Ancora una volta, Passionswege all’interno della Vienna Design Week porta giovani designer a lavorare in stretta collaborazione con i negozi e le società di maggiore tradizione storica della capitale austriaca.
Bertille & Mathieu
La coppia di designer svizzeri racconta a Domus come, ispirandosi agli archivi aziendali, ha trasformato lo showroom Lobmeyr in laboratorio per testare la combinazione di caramelle e cristallo.
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- Maria Cristina Didero
- 11 ottobre 2013
- Vienna
Tra le proposte di quest’anno, la performance della coppia Bertille & Mathieu (Bertille Laguet, Lione 1988, e Mathieu Rohrer, Vaud 1989) nel negozio Lobmeyr continua la tradizione di collaborazioni con artisti d’eccezione, iniziata dal maestro vetraio Josef Lobmeyr, che aprì la sua prima bottega a Vienna circa due secoli fa.
Dal 2000 Lobmeyr è diretto dalla sesta generazione della famiglia e Leonid Rath, insieme con Andreas e Johannes Lobmeyr, ha incrementato l’attività sui mercati esteri, ha dedicato attenzione alla collaborazione con una nuova generazione di designer e coltiva attentamente questo prezioso patrimonio.
Ispirandosi al repertorio formale offerto dagli archivi aziendali, vediamo lampadari da soffitto ripensati come lecca-lecca e la casa madre di Lobmeyr, in Kärntnerstrasse, trasformata in un contemporaneo paese della cuccagna: uno showroom-fabbrica di dolci sperimentale, un vero e proprio laboratorio per mettere alla prova una particolare combinazione di caramelle e cristallo.
I due designer svizzeri Bertille & Mathieu – laureati all’ECAL e attivi a Losanna – hanno fatto sorridere i visitatori con le loro opere di zucchero, fatte per essere mangiate, realizzate sulla base di antichi disegni tradizionali, qui usati come strumenti e come traccia (bicchieri da whisky, da vino e da liquore della collezione di Loos, componenti di vari lampadari, dal barocco all’Art Déco, coppe incise con le iniziali) per creare lecca-lecca e caramelle (anche se queste ultime non sono pensate per essere mangiate).
La giovane coppia pare aver chiara in mente la longevità della filosofia del progetto, affermando che, invece di andare in cerca di un’estetica industriale, ammette francamente che “la traccia del passaggio della mano è il segno dell’azione produttiva dell’uomo”.
Domus: Come è nata questa collaborazione con Lobmeyr e perché i lecca-lecca? Bertille & Mathieu: Siamo stati invitati da Passionswege a collaborare con Lobmeyr in occasione del festival del design e a creare qualcosa da esporre nel loro showroom. Il punto di partenza concettuale era la similitudine tra il processo di fabbricazione del cristallo e quello delle caramelle. Entrambi partono da una polvere fusa con il calore, diventano trasparenti e si possono soffiare, stampandoli o dando loro una forma. Un altro punto era la nostra intenzione di mettere in risalto i prodotti di Lobmeyr senza parlare direttamente né del lungo tempo che occorre per la loro incisione né di quanto siano costosi. Abbiamo scelto un modo molto immediato e popolare di sperimentarne la precisione e abbiamo allestito una fabbrica di caramelle in cui produciamo in diretta dei lecca-lecca di zucchero usando dei cristalli come schema e ispirazione fondamentale. Alla fine i lecca-lecca vengono venduti a 1 euro e sono contemporaneamente il modo più accessibile di accostarsi a Lobmeyr e un lussuoso piacere effimero. Era nostro desiderio aprire le porte a un pubblico che di solito non entra in questo genere di negozio, e offrirgli una prospettiva non troppo elitaria delle stupende collezioni di Lobmeyr.
Domus: Parlando dei vostri lavori: dove trovate il primo impulso creativo di un progetto? Camminando, leggendo, sognando? Bertille & Mathieu: Di solito iniziamo con un’ampia discussione che può durare parecchie ore (e parecchi caffè). Non facciamo schizzi ma ci limitiamo a chiacchierare, soprattutto però di un certo argomento, e l’ispirazione arriva con l’incrociarsi inatteso delle idee.
Domus: Come rappresentate fisicamente la prima idea di un progetto: con un disegno su un taccuino, mettendo insieme dei materiali, prendendo delle note? Bertille & Mathieu: In genere disegniamo, ma per rappresentare le idee a tutto tondo spezzo usiamo oggetti preesistenti come materia prima e li mettiamo insieme o li cambiamo di posizione e così via. Cosa che può essere contemporaneamente pericolosa e interessante: secondo gli oggetti che usiamo, possono essere troppo forti dal punto di vista visivo e influenzare il progetto.
Domus: Qual è il vostro più antico ricordo del design? Bertille Laguet: A quattro anni mi facevo la casetta con le sedie Cesca di Marcel Breuer dei miei genitori. Usavo due sedie, schienale contro schienale, e ci mettevo sopra un lenzuolo. Domus: Quali oggetti sintetizzano o rappresentano per eccellenza il design? Bertille & Mathieu: Diciamo la sedia Thonet n. 14. È un riferimento molto antico ma ancora significativo e contemporaneo. Era una visione così radicale e moderna per la metà dell’Ottocento, quando il concetto di design come lo conosciamo oggi non esisteva. La sedia è un brillante compromesso tra funzionalità, semplicità, mentalità industriale, uso delle migliori qualità di un materiale senza eccessi razionalisti e conservando un’eleganza poetica che stimola la fantasia e continua a inserirsi bene nel nostro ambiente a centocinquant’anni di distanza.
Domus: Qual è l’oggetto più irrinunciabile per l’umanità? Bertille & Mathieu: Il foglio di carta. Perché con i fogli di carta si fanno i libri e i libri sono in grado di ricordare per anni le storie (belle e brutte) degli uomini e di tramandarne il racconto.
Domus: Pensate che si debba tener conto della storia del design quando si crea un prodotto nuovo oppure preferite guardare al futuro piuttosto che al passato? Bertille & Mathieu: Del passato bisogna sempre tener conto perché, a differenza del futuro, lo conosciamo. Conosciamo quel che ha funzionato e quel che a quanto pare è stato uno sbaglio. Ma naturalmente una cosa che non ha funzionato nel passato oggi o in futuro potrebbe funzionare. Quindi invece di fuggire in avanti verso il futuro cerchiamo di avere i piedi ben piantati nel presente e di trovare ispirazione nell’esistente, pur mantenendo uno sguardo appassionato ma critico sul passato e un occhio curioso ma intelligente sul futuro.