In un recente discorso tenuto a Fondazione Feltrinelli a Milano, l’autore di fantascienza e futurologo Bruce Sterling ha parlato del fenomeno degli NFT come di “una grande rivoluzione nel mondo dell’arte... se non si può uscire di casa”.
Durante la pandemia, gli NFT ci hanno stupito, intrattenuto e a tratti sono stati l’unico modo che avevamo di fruire dell’arte. Ma cosa succederà alla spinta verso il digitale ora che ci troviamo finalmente fuori casa, pronti a gettarci alle spalle la Zoom fatigue e la vertigine da schermo? Quali dei milioni di .jpg e .gif mintati e venduti negli ultimi tre anni sono destinati a restare nella memoria, accolti nell’Olimpo dell’arte?
L’enorme LED wall monolitico, posto al centro del cortile di Palazzo Strozzi a Firenze, su cui fluttua in loop una delle numerose AI data sculpture e NFT realizzati da Refik Anadol sembra voler dare una risposta a questo arcano. Machine Hallucinations – Renaissance Dreams (2022) è una data visualization realizzata con algoritmi di machine learning, ricorrente nell’opera dell’artista di new media turco-americano, a cui questa volta è stato dato in pasto un archivio digitale composto da più di 12000 dipinti rinascimentali. L’opera site specific, sta attirando irrimediabilmente l’occhio dei visitatori e turisti che in questi giorni affollano il cortile per visitare la mostra al piano di sopra, dedicata a un vero dio dell’Olimpo dell’arte: Donatello.
Let’s Get Digital!, organizzata da Fondazione Palazzo Strozzi e Fondazione Hillary Merkus Recordati, a cura di Arturo Galansino e Serena Tabacchi è la prima mostra in Italia a portare le opere digitali legate al periodo del boom NFT, in un luogo d’arte istituzionale. Come commenta Serena Tabacchi, co-fondatrice e direttrice del MoCDA (Museum of Contemporary Digital Art), questa iniziativa “legittima l’importanza e afferma l’entrata della crypto art in un contesto tradizionalmente difficile da convincere”. Un’apertura inevitabile e necessaria a suo parere, data “l’entità del movimento sociale” legato agli NFT.
È curioso notare come questa ondata di interesse delle istituzioni stia accadendo in un momento di apparente crisi degli NFT. Dall’eclatante crash subito dal network blockchain Terra Luna, al “calo del 50% nel volume del mercato” registrato a inizio 2022, pare che le vendite NFT successive al primo acquisto all’asta, non stiano andando affatto bene. Eppure, come rassicura Bruno Pitzalis, addetto di brand awareness e comunicazione del MoCDA, se si va a vedere tra gli acquirenti non-crypto-bro, quelli che non hanno necessità di investire i loro ETH o BTC in eccesso, ma che anzi si avvicinano al mercato investendo denaro tradizionale, si nota che “il volume delle vendite in dollari è calato solamente del 5%”. Al momento, rassicura Pitzalis, a “registrare dei forti crolli” sono solo “alcuni settori, ovvero il gaming e delle utilities”, più volte riconosciuti come i settori trainanti del movimento, quelli che hanno portato le vendite NFT alle stelle, facendo leva sui “punk” e le balene della comunità cripto, come appunto Cryptopunk o Axie Infinity.
L’avanguardia è la prima a accusare i cambi di rotta, ma in questo caso pare proprio che l’inerzia porti fortuna. I settori un po’ meno agili, come quello dei brand di moda, dell’editoria, delle istituzioni d’arte, sono appena all’inizio del loro NFT romance. “Il 25% dei collezionisti di arte fisica è intenzionato ad acquistare un NFT nei prossimi 12 mesi” ci dice Pitzalis. E mentre le istituzioni sono interessate a investire in una nuova – almeno per loro – promettente tecnologia, ecco emergere dalle ceneri dell’hype e della speculazione, progetti più regolamentati, più simili a mondi già esplorati e sicuri, come quello del mercato dell’arte.
Il MoCDA, nato durante la pandemia “con l’intento di accogliere tutte quelle opere create digitalmente o fruibili attraverso dispositivi elettronici”, tiene a distanziarsi dall’aspetto monetario della questione: “la blockchain, più che le crypto, hanno rappresentato un importante avanzamento per quello che concerne la certificazione e l’immutabilità di file digitali”, riferisce Tabacchi. L’iniziativa punta a creare un dialogo tra giovanissimi e anziani – apprezzatissimo dai boomer il glossario nella sala d’ingresso della Strozzina – e creare un dialogo sulle dinamiche di arte e cryptoarte.
Come Art for Space, una delle prime mostre curate al MoCDA, in collaborazione con il data scientist Massimo Franceschet, in cui delle migliaia di opere digitali mintate su SuperRare, ognuno dei curatori poteva “salvarne” soltanto 10, anche la statua digitale di Daniel Arsham presentata alla Strozzina durante Let’s Get Digital!, sembra essere a conoscenza del fatto che prima o poi dovrà sparire dalla storia. In Eroding and Reforming Bust of Rome (One Year) (2021) “la blockchain è alla base dell’opera stessa. Senza questa tecnologia l’artista non avrebbe potuto programmare il lento decadimento della scultura”, racconta Tabacchi. Un NFT mutabile di una statua digitale che viene acquistata integra per poi distruggersi. Perché attendere di essere accettati nel Panthéon delle opere eterne? Il mondo del digitale è ormai così veloce che già simula la fine dei tempi, Fake it til you make it.
In “MEMENTO MINTI – If you stop contributing, you will be forgotten”, altra mostra del MoCDA, questa volta ambientata su Decentraland e curata da Filippo Lorenzin e Marie Chatel, con artisti che è bello nominare proprio perché non ancora celebri, come Jacqueline “Jisu” Choe, Silvio Lo Russo e Dancevatar, viene chiamata in causa l’urgenza e la necessità di auto-promuoversi per sopravvivere. Marketing e fama ricorrono anche in Urban Pixels, in mostra in questi giorni nelle piazze di Milano, Londra e New York, dal 23 maggio al 10 luglio, sui maxischermi di EssilorLuxottica. Per questa “mostra decentralizzata, nella quale le opere si liberano dai contesti museali”, il team curatoriale del MoCDA ha invitato artisti già conosciuti nel mondo degli NFT come Entangled Others Studio, Lethabo Huma, Krista Kim, Giuseppe Lo Schiavo e XCOPY.
Pensando al fatto che “molta arte digitale è nata per essere distribuita il più possibile”, Lorenzin ricorda le parole di un pioniere dell’arte digitale: “nel 1997, Vuk Ćosić affermava che lui e gli altri artisti della net.art erano figli dei Dada, rimandando dunque a un movimento creativo che metteva in discussione i ruoli e le consuetudini dell’arte”. E così oggi mentre Vuk rifiuta a tappeto gli inviti a vendere le sue opere sotto forma di NFT, vendendo invece magliette autoprodotte con la sigla NFS (“Not For Sale”), e mentre i creatori digitali più giovani photoshoppano le loro opere sui maxi schermi di Times Square e le postano su Instagram, memando ironicamente sulla fama che arriva per pochi, MoCDA sceglie di seguire la via già imboccata dalla street art, i graffiti e tante altre “ricerche artistiche del ventesimo secolo”, condividendo con il marketing strategie di guerrilla e billboard advertising. Diverse modalità di sopravvivenza, tutte lecite, tutte necessarie.
Per capire se e quali NFT resteranno nella memoria dell’arte oltre che in quella della blockchain, superando la febbre digitale da isolamento, non ci resta che rivolgerci a Bruce Sterling, e alla sua lucida analisi. Se gli NFT sono esplosi durante la pandemia, molto lo si deve al buzzing avvenuto su Twitter e su Discord. Ma le chiacchere sono destinate a continuare? Negli ultimi giorni le comunità NFT su Discord tendono a scemare, perché la piattaforma è considerata insicura, mentre Elon Musk, uno dei maggiori generatori di hype intorno a crypto e NFT, si è lanciato nell’acquisizione di Twitter. Tra i maggiori finanziatori di Elon e di questa sua nuova “impresa” spiccano il principe Alwaleed bin Talal, miliardario filantropo, fondatore e proprietario della Kingdom Holding Company, Larry Ellison, co-founder, ex CEO e attuale CTO di Oracle, e altri tra i maggiori fondi di investimento esistenti al mondo. “Questi non sono punk. Questi sono gli uomini più ricchi della terra”, commenta Sterling, “e questo è uno dei mercati in cui hanno scelto di investire… Del resto l’arte ha sempre avuto bisogno di mecenati”.