Se siete mai passati per qualche aeroporto asiatico in passato, avrete sicuramente notato un buon numero di persone che indossavano maschere chirurgiche in pubblico. In alcune culture asiatiche, indossare una maschera è visto come una normale precauzione per proteggere altre persone dai propri germi, nel caso si sia affetti da raffreddore o influenza. L'epidemia di Coronavirus ha invece convinto sempre più persone, in Asia come nel resto del mondo, a indossare maschere per proteggersi dagli agenti patogeni emessi da altri individui. Pur essendo utili in una certa misura, le comuni maschere che si comprano in farmacia sono per lo più inefficaci nel proteggerci dai virus come il Covid-19, sia perché chi non ha avuto una formazione medica adeguata non segue il protocollo d'uso corretto, sia perché altre aree sensibili come gli occhi rimangono esposte al contagio. Ciò per cui le maschere sono generalmente utili, però, è il motivo per cui molte persone asiatiche le usano mentre sono malate: proteggono gli altri dalle goccioline ricche di agenti patogeni che tossiamo o starnutiamo.
Se indossare una maschera diventa normale
L’epidemia di Coronavirus ha portato molte persone a indossare una maschera negli spazi pubblici. La maggior parte non sono in grado di proteggerci dagli agenti patogeni, ma possono proteggere gli altri dai nostri germi e filtrare l’aria inquinata con un tocco di stile.
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- Andrea Nepori
- 18 febbraio 2020
Ciò che serve perché una maschera sia efficace nel proteggere chi la
indossa sono l’adesione perfetta ai contorni del viso, insieme a una
certificazione di efficienza di filtrazione dei virus (VFE) e di
efficienza di filtrazione dei batteri (BFE). Alcune start-up
internazionali hanno iniziato ad offrire maschere con queste
caratteristiche molto prima dell'epidemia di Coronavirus: sono tutte
destinate (purtroppo) ad acquisire popolarità a causa del potenziale di
una pandemia, mentre dai loro siti già è possibile vedere che gli stock
delle misure più comuni sono già esauriti.
Anche se efficaci,
questo tipo di maschere non sono state pensate come maschere per fermare
gli agenti patogeni. Nascono invece con l'obiettivo di filtrare
efficacemente l'inquinamento fino alle particelle più fini. R-Pur,
sviluppata in Francia, per esempio, è una maschera pensata
esplicitamente per chi va in bicicletta o guida una moto nel traffico
cittadino. Viene fornita con un'app dedicata per smartphone che indica
quando è il momento di cambiare il filtro in base all’intensità di
utilizzo.
La startup australiana AusAir muove da presupposti
simili, ma ha deciso di commercializzare il suo prodotto con un
approccio più orientato al fashion, creando un vero e proprio lookbook.
Nelle foto i modelli indossano le maschere dell'azienda mentre posano
come in un normale cataologo di moda: il risultato è vagamente
distopico.
Infine, Cambridge Mask Co. vende una linea di maschere
con una "tecnologia a triplo filtro" come "soluzione britannica contro
l'inquinamento". Anche se disponibili in una gamma di colori e modelli,
le maschere di Cambridge non sono così alla moda come le due
concorrenti. Ciononostante, molte persone postano foto su Instagram e
taggano l'azienda. Nelle foto, tutti indossano la maschera mentre
svolgono attività quotidiane e sorridono. O almeno, così sembra:
impossible dirlo, visto che indossano la maschera.
Mentre solo
pochi mesi fa avremmo probabilmente messo in discussione l'uso di una
maschera in pubblico o l'avremmo associata alle cattive condizioni di
salute della persona che la indossa, l'epidemia di Coronavirus sta
iniziando a cambiare la nostra percezione. Siamo all'inizio di un'era in
cui le maschere diventeranno accessori comuni della nostra vita
quotidiana? L'epidemia di Coronavirus sta contribuendo a cambiare il
modo in cui consideriamo l'uso di un dispositivo che copre parzialmente
il nostro volto, rendendoci così irriconoscibili? E se ci abitueremo a
constatare continuamente l'esistenza di minacce invisibili alla nostra
salute - provenienti da altre persone - applicando metodi volti a
proteggerci continuamente, come cambieranno le interazioni non verbali
su cui basiamo gran parte della nostra vita sociale? Queste sembrano
tutte domande poco importanti, in un momento in cui non sappiamo ancora
come l'epidemia si evolverà a livello globale, ma vale la pena farle se
ci interessa il modo in cui calamità come l'epidemia di Coronavirus
possono plasmare il nostro concetto di convivenza in una società
globalizzata.