I non luoghi dell’arte

La scomparsa di Marc Augé, teorico dei non luoghi, diventa l’occasione per chiederci se essi esistano anche nell’arte, in un percorso che si snoda tra Monet, De Chirico e Hayez, per arrivare al fenomeno degli Nft.

“L’opposizione tra mondo-città e città-mondo è parallela a quella tra sistema e storia. Ne costituisce, per così dire, la traduzione spaziale e paesaggistica concreta. La preminenza del sistema sulla storia e del globale sul locale genera conseguenze nell’ambito dell’estetica, dell’arte e dell’architettura. I grandi architetti sono diventati stelle internazionali e, quando una città aspira a comparire nella rete mondiale, cerca di affidare a uno di loro la realizzazione di un edificio valido come testimonianza, ovvero capace di provare la propria presenza al mondo, di provare l’esistenza di quella città nella rete, nel sistema.”

(Marc Augé)

È morto a 87 anni, lo scorso 24 luglio, uno dei più grandi antropologi, filosofi e scrittori della contemporaneità: Marc Augé. Padre dell’analisi dei “non luoghi”, di lavori dedicati alla mobilità dell’essere umano, Augé scompare lasciando un vuoto significativo tra gli intellettuali del XX e XXI secolo. Augé argomenta e teorizza il concetto di luogo nuovo che si trasforma in “non”, guardando al passato con estrema nostalgia. Accetta il presente, lo contempla, ma ammonisce il lettore su quello che sarà ricordando quello che è stato.

Le cattedrali di Rouen di Claude Monet, 1892-1894

Le cattedrali di Rouen di Claude Monet, 1892-1894

Le cattedrali di Rouen di Claude Monet, 1892-1894

Esistono i “non luoghi” dell’arte? Seguendo il pensiero dell’antropologo francese probabilmente si. Gli NFT (non-fungibile token), la nuova frontiera delle opere d’arte, riportano nel loro significato la parola non, non fungibile, non riproducibile, allontanando quell’idea di arte che parte dal pensiero umano e si manifesta attraverso il suo sapere, la sua maestria, il suo genio. È dunque un “non luogo” dell’arte? Una progressiva scomparsa del reale nell’epoca dei simulacri, per dirla alla Jean Baudrillard.

Un esempio di Nft: The Eternal Muse di Giuseppe Lo Schiavo

Il luogo nell’arte, partiva sempre da un principio di realtà, che alcune volte diventava ossessione, come lo è stata per Monet la Cattedrale di Rouen, che cambiava forma e materia a seconda della luce del sole, dal mattino al tramonto, ad altri luoghi che pur partendo dal reale, si trasformavano attraverso piccoli artifici dell’artista che le romanzava con figure romantiche, come Francesco Hayez e il suo Bacio o le opere di Giorgio De Chirico che progettava città metafisiche partendo da una città concreta e reale come Tresigallo e trasformandola in una sua idea.

Il bacio, Francesco Hayez, 1859

Augé guardava ai centri commerciali, agli aeroporti, alle stazioni. Baudrillard affermava l’esistenza di luoghi fruibili attraverso le carte di credito, la società dei consumi. L’arte è consumo? Oggi senza dubbio si. L’arte è un luogo? E gli NFT? Saranno dunque i non luoghi dell’arte?

Giorgio De Chirico, Piazza d'Italia, 1913, Parigi

“L’invenzione è l’atto creativo attraverso cui un’idea assume la forma di un oggetto reale, l’innovazione vi aggiunge il carattere sociale, dovuto alla sua diffusione nella società sotto forma di prodotto”