i prospetti sono dettati dalla distribuzione interna.
La casa studio del grande architetto messicano è un complesso sistema di stanze, che insieme formano il corpo abitato, a cui fa da controparte un vuoto, un ampio giardino dalla vegetazione rigogliosa che definisce un’oasi all’interno del caos urbano. Il progetto è introverso, chiudendosi verso l’esterno, con il quale comunica attraverso poche aperture che tagliano alti muri. Le ampie finestre si rivolgono invece verso l’interno della corte, rivelando una relazione diretta con la natura, mentre i colori sgargianti, tipici dell’architettura di Barragán, risuonano nelle stanze interne e nei volumi puri.
Definita come l’opera magna di Johnson, la Glass house prende chiara ispirazione dalle architetture di Mies van der Rohe. La simile casa Farnsworth fu completata due anni dopo la Glass house, tuttavia Johnson poté vederne il modello durante l’esposizione nel 1947 al MoMa.
La Glass house è quindi un volume puro, la struttura in acciaio è ridotta al minimo, mentre le vetrate uniscono l’intero paesaggio con l’interno. Qui, il solo volume presente è quello del bagno, un cilindro in mattoni che buca la copertura, mentre gli altri spazi sono definiti dai soli elementi di arredo. Il volume puro si inserisce all’interno di una vasta proprietà all’interno della quale altri edifici costituiscono una serie di padiglioni che completano le funzioni dell’abitare dell’architetto. Da una galleria per i dipinti, alla guest house, sino ad una galleria di scultura, ogni padiglione aggiunge non solo un volume ma un’ideale stanza all’interno del parco.
Disegnata per la prima volta nel 1945 insieme a Eero Saarinen, la casa si costituisce di un semplice volume di vetro e metallo, accanto alla quale un secondo volume ospitava lo studio dei coniugi, alto quanto il volume residenziale ma più corto nel suo sviluppo longitudinale. La casa si inserisce all’interno della sperimentazione che i coniugi fecero sul tema dell’abitare, rimanendone l’esempio più celebre, dimostrandosi quasi come un manifesto della loro architettura. Il chiaro riferimento al movimento De Stijl fa di quest’opera uno degli esempi più importanti dell’influenza europea in America. Le facciate geometriche ricordano i proporzionamenti di un quadro di Mondrian, mentre finestre e porte scorrevoli diventano pannelli sottili e leggeri. L’interno della casa presenta infine un ampio spazio continuo, che sembra porre in continuità paesaggio e casa.
Lo stesso Niemeyer, riferendosi al progetto per la sua casa di famiglia disse: "La mia preoccupazione era di progettare la residenza liberamente e di adattarla alle irregolarità del territorio, trasformandola in curve, in modo che la vegetazione potesse entrarvi senza separazione o deviazione dalla linea retta."
E così Casa das Canoas si muove fluida nel terreno sul quale poggia, con una copertura curviforme che si snoda nello spazio e tra la vegetazione rigogliosa, mentre il volume abitato retrocede dalla linea di gronda in una sequenza di vetrate e muri intonacati. Connessa alla casa, una piscina le fa da controparte, mentre un masso diventa l’elemento di connessione tra le due figure.
Uno dei primi e più importanti lavori di Venturi, la Vanna Venturi House – in cui lui abitò assieme alla madre e committente fino al matrimonio con Denise Scott Brown nel 1967 – è senza dubbio una casa manifesto. Il progetto rivela già molto della cifra postmoderna dell’architetto, in un’ibridazione di elementi diversi come un rigetto di varie istanze tipiche del modernismo. La facciata unisce un grande timpano spezzato, eco dell’architettura manierista, con architrave ed arco, a finestre di varie dimensioni che trovano una sintonia geometrica, anch’essa in rottura con il linguaggio tipico fino a quel momento. Seppur di piccole dimensioni, la casa diventa monumentale, innestando già molti di quei concetti che renderanno l’architettura di Venturi un mosaico di complessità e contraddizioni.
Nella Gehry Residence, l’architetto americano sviluppa quello che è considerato uno dei primi esempi di architettura decostruttivista. Lavorando con materiali quali legno, vetro e metallo, Gehry reinventa alcune porzioni di facciata di una vecchia casa costruita nel 1920, comprata assieme alla moglie. Lasciando quasi inalterate le facciate originarie, il nuovo progetto avvolge tre lati della casa, inglobandola e ampliando gli spazi interni. Il nuovo volume vede però le sue facce rompersi, ruotare, sparire in alcuni punti, trasformando il nuovo corpo aggiunto in una frammentazione di pareti. Sul fronte strada, la nuova parete rivestita in metallo viene prolungata rispetto al volume abitato, generando un muro libero, scenografico, già indizio delle sperimentazioni future dell’architetto.
Il lotto sul quale Shigeru Ban ha progettato e costruito la sua abitazione vedeva la presenza di 27 alberi. Questi sono diventati l’elemento cardine che ha definito lo sviluppo della casa, oltre che il nome del progetto, che ha avuto come obiettivo quello di non abbattere nessun albero. Per far questo, l’architetto nipponico ha studiato una maglia strutturale a base triangolare (di 4 metri di lato) in grado di distribuire uno spazio sufficientemente grande e stabile rispettando gli alberi esistenti. Il volume che ne è risultato è stato poi forato nei vari punti in cui la vegetazione si trovava ad intersecarlo, attraverso bucature circolari ed ellittiche, caratterizzate dall’uso del vetrocemento. La regolarità dell’architettura è così scandita da continui momenti di vegetazione, curvature ed eccezioni, generando un edificio nel quale i vari appartamenti ritrovano una connessione fisica con la natura.
L’architetto tedesco Werner Sobek si è affermato negli anni per la sua sensibilità rispetto ai temi ambientali e climatici. La sua poetica fortemente legata all’aspetto tecnico vede nel progetto per la sua residenza privata, R 128, un prototipo di quella che è divenuta la progettazione autosufficiente e sostenibile.
L’edificio di quattro piani è pensato come interamente riciclabile, smontabile e pienamente autosufficiente dal punto di vista energetico. L’architettura diventa uno scheletro essenziale, e le facciate vetrate immergono il volume nel contesto vegetale, che viene al contempo rispecchiato. La casa dialoga poi con l’esterno attraverso un ponte sospeso al quarto piano e una griglia metallica che fa da camminamento esterno per il basamento.
L’architetto fondatore di Ensamble Studio, Antón García-Abril, progetta nel 2008 la sua residenza privata: un progetto che, a partire dal nome, ha voluto denunciare una ricerca quasi utopica dell’architettura. La casa si costruisce infatti attraverso la giustapposizione apparentemente momentanea, instabile di strutture dalla dimensione enorme. Travi di ordine gigante si sovrappongono le une alle altre, definendo, assieme a notevoli aggetti, gli spazi della casa. Il progetto ha richiesto una notevole complessità in termini di calcoli strutturali e processi di prefabbricazione, traducendosi in un anno di ingegnerizzazione e soli sette giorni per la costruzione. Hemeroscopium House materializza, nell’idea di García-Abril, il concetto della gravità e della fisicità con la quale la struttura definisce i pieni e i vuoti della casa stessa. Eppure, nonostante la dimensione delle travi, i grandi aggetti e le parti a sbalzo riescono a restituirle un’idea di leggerezza, in cui il vuoto pare vincere sul pieno.
Nella periferia di Barcellona, nel 1973, Ricardo Bofill inizia un progetto destinato ad una continua trasformazione, che ha rigenerato un vecchio cementificio nella casa dell’architetto e nel suo studio, Ricardo Bofill Taller de Arquitectura. All’interno del vasto complesso, unendo l’estetica industriale con la sensibilità individuale dell’architetto, negli anni sono stati creati una biblioteca, il laboratorio modelli, un archivio, e le varie parti della residenza privata. Una vera e propria cattedrale, dove a fare da scenografia ai vari spazi sono gli alti soffitti dell’impianto preesistente.
L’architetto Boonserm Premthada, a capo dell’ufficio thailandese Bangkok Project Studio, ha costruito per sé una casa distribuita su tre piani, che attraverso la frugalità degli interni e l’impermeabilità ruvida degli esterni scrive il proprio carattere urbano.
Eretta in un denso tessuto costruito nella città di Bangkok, la casa è riconoscibile per l’utilizzo dei mattoni artigianali, dove la malta usata deborda e crea una continua variazione plastica come espressione artistica. L’effetto grezzo dell’architettura ritorna negli interni, spogli, in cui le aperture trasparenti cercano un contatto con il vicino parco urbano. La semplicità della casa fa così del materiale da costruzione il suo principio poetico, occupando il lotto nella sua interezza, altro elemento connotativo è la smaterializzazione di una delle quinte murarie, che lasciano spazio ad un grande varco verso l’esterno: elemento che riesce a far traguardare lo sguardo e la luce.