Scrisse Sandro Botticelli l’editoriale di una stagione, in Europa appena iniziata, che divenne nel corso dei secoli l’immagine rappresentativa, statica e iconica di un tempo dalle molteplici strategie: La Primavera. Il dipinto venne intitolato cosi da Giorgio Vasari, autore delle prime biografie degli artisti italiani del Rinascimento. Per la critica l’opera rappresenta un’allegoria, ovvero il regno di Venere, dove l’iconografia argomenta la filosofia neoplatonica di Marsilio Ficino. “Il vero Amore non è altro che un certo sforzo di volare e la divina bellezza, desto in noi dallo aspetto della corporale bellezza” (Sopra lo Amore, VII, XV).
Primavera
In un omaggio alla nuova stagione che da qualche giorno riscalda timidamente il continente europeo, scopriamo i segreti di una delle opere più note della storia dell’arte.
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- Valentina Petrucci
- 26 marzo 2021
Venere e Cupido vengono ritratti al centro del dipinto, mentre la figura di sinistra, sempre secondo la filosofia neoplatonica, rappresenterebbe il giovane Mercurio dai calzari alati. Alla destra troviamo Zefiro, il vento di ponente che soffia a primavera, mentre insegue e poi rapisce la ninfa Clori, tramutata dopo la loro unione in Flora, divinità romana della fioritura, intenta a spargere i suoi fiori. Tre fanciulle danzanti, vestite da sottili veli trasparenti, le Grazie, sostengono con la loro presenza la figura della dea della bellezza che suscita passioni terrene trasformandole in attività contemplative. La dea infatti è inserita tra tronchi e fogliame che la incoronano quasi come una santa, come la Vergine Maria, facendo sì che le chiome degli alberi si pieghino quasi a creare una sorta di aureola. La donna sorregge il suo grembo con una mano mentre con l’altra accenna un saluto benedicente. Cupido, bendato e cieco, vola al di sopra della dea come a riprodurre la colomba che nell’iconografia classica traduce lo spirito santo.
Tutto indica un matrimonio: fiori d’arancio sugli alberi, a terra fiordalisi, margherite e nontiscordardimé. Questo ci indica una diversa e possibile interpretazione, quella dinastica. L’opera sembrerebbe infatti essere un dono di nozze per Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e Semiramide Appiani. I loro volti appaiono chiari nelle rappresentazioni. Mercurio ha estrema somiglianza con Lorenzo di Pierfrancesco mentre una delle tre grazie, quella posta al centro, è molto simile alla sua sposa, Semiramide, che difatti lo guarda ed è proprio a lei che viene indirizzata la freccia di Cupido. Semiramide ricopre le vesti della grazia chiamata Castitas e, considerando i tempi, quando l’amore incontra la castità il risultato è il matrimonio. Altri elementi portano a quest’interpretazione, stringendo sempre più il legame tra l’opera e la famiglia de’ Medici: gli alberi d’arance. Secondo alcune ipotesi le palle medicee, rappresentate nello stemma araldico, hanno riferimenti ai commerci dii arance amare dei Medici con l’Oriente, avendo doppia funzione simbolica, rappresentando anche pillole medicinali. Altri riferimenti alla famiglia s’incontrano nella veste di Mercurio, decorata con piccole fiamme, attributo iconografico di San Lorenzo, ed è sempre la stessa figura di Mercurio che riporta ai Medici, infatti il dio romano è legato alla medicina proprio come questa nota famiglia.
La composizione è sinuosa e inizia il suo racconto da destra a sinistra, dall’amore carnale legato al risveglio dei sensi della primavera alla stagione per eccellenza delle unioni sacre, creando, attraverso le teste dei personaggi, delle linee ondulate che cadenzano l’opera nella sua lettura. Una scansione ritmica e elegante che dispone le figure su di un palcoscenico, raccontando più storie, articolate da numerosissimi dettagli. “II Botticelli fu un uomo dall’immaginazione fervida, e mai essa gli venne meno quando tentò i problemi più ardui della pittura. I suoi mezzi, è pur vero, non furono sempre all’altezza dei suoi desideri, ma le sue audacie abituali lo posero sin dal principio in una situazione eccezionale”, scrisse Joseph Archer Crowe.
Immagine di apertura: Sandro Botticelli, Primavera, 1482 circa, tempera su tavola, 203×314 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi