Here è un film composto da una sola inquadratura. Lo ha diretto Robert Zemeckis e ci sono Tom Hanks e Robin Wright (lo stesso trio di Forrest Gump). È interamente realizzato da un unico punto di vista, come se una macchina da presa fosse stata piantata e accesa in un punto a partire dalla preistoria, con la vita e le costruzioni che si sviluppano intorno ad essa nei millenni successivi, mentre continua a riprendere, raccontando lo scorrere delle esistenze di chi passa o soggiorna davanti all’obiettivo. L’idea nasce dalla graphic novel omonima di Richard McGuire e, infatti, il film adotta anche la struttura a finestre tipica dei fumetti per facilitare il passaggio da un’epoca all’altra.
Lo scopo è intrecciare la storia di una famiglia (da quando entra in quella casa con la generazione dei genitori fino a quando ne esce con la generazione dei nipoti) nella più grande storia dell’umanità. Il fascino sta tutto nel raccontare qualcosa di grandioso attraverso una prospettiva molto piccola, perché per il 90% del film a essere inquadrato è il medesimo punto di un salotto. Si salta dagli anni ’20 del Novecento all’epoca dei nativi americani, per poi tornare agli anni ’70, al presente e al tempo di Benjamin Franklin, seguendo diverse trame che avvengono in quel fazzoletto di terra.
Sono quindi gli arredi a parlare: il design degli interni e il modo in cui persone diverse arredano diversamente la casa, rivelando molto su di loro. L’arredamento borghese della famiglia ottocentesca grida terrore di qualsiasi avventura, mentre quello caotico e alla moda, pieno di piante e dettagli art decò della coppia degli anni ’20 è selvaggio e moderno, proprio come loro. Il continuo passaggio da un’epoca all’altra mette in evidenza il mutamento, le differenze e il modo in cui certi stili e decisioni, anche relative agli spazi, riflettono il tempo in cui vivono i personaggi. Alcuni, in particolare.
Il fascino sta tutto nel raccontare qualcosa di grandioso attraverso una prospettiva molto piccola, perché per il 90% del film a essere inquadrato è il medesimo punto di un salotto.
Molte delle storie intrecciate che seguiamo infatti vengono solo accennate (una coppia molto unita inventa un nuovo tipo di poltrona; due nativi americani si conoscono e hanno un figlio nella foresta; Benjamin Franklin ha una questione con la sua famiglia; una famiglia afroamericana si trasferisce nel presente; un’altra, ai primi del Novecento, vive lì perché c’è un aeroporto vicino). Ma quella che seguiamo di più è la storia di una famiglia dal dopoguerra ai primi anni Duemila. È la storia della generazione dei baby boomer, quella di Zemeckis, Wright e Hanks, che parte con i genitori arrivati lì dopo la guerra, continua con le disavventure lavorative del padre e prosegue con la crescita del personaggio di Tom Hanks, l’incontro con la fidanzata, il matrimonio e la vita in quella casa fino alla vecchiaia e alla morte dei genitori. È una storia di amarezze e sconfitte, di aspettative tradite e nessun trionfo.
Questa parte, più corposa e importante, è quella che più di tutte parla attraverso il design degli interni. Numerose sono le scene in cui vediamo i personaggi intenti a rassettare, rimodernare, cambiare qualcosa o semplicemente addobbare e preparare la tavola per una grande cena. Tutto il film sembra svolgersi durante un cambio di interni e la disposizione dei mobili è un dettaglio cruciale in queste scene. Perfino l’acquisto di un certo divano per sostituirne un altro, diventa il simbolo più forte della frustrazione personale, del desiderio di soppiantare la generazione che è venuta prima e creare un nuovo nucleo autonomo. Il divano a fiori classico, ormai invecchiato, contro quello in pelle, moderno nel design e nella concezione. E proprio quel divano scomponibile diventa protagonista di molti eventi lungo gli anni.
Sono gli arredi a parlare: il design degli interni e il modo in cui persone diverse arredano diversamente la casa, rivelando molto su di loro.
Here è un film estremamente sentimentale, in cui il passare degli anni diventa un modo per parlare delle occasioni perdute e del rimpianto, ma anche dell’incedere veloce e inesorabile degli eventi che travolge i protagonisti, i quali, pensando di avere molto tempo a disposizione, si ritrovano invecchiati troppo in fretta. Il continuo andare avanti e indietro con gli stili di quel salotto fa sì che i mobili più che i personaggi ci segnalino in che punto del tempo siamo. In certi casi le scene stesse sono caratterizzate da chi le abita. Nel finale, il padre di Tom Hanks sarà bloccato a letto, sempre in quel salotto, trasformandolo in una sala da degenza.
C’è una componente puramente visiva, oltre che concettuale, in tutto questo. Considerando che la storia nasce da una graphic novel e che, quindi, è in grado di comunicare anche solo attraverso le immagini, non è difficile immaginare come l’arredo funzioni come un abito, indicando ogni volta il tono del momento, del periodo e della scena. In primo piano ci sono gli attori e i loro personaggi, ma sotto la storia dell’arredamento è quello che è raccontato, e attraverso essa la storia di un paese intero.
Pensiamo di assistere al ciclo di nascite, maturazioni e morti all’interno di alcune famiglie, con i trionfi e le sconfitte delle loro vite, ma, nel farlo, Here racconta la storia della nascita (con i nativi americani e poi con Benjamin Franklin) e della maturazione degli Stati Uniti d’America, attraverso i nuclei familiari. In particolare, attraverso una fase molto turbolenta e decisiva della sua storia: il Novecento. Un momento in cui gli Stati Uniti sono stati la più grande potenza del mondo, vivendo l’apice delle loro potenzialità, e, come il protagonista, hanno poi visto i loro sogni sgretolarsi. Le promesse della prima parte del secolo non sono diventate realtà nella seconda. Il sogno americano, ovvero la possibilità per tutti di trovare fortuna grazie al talento e alla determinazione, non è vero per questi personaggi.
Che tutto ciò avvenga in un luogo da cui si vede la villa coloniale in cui ha vissuto Franklin, attraverso le diverse tradizioni natalizie, osservando modelli sempre differenti di televisori e alternando tecnologie e oggetti di design, rappresenta un modo eccezionale per dire che la storia dell’arredamento lungo il Novecento è una delle molte maniere per raccontare la storia delle persone, dei loro sogni e della loro interiorità. Gli unici, in questo film, che realizzano il sogno di successo, lo fanno inventando la poltrona reclinabile La-Z-Boy. Di nuovo, un oggetto d’arredo (reale) che simboleggia la spinta imprenditoriale americana, il continuo slancio verso il nuovo, la possibilità di partire da zero dei grandi venditori e inventori del secolo scorso.