Quando i materiali del design sono esseri viventi o tessuti organici anziché plastica, legno, ceramica o vetro, ogni progetto solleva implicazioni che si spingono molto più in là dell'equazione forma/funzione, così come di qualsiasi idea di comfort, modernità e progresso. Il design trascende i suoi limiti tradizionali e le sue implicazioni puntano dritto al cuore della sfera morale, fino a confrontarsi con le nostre convinzioni più profonde. Detto questo, la maggior parte dei biodesigner non corrisponde alla figura dello scienziato pazzo che, in emulazione di Dio, si impegna a creare un nuovo essere, personificazione dell'imminente scontro finale: alcuni lavorano con organismi visibili come piante e animali, altri con batteri e cellule, altri ancora perseguono la creazione di nuovi sistemi viventi manipolando il DNA. Nessuno di loro, tuttavia, opera da solo in una 'terra di nessuno' dell'etica, preferendo lavorare in gruppo e far parte di team che comprendono fisici, matematici, tecnici informatici, ingegneri, chimici e specialisti in bioetica. A volte anche economisti e filosofi. Il loro lavoro è sostenuto e valorizzato da un certo numero di centri di 'irradiazione' di queste nuove idee, come l'indomito programma Design Interactions del Royal College of Art di Londra, oppure la Science Gallery del Trinity College di Dublino e Le Laboratoire (una galleria e centro ricerche di Parigi fondata nel 2007 da David Edwards, docente d'ingegneria biomedica a Harvard) a cui si deve l'ingresso del designer Mathieu Lehanneur nel campo del biodesign. [1 ] Nel 2008, molti hanno preso parte alla mostra Design and the Elastic Mind al MoMA, delle cui collezioni alcune loro opere sono entrate a far parte.
Lehanneur, come i designer Revital Cohen e Susana Soares, incorpora esseri viventi in progetti olistici basati su cicli naturali pilotati verso nuove funzioni. Lehanneur ha usato piante, e in un caso anche pesci, nell'intento di concepire prodotti che siano simbolo di una nuova attitudine verso la vita domestica. Come in O Oxygen Generator del 2006, un generatore domestico che utilizza l'alga Spirulina platensis per produrre ossigeno, una soluzione studiata dalla NASA per i viaggi spaziali di lunga durata; oppure il sistema di filtraggio d'aria Bel-Air, del 2007, anch'esso basato sull'uso di piante (Gerbera, Philodendron, Spathiphyllum e Chlorophytum sono tra le più efficaci) in grado di assorbire le tossine emesse dai prodotti industriali presenti nel nostro ambiente domestico; e Local River, un acquario domestico per pesci d'acqua dolce, combinato in modo acquaponico con un orto in miniatura: le piante estraggono le sostanze nutritive presenti nell'escreto dei pesci, pulendo in tal modo l'acqua per i pesci stessi, 'una specie di 'refrigeratore-acquario' decorativo e funzionale al tempo stesso' come spiega il sito della Science Gallery.
States of Design 07: Bio-design
Il lavoro dei biodesigner solleva implicazioni che si confrontano con le nostre convinzioni più profonde.
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- Paola Antonelli
- 28 novembre 2011
- New York
BEE's, New Organs of Perception, è il progetto con cui Susana Soares si è laureata al Royal College of Art nel 2007. Si tratta di una serie di tre strumenti diagnostici alternativi che utilizzano api addestrate (insetti dotati di un sistema olfattivo estremamente sviluppato capace d'individuare ferormoni e tossine) per effettuare dei check-up, individuare malattie e monitorare i cicli di fertilità. Ognuno degli strumenti presenta un numero definito di camere in relazione alla diagnosi (due sì/no per la gravidanza, tre per i cicli fertili). Le api, addestrate col metodo del riflesso condizionato di Pavlov, sono in grado d'identificare uno specifico odore-marker nell'alito del soggetto ed entrare nella camera corrispondente. In seguito, la ricerca della Soares ha coinvolto le zanzare: Am I Attractive? (2009) studia come la chimica del corpo di individui diversi attragga o respinga questi insetti, con l'intento di offrire una nuova arma nella lotta contro la malaria. Più recentemente, la ricerca si è spostata al cacciare, anziché guidare, agenti patogeni: Pathogen Hunter (2010) è un provvidenziale sistema di strumenti e tecniche di addestramento per identificare gli agenti patogeni e gestire le epidemie.
Anche Revital Cohen si è laureata nell'ambito del programma Design Interactions (2008), e vanta già numerose collaborazioni con esponenti della ricerca scientifica. Una delle più note è il suo progetto di laurea, Life Support, nel quale animali come cani addestrati 'in pensione' e pecore transgeniche sono collegati ai loro padroni/pazienti in un rapporto simbiotico e diventano organi di ricambio per individui con problemi renali o respiratori. In altre parole, gli animali sono trasformati in strumenti medici. Le suggestive immagini nelle quali il migliore amico dell'uomo, per quanto in buona salute, allegro e per nulla sofferente, appare legato al suo paziente, hanno dato la stura a un vivace dibattito che include anche l'invito a servirsi di esseri umani.
Le implicazioni del biodesign puntano dritto al cuore della sfera morale
Scendendo di scala fino al design e all'ingegneria dei tessuti, troviamo alcuni designer che anziché animali e piante utilizzano batteri e cellule per 'coltivare' caratteri tipografici e manifesti, oppure per 'far crescere' fedi nuziali. I caratteri tipografici Symbiosis di Jelte van Abbema (2009) sono usati per stampare poster in cui colori e risoluzione evolvono di pari passo con il ciclo vitale di moltiplicazione e morte dei batteri. Biojewellery di Tobie Kerridge, Nikki Stott e Ian Thompson (2007) offre alle coppie quello che i loro designer definiscono "un simbolo unico del loro amore reciproco" creando anelli dalle cellule ossee dei clienti, estratte (solo un pizzico!) e coltivate su un'impalcatura di ceramica bioattiva in modo da combinarsi poi con metalli preziosi per la finitura degli anelli.
I più celebrati e influenti tra tutti i designer di 'colture' sono Oron Catts e Ionat Zurr, fondatori, nel 1996, del Tissue Culture & Art Project (TC&A) alla University of Western Australia di Perth. Nel 2000 i due hanno creato anche SymbioticA, un laboratorio di collaborazione artistica dedicato allo studio e alla critica delle scienze della vita. Operante all'interno della facoltà di anatomia e biologia umana, ha già ospitato altre cinquanta residenti, tra cui scienziati e filosofi. Per descrivere i loro strumenti di lavoro, (frammenti di corpi, in parte cresciuti e in parte costruiti, sostenuti con mezzi artificiali), Catts e Zurr hanno coniato il termine 'semi-vivente'. Se le cose di cui ci circondiamo ogni giorno fossero nello stesso tempo prodotti ed entità viventi, in crescita, "cominceremo ad assumere un atteggiamento più responsabile nei confronti del nostro ambiente, e a tenere a freno il nostro consumismo distruttivo".
La mia prima esperienza diretta con una creatura semi-vivente mi è stata offerta da Victimless Leather (2004). Potrei in fondo chiamarla Vic, dato che durante la preparazione di Design and the Elastic Mind abbiamo maturato una certa confidenza. Si trattava di una piccola giacca in 'pelle' coltivata in vitro, uno strato di cellule staminali di topo in grado di crescere su una matrice di polimero biodegradabile a forma di soprabito in miniatura. Oron e Ionat, appena giunti dall'Australia si sono organizzati per installare un laboratorio molto informale alla Columbia University. Lì, hanno infilato questa creaturina in un bioreattore, che in seguito è stato portato al MoMA e collegato alla rete elettrica. La sua presenza era inconfondibile, un velo di nebbia copriva le pareti dell'ampolla contenente il cappottino mentre i tubi di plastica portavano le sostanze nutritive per farlo crescere. Non c'era alcun dubbio che fosse vivo. A un certo punto durante la mostra, però, Vic ha cominciato a crescere troppo in fretta e una manica si è quasi staccata. Così, i designer hanno deciso che era tempo di fermarla. Ma non voleva forse dire ucciderla? Qual'era la trasformazione da semi-vivente a non-morta? In tutta sincerità la cosa mi ha turbata, e quando hanno staccato la spina mi sono voltata dall'altra parte.
Catts e Zurr vogliono allenarci ad affrontare problemi etici complessi, ad acquisire una posizione più responsabile verso le biotecnologie prima che il potere e il profitto dirottino il progresso nella direzione sbagliata. Dal loro punto di vista, la possibilità di indossare pelle o di mangiare carne senza uccidere animali costituisce 'un punto di partenza per il dibattito culturale'. Nel 2006 il direttore del progetto Design Interactions del RCA, Anthony Dunne ha lanciato i suoi studenti in un acrobatico esercizio di etica e biodesign, invitandoli a progettare Meat of Tomorrow (la carne del futuro), basandosi sul primo hamburger in vitro di SymbioticA, carne commestibile cresciuta in laboratorio a partire da cellule campione. Uno degli studenti, James King, ha progettato una stupenda bistecca partendo dallo scan MRI (Magnetic Resonance Imaging) di una mucca.
La nuova carne ha certo sollevato complesse questioni filosofiche legate al nostro rapporto con gli animali, la natura e il cibo. E ancora: Quale dovrebbe essere l'aspetto di questa nuova carne? Che sapore dovrebbe avere? Come va servita? King ha attraversato la campagna inglese munito di un'unità MRI portatile, cercando i migliori capi di bestiame. Gli esemplari dall'aspetto estetico più piacevole saranno usati come riferimento per creare matrici per la carne in vitro. Un ulteriore gradino più in basso ci porta alla biologia di sintesi, un'area scientifica che sta galvanizzando le scienze e il design con la sua spinta a riprogettare, organizzare e costruire sistemi biologici completamente nuovi. Secondo quanto spiega il sito Arts Catalyst, ciò potrebbe portare a 'nuovi farmaci e materiali per applicazioni sanitarie, e a nuove strade per produrre combustibili biologici e prodotti chimici'. Daisy Ginsberg, laureata nel 2009 al RCA, è la più attiva propugnatrice di un'alleanza tra design e biologia di sintesi. Oltre a fornire agli scienziati il modo di definire con chiarezza la loro area di ricerca e, nella sua visualizzazione animata The Synthetic Kingdom (2009), è giunta a proporre di aggiungere un ramo all'albero della vita.
Ginsberg ha inoltre fondato Synthetic Aesthetics, un progetto di ricerca condotto dalle università di Edimburgo e Stanford, mirato a dar vita a esperimenti interdisciplinari. E ha lavorato con James King a E. chromi, una collaborazione con il Team iGEM (International Genetically Engineered Machine) della Cambridge University, nell'ambito della quale gli studenti sono intervenuti su batteri E. coli di modo che cambiassero colore una volta esposti alle sostanze chimiche prodotte dal corpo umano in presenza di diverse condizioni patologiche. Ne è risultato un nuovo sistema diagnostico battezzato appunto E. chromi: il paziente ingerisce una bevanda, molto simile a un frullato probiotico, contenente l'E. coli modificato; il batterio reagisce con enzimi, proteine e altre sostanze chimiche presenti nel tratto gastrointestinale e assume colori diversi a seconda delle differenti patologie presenti. Le feci del paziente lo dimostrano, presentando diversi colori da porre a confronto con Scatalog, una raccolta di campioni in valigetta che fino all'inizio del mese era visibile all'interno della mostra Talk to Me al MoMA. Ma anche altri designer si stanno dedicando alla biologia sintetica. Per esempio Tuur van Balen, ideatore di Synthetic Immune System, un sistema basato su lievito manipolato.
Lo scenario è mutevole, e molte questioni vanno ancora affrontate, a partire dalle implicazioni etiche ai diritti d'autore e al ruolo di artisti e designer. Ma We Need To Talk About Synthia, un dibattito tenutosi quest'anno all'Arts Catalyst di Londra e ispirato all'annuncio del 2010 di Craig Venter di aver prodotto un nuovo batterio controllato da un genoma sintetico, ne ha sviscerate molte. Anche la mostra The Synth-ethic: Art and Synthetic Biology al Museo di Storia Naturale di Vienna, nel 2011, ha esplorato nuovi territori, così come, ancora a Vienna, fa il nuovo master Art Science, alla Universität für angewandte Kunst. Altri corsi stanno spuntando in tutto il mondo, spesso a testimoniare l'infaticabile lavoro dei pionieri di SymbioticA. Un testo di William Myers intitolato Bio-Design, per esempio, sarà pubblicato nel 2012 da Thames&Hudson (con una prefazione dell'autrice del presente testo). Designer e scienziati continuano a cercarsi. Questi ultimi, in particolare, trovano nella collaborazione con i designer uno spazio di libertà lontano dal rigoroso, e sovente necessario, processo di scrutinio scientifico. Gli esperimenti di collaborazione con i designer sono spesso considerati direzionali, speculativi, e i designer possono indicare nuovi comportamenti, applicazioni inattese, nonché sollecitare un'attenzione verso i temi della vita umana che forse a volte elude l'operare degli scienziati. Sono sempre stata riluttante a usare affermazioni roboanti, a sostenere che i designer possono cambiare il mondo. Ma grazie a queste collaborazioni può andare a finire che lo facciano sul serio. Paola Antonelli, Critico e curatore, MoMA