Ini Archibong, americano di origine nigeriana, nato e cresciuto a Pasadena, con un debole per la ricerca della bellezza, ispirata da un personalissimo misticismo espressivo, è definito “creativo del futuro-presente” e sostiene che per la prima volta in tanti anni si è arrivati al punto in cui il mondo sembra guardare alla storia di noi tutti in modo inclusivo. Per questo motivo non si può continuare a parlare appunto di storia o di cultura (passata, presente o futura) senza considerare il grande contributo portato dalla cosiddetta african diaspora. E proprio a questo argomento è dedicato il padiglione che gli è stato commissionato in occasione della prossima edizione della London Design Biennale, diretta da Es Devlin – dal 1 al 27 giugno, alla storica Somerset House. Il padiglione intende rendere omaggio e merito ai contributi apportati nel tempo dalla comunità afro e celebrare il suo straordinario impatto attraverso “il nostro punto di vista, i nostri successi e le nostre voci”, aggiunge l’autore. Questa struttura parla la “lingua del suo contenuto”, e narra una storia a lungo omessa; un padiglione ispirato alle forme armoniche e sinuose della natura, tra cui quella della conchiglia Corno di Tritone, e che sarà vivo perché animato da un fitto programma di incontri, performance, talk e progetti educativi sul tema, sotto la supervisione di un comitato di global leaders tra cui Robert Battle, Artistic Director de Alvin Ailey American Dance Theater, Franklin Sirmans, Direttore del Perez Art Museum di Miami e Monetta White, Direttore del Museum of the African Diaspora di San Francisco.
Intervista a Ini Archibong, creativo del futuro-presente
Il curatore dell’African Diaspora Pavilion alla prossima London Design Biennale 2021 ci racconta la sua visione del mondo e del progetto: un’occasione per avvicinarsi alle persone.
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- Maria Cristina Didero
- 27 maggio 2021
Non solo il software ma anche l’hardware è un’opera corale: l’architettura è infatti realizzata in collaborazione con Tamara N. Houston di ICON MANN e direzione dei lavori di Zena Howard, di Perkins + Will. Ad Archibong piace la coralità, il lavoro di gruppo che si snoda forte verso una unica direzione, la comunione delle cose. Il suo concetto di bello, di sano, buono, positivo è più vicino a una certa forma di spiritualità applicata che a una perfetta forma tangibile della materia – che peraltro sa gestire in maniera impeccabile. Il linguaggio di Ini Archibong è olistico e onnicomprensivo, utilizza coordinate sensoriali per comunicare più prospettive di visione e di pensiero, qualsiasi sia la tipologia di oggetto/progetto a cui si sta dedicando: una seduta per Knoll, un tavolo per Sé Collection o Bernhardt Design, un orologio da polso per Hermes, un brand in grado di trasmettere al meglio quella particolare idea di sublime e magia che per Archibong costituisce il motivo per cui ama rimmaginare la realtà. Domus ha incontrato Archibong per saperne di più.
Qual era il tuo sogno da bambino?
Volevo essere un supereroe, anche perché pensavo di non essere così portato per un lavoro in particolare. Vengo da una famiglia nigeriana, sono persone pratiche, forse volevano che diventassi un avvocato, un medico o che lavorassi in banca. Ero bravo nello sport e in ambito creativo, ma non ho mai pensato che potesse essere il mio lavoro, pensavo che potesse diventare solo un hobby e che alla fine sarei finito per diventare un medico o un ingegnere.
Quindi all'inizio non sapevi di voler fare questo lavoro?
No. Studiavo economia e ho mollato per fare qualcosa di più legato al mondo della creatività, anche se all'epoca non sapevo cosa sarebbe stato esattamente visto che facevo molte cose, fra cui dipingere, comporre musica e cose del genere. Ma poi ho trovato la mia strada a 24 anni iniziando il mio percorso attuale.
Pensando al Padiglione della Diaspora Africana, qual è il ruolo del designer/architetto all'interno della sua società al giorno d'oggi, e qual è la responsabilità legata a concepire uno spazio pubblico con un significato così forte e denso?
Credo che ci debba essere un impegno nella società. Ma penso anche che i creativi, come i designer e gli architetti, a volte hanno perso la prospettiva delle persone. Penso che dovremmo avere una comprensione degli effetti degli spazi che progettiamo: dovrebbero essere più potenti per una società sana. I designer e gli architetti occupano un posto speciale all'interno della società, devono preoccuparsi e pensare alle persone. Io personalmente mi sento abbastanza coinvolto, o almeno faccio del mio meglio. Vorrei aiutare le persone ad avere un'esperienza di vita migliore nella loro quotidianità. È importante creare uno spazio e darlo alle persone per far sperimentare a loro il messaggio che si vuole trasmettere. Lo spazio è dedicato a coloro che vogliono cambiare le cose.
È importante creare uno spazio e darlo alle persone per far sperimentare a loro il messaggio che si vuole trasmettere. Lo spazio è dedicato a coloro che vogliono cambiare le cose.
Stavo leggendo il tuo racconto sulle conchiglie; qual è il tuo rapporto con la natura?
È piuttosto forte e rilevante per me. Sono sicuramente più felice quando sono circondato da alberi e quando sono vicino a una qualsiasi fonte d'acqua. Questa connessione è importante, la maggior parte della mia ispirazione viene dalla natura. Non per imitare la natura, non per replicarne le forme, ma per trasmettere un po' di energia, possibilmente. Come quello che faccio è solo tradurre le cose nel mio lavoro, vorrei tradurre nei miei oggetti la stessa magia che ci ha mostrato la natura. Tutte le forme artificiali che sono sotto i nostri occhi, che vediamo, sono già state create dalla natura.
A proposito del movimento Black Lives Matter, come pensi che sarebbe possibile raggiungere una sorta di "riparazione" oggi? E, secondo la tua opinione, esiste uno strumento pacifico per combattere la disparità?
Dovremmo parlare di questi argomenti già da molto tempo. I diritti non sono politici, sono naturali. Sono un essere umano, non un essere politico. La Biennale è un luogo dove possiamo creare, esprimere e stabilire la nostra presenza. Sono consapevole di chi sono. Ho origini nigeriane e sono americano. I miei amici sanno solo che sono neri e che sono americani, in modo "non politico".
Potresti spiegare qual è secondo te la differenza tra artigianato e design?
Quando gli oggetti sono fatti a mano, c'è l'imperfezione. Il lavoro fatto a mano è abbastanza riconoscibile. Ho fatto una maschera di vetro a Murano, realizzata bene, ma non può essere paragonata a una sedia che ho fatto per Knoll. La sedia è industrializzata. Quello che hanno in comune è che derivano da un'intuizione artistica. La grande differenza è che con i pezzi artigianali, c'è più margine affinché l'universo possa iniettare la sua magia per ottenere un risultato innovativo e unico. Con un prodotto industriale devo fare tutto da solo in una fase previa, perché l’oggetto sarà lo stesso per sempre. Naturalmente, con quest'ultimo, è più facile controllare come viene combinato il materiale e anche gli aspetti finanziari ed economici.
Solo tre parole per descrivere la vita che stai conducendo ora.
Com'è la vita a Neuchâtel, Svizzera, dove vivo ora? Vivo in solitudine, vivo una vita abbastanza solitaria con o senza la pandemia, con idee positive e propositive. E lavoro molto. Mi piace la tranquillità perché sono sempre molto occupato.
Immagine di apertura: Ini Archibong. Foto Julian Anderson