Design week, eterno specchio dei tempi? Inaugurata il 3 settembre in un clima rarefatto e scarsamente adrenalinico – dai marciapiedi vuoti mancano all’appello non solo i turisti, ma anche il pubblico internazionale dei professionisti dell’arredo - la Paris Design Week ha fatto un punto d’onore della volontà di non disattendere la sua rassicurante immagine di normalità. Per riuscirci, ora che l’edizione settembrina della fiera gemella Maison & Objet è virata in modalità digitale come ciclo di conferenze, il Fuori Salone alla francese ha scelto l’unica formula capace di rivelarsi sostenibile nei tempi magri della pandemia: operare in modalità agile, senza location e allestimenti faraonici, serrando i ranghi di una comunità locale che ha risposto compatta all’appello – lo conferma il payoff della manifestazione, “je participe”, esibito come un vanto sulle tante locandine degli aderenti- talvolta a discapito dell’effettiva presenza di anteprime, e persino della presenza massiccia di prodotti in catalogo.
Paris Design Week, la déco federata al tempo della crisi
Orfana di Maison & Objet, la settimana del design francese sceglie la via della continuità, serrando i ranghi della comunità locale e dando il meglio di sé nei progetti che guardano a nuovo lusso e sostenibilità low tech.
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- Giulia Zappa
- 11 settembre 2020
A guadagnarsi un posto al sole in uno scenario senza sostanziali novità da parte delle grandi aziende sono soprattutto i giovani e i marchi emergenti. All’Espace Commines, una nutrita collettiva ha offerto una fotografia rappresentativa delle diverse anime del design d’Oltralpe, che vedono la ricerca formale intorno a pezzi scultorei (Atelier Lavit, la selezione di art design curata da Collectible) convivere con una crescente attenzione per il tema della sostenibilità e dell’economia circolare (il nuovo marchio di arredi Noma, la collettiva Demain Plus Beau!) e con ricerche personali tutte giocate sullo choc e il divertissement (Atelier Super, Studio Birgit Severin). L’attenzione sui giovanissimi è poi rafforzata dai progetti delle scuole come l’Ensad, l’Ensci, la Boulle, che compensano il deficit di graduation show del deconfinamento presentando progetti di tesi in bilico tra artigianalità in chiave locale, oggetti smart, e problem-solving sostenibile in chiave low-tech.
Un’altra piattaforma per raccontare il giovane design che gravita intorno alla capitale ce lo offre il grande magazzino BHV Marais. Quest’anno un po’ a corto di fiato, il suo Observatoire dedicato ai Rising Talents, storica piattaforma della fiera Maison & Objet traghettato qui dalla contingenza Covid, ci ripropone troppi nomi e progetti già visti nello stesso distretto – seppure di valore, si badi bene, come nel caso della ricerca di Wendy Andreu o del duo Formel, o dei pannelli ricavati da tessuto riciclato pierreplume® in mostra anche agli Ateliers de Paris - quasi a confermare una volontà di presenzialismo che, pur moltiplicando le possibilità di un coup de cœur del pubblico allargato, mette ancora più in luce in tempi di Covid gli effetti perversi della gerarchia del format sul contenuto.
Per scovare qualche inebriante novità, meglio allora affidarsi a quelle realtà che negli ultimi anni hanno saputo animare la rilettura del lusso alla francese con proposte colte, slegate da canoni monumentali e vistosi. Stupisce per la suggestione prossima al realismo fantastico e per la qualità della resa manifatturiera l’allestimento presentato da India Mahdavi nel suo spazio di rue de Bellechasse, esito di una collaborazione a quattro mani con talenti emergenti – Chris Wolston, Maximilien Pellet, Les Crafties. Riconfermata anche la vitalità del marchio Maison Matisse con la sua prima collezione di arredi a firma di Cristina Celestino, presentati in anteprima ed ispirati – come vuole il DNA del brand lanciato solo un anno fa – alla sensibilità e alla cultura artistica di Henri Matisse. Altro indirizzo capace di confermare le aspettative è quello della galleria Boon_Rooms con la sua prima collezione originale in edizione limitata, BOON_EDITION nº1, una serie di sedute in pietra del designer Pieter Maes a cavallo tra pathos totemico e minimalismo.
A sostenere le proposte del circuito – mutatis mutandis, non siamo forse in fase di riscoperta del welfare pubblico? - arrivano poi gli appuntamenti promossi dalle istituzioni. Rappresentazione dell’autorità politica e insieme risposta progettuale strettamente funzionale, Mobilier du XXIème siècle è l’esito del concorso lanciato nel 2019 per il tavolo del Consiglio dei Ministri: in mostra alla Galerie des Gobelins, espone oltre ai cinque progetti del palmarès anche alcuni storici arredi realizzati negli anni per Ministri e Presidenti. Ancora, sfidando senza riuscirci il primato del contenitore sul contenuto, la mostra Métal et Art allestita al primo piano della Tour Eiffel presenta una selezione di arredi in metallo dal fondo del Mobilier national.
Anche l’Italia, infine, gioca la sua parte. In una sala dell’Hôtel de Galliffet, sede parigina dell’Istituto Italiano di Cultura, l’installazione Haute Couture mette in scena il savoir-faire sartoriale del duo Servomuto, che con la curatela di Margherita Ratti regala una rilettura intimista e misurata del tema dell’abat-jour. Una metafora perfetta per tempi raccolti in un forzato chez-soi, e allo stesso tempo un’evocazione della capacità della luce, quanto mai necessaria, di traghettarci fuori dal tunnel.
Nella foto di apertura, paravento Reflet e tavolino Bianca di Maison Matisse, collezione Intérieur aux Aubergines, progetto di Cristina Celestino, foto Fabrice Gousset
- Parigi
- Paris Design Week 2020