L’entusiasmo per l’inaugurazione, il 14 ottobre 2021, delle grandi esposizioni dedicate ai giganti Raymond Depardon e Saul Steinberg non deve far dimenticare che la Triennale di Milano ospita in queste settimane anche tre valide mostre d’architettura. Diverse per contenuto e per la scala dei loro allestimenti, “Carlo Mollino. Allusioni iperformali” (a cura di Marco Sammicheli), “Pietro Lingeri. Astrazione e costruzione” (a cura di Gabriele Neri) e “10 viaggi nell’architettura italiana” (a cura di Matteo Balduzzi, Alessandra Cerroti e Luciano Antonino Scuderi) sono progetti indipendenti e come tali meritano di essere presentati. D’altra parte, una loro visita in sequenza è raccomandata perché valorizza appieno le sovrapposizioni cronologiche, le interazioni tematiche e le affinità estetiche di questi tre nuovi paragrafi della grande narrazione del Novecento architettonico italiano.
La rilettura della figura di Mollino proposta da Allusioni iperformali si articola attorno alla microstoria della suite da salotto progettata per Casa Albonico a Torino (1944-1946). L’acquisizione degli arredi in comodato d’uso da parte del Museo del Design Italiano, dopo il fortunoso salvataggio da un processo di esportazione già avviato, è l’occasione per riflettere su di un personaggio amato quanto frainteso, approfondito qui nei suoi legami proficui con la dimensione artigianale e con quella artistica. L’allestimento di bunker arc non tenta improbabili ambientamenti posticci ma decontestualizza la suite e la scompone nei suoi elementi singoli, che dialogano tra di loro secondo logiche altre rispetto a quelle che li associavano nello spazio domestico.
La stessa scatola espositiva è messa radicalmente in discussione, come racconta Carlo Gandolfi: “Il Cubo soffre della sua continuità con lo scalone, che è uno spazio urbano vero e proprio, affollato, rumoroso, luminoso. Le nostre strategie di progetto, ispirate al mondo del teatro più che a quello degli allestimenti, mettono in discussione questo legame concettualmente e praticamente. La sala è ripensata come uno spazio umbratile, grazie alla parziale schermatura del lucernario; ovattato anche grazie al nero quasi integrale dei suoi rivestimenti; non più simmetrico, perché abbiamo disassato la soglia d’ingresso rispetto al portale esistente; protetto e articolato dai nuovi setti curvilinei. Queste e altre soluzioni, come l’utilizzo di pedane specchiate, contribuiscono allo spaesamento e alla messinscena di quelli che consideriamo come i frammenti di un’‘archeologia molliniana’”.
Gabriele Neri, che ha curato recentemente la bella retrospettiva su Vico Magistretti, sempre in Triennale, si interessa ora a Pietro Lingeri. “Astrazione e costruzione” è il primo momento di sintesi e condivisione con il pubblico del lavoro che sta dirigendo di digitalizzazione dell’archivio dell’architetto comasco. Conosciuto innanzitutto per le sue collaborazioni, in primis quella con Giuseppe Terragni, Lingeri non può in alcun modo essere ridotto alla sua fase razionalista degli anni ’30. Come afferma Neri, “è esistito un prima, un inizio di stampo più storicista, barocco e novecentista, e un dopo, un dopoguerra di nuove tematiche e nuove sfide, che devono essere riscoperti per ricostruire integralmente la linea continua che Lingeri ha tracciato lungo più di cinque decenni”.
Con un approccio diacronico, le sue opere sono descritte con materiali d’epoca, fotografate dagli obiettivi contemporanei di Filippo Romano e Mattia Balsamini, immortalate nelle reinterpretazioni di artisti come Lisa Borgiani, e persino visualizzate nella loro dimensione social – ad esempio la Villa Leoni a Ospedaletto di Ossuccio (1938-1944), a disposizione su Airbnb come casa vacanze e pubblicizzata come location per set fotografici. I modelli e le immagini di alcuni edifici contemporanei di David Chipperfield, Herzog & de Meuron, Onsitestudio – questi ultimi autori anche dell’allestimento – e Alessandro Scandurra testimoniano della persistenza di temi propriamente moderni esplorati da Lingeri, ad esempio la riflessione sul telaio costruttivo, nelle ricerche di alcuni progettisti colti dei nostri giorni.
Un’Italia moderna, tardo moderna e postmoderna è anche quella rappresentata nelle più di 100 fotografie che compongono i “10 viaggi nell’architettura italiana” – e che, bisogna dirlo, emergono un po’ a fatica dalla selva di tubolari in acciaio dell’allestimento di Studio Folder. È un secondo Novecento piuttosto inedito, in parte ben conservato e in parte acciaccato, fatto anche di piscine vuote, piastrelle sbrecciate, cementi crepati e intonaci da rinfrescare. Un paesaggio costruito ancora in evoluzione – le opere più recenti risalgono agli anni 2010 – costituito da architetture anche eccezionali, eroiche, che la presentazione in serie riconduce a una dimensione positiva di ordinarietà.
La mostra è il risultato della seconda campagna promossa dal Ministero della Cultura per ampliare la piattaforma digitale Atlante Architettura Contemporanea, in linea dal 2018. Il progetto, episodio virtuoso di investimento pubblico sulla fotografia, nasce con l’obiettivo dichiarato di “mappare e divulgare presso un pubblico ampio e non specialistico la conoscenza delle architetture italiane dalla seconda metà del Novecento a oggi grazie al linguaggio fotografico”. Risuonano in queste parole echi precisi delle grandi missioni fotografiche degli anni ’80, dalla Mission Photographique de la Datar dello stato francese al progetto artistico del Viaggio in Italia di Luigi Ghirri. Come i loro illustri predecessori, anche i viaggi presentati in Triennale sono un’impresa corale sospesa tra l’esigenza condivisa di documentazione di 250 architetture e le modalità di espressione artistica proprie di ognuno dei dieci fotografi coinvolti.
Tra di loro c’è anche Allegra Martin, che porta in Triennale le immagini di due progetti di Mario Galvagni, l’urbanizzazione di Torre del Mare a Bergeggi (a partire dal 1954) e il condominio Giomein 2 di Valtournenche (1964-1967). “Ho interpretato questo incarico con il massimo senso di responsabilità”, racconta Martin. “Di fatto, quella che ci ha affidato il ministero è per così dire una ‘missione’, da due punti di vista. La missione di rendere il patrimonio dell’architettura italiana del Novecento comprensibile, leggibile anche per un pubblico di non specialisti; e la missione di costruire un archivio ragionato, che sia fonte e riferimento per chi studierà questi temi nel futuro. È una circostanza che ha influenzato anche le mie scelte sul piano tecnico: diversamente da quando faccio di solito, ad esempio, ho scelto di utilizzare il formato di pellicola più comune, il 35 mm, che grazie alla sua estensione orizzontale permette d’includere nello scatto la maggior quantità possibile d’informazioni”.
- Mostra:
- Carlo Mollino. Allusioni iperformali
- Luogo:
- Triennale di Milano
- A cura di:
- Marco Sammicheli
- Progetto di allestimento:
- bunker arc / Carlo Gandolfi – Roberto Molteni
- Date:
- 4 settembre – 7 novembre 2021
- Mostra:
- Pietro Lingeri. Astrazione e costruzione
- Luogo:
- Triennale di Milano
- A cura di:
- Gabriele Neri
- Progetto di allestimento:
- Onsitestudio
- In collaborazione con: :
- Elena Lingeri, responsabile Archivio Pietro Lingeri
- Date:
- 8 ottobre – 21 novembre 2021
- Mostra:
- 10 viaggi nell’architettura italiana
- Luogo:
- Triennale di Milano
- A cura di:
- Matteo Balduzzi, Alessandra Cerroti, Luciano Antonino Scuderi
- Fotografie di:
- Roberto Boccaccino, Marina Caneve, Davide Cossu, Louis De Belle, Luca Girardini e Marco Zorzanello, Paolo Lindozzi, Allegra Martin, Simone Mizzotti, Flavia Rossi, Alberto Sinigaglia
- Date:
- 1 ottobre – 7 novembre 2021