“M’interessano cose reali, l’acqua sotto i piedi nel lago di Iseo o il rumore del vento che tormenta i chilometri di tessuto con i quali abbiamo rivestito Central Park”. Christo ha scardinato le regole del mondo dell’arte con installazioni su larga scala, un artista-architetto che ha vestito e svestito l’intero mondo, realizzando l’effimero, scegliendo sempre la realtà.
In una lettera del 1958 l’artista aveva scritto: “La bellezza, la scienza e l’arte trionferanno sempre“ Sempre, sì. Progetti incredibili che hanno lasciato lo spettatore sempre e comunque sorpreso, emozionato, incantato. Tutto era creato e studiato, senza mai voler condurre il proprio lavoro alla verità assoluta. Nessuna spiegazione, interpretazione o analisi. Una materialità densa che dava peso e senso all’immagine finale, luoghi ed edifici dove il visibile appariva discontinuo, interrotto, forte e imponente ma al contempo fragile, illusorio. effimero. “Non voglio usare chiavi politiche, letterarie o religiose per parlare del mio lavoro. Il mio lavoro è la cosa in sé. Se vogliamo, è politica in sé. Avete idea di cosa può voler dire ottenere i permessi per impacchettare il Reichstag? Convincere Mister Kohl e tutto il Bundestag? Costringerli a votare qualcosa che non esiste ancora, se non nell'immaginazione? Questa è vera dimensione politica, non illustrazione della politica, ma pura visione politica”. Uno stratega concreto ed un folle sognatore, la metà di un duo, il contrario di uno: Christo e Jeanne-Claude.
S’incontrarono a Parigi, lui arrivava dalla Bulgaria e lei dal Marocco e fu proprio la città dell’amore a dar vita ad uno dei loro primi progetti. Era il 1962, in Rue Visconti, una piccola e stretta via della città, costruirono il Muro di Barili. Una barricata, 89 barili in metallo, un cortina di ferro che rappresentava e denunciava in maniera volontaria la costruzione del muro di Berlino. Quell’opera modificò in maniera concreta, anche se per sole otto ore, la vita dei cittadini che sarebbero dovuto passare da li. Tensione, instabilità, smarrimento. Erano proprio questi i sentimenti che volevano suscitare, la loro era una vera e propria denuncia sociale, come nel passato fecero Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli o, per rimanere in Francia, Gustave Courbet. Questo fu solo il preludio di una vita e di una storia che li vide insieme progettare, realizzare, combattere, montare e smontare opere e monumenti, tutto con il solo fine di sorprendere, di regalare meraviglia, sorpresa e stupore.
Quello che i due artisti presentavano era un perfetto dono impacchettato di cui noi conoscevamo il contenuto, avvolto in un tessuto sapientemente scelto, che fungeva da ornamento, essendo esso stesso opera, alle volte cangiante, come quello scelto per il lago di Iseo, un tipo di nylon, fatto realizzare dall’artista, che con l’acqua e l’umidità, dal giallo diventava oro sino a tendere al rosso, che a ogni ora, a seconda della luce e con una diversa condizione atmosferica continua a cambiare, creando, a volte, un effetto dorato sul lago, un contemporaneo Manet, che invece di dipingere la serie della Cattedrale di Rouen, fa partecipare direttamente lo spettatore, che entra nell’opera emozionalmente e materialmente. Ed eccoli appropriarsi del reale attraverso un numero inconsueto di progetti dove figure, luoghi, cieli e paesaggi diventano i soggetti delle sue “tele” L’architettura si trasforma. I fruitori ne divengono artefici, un palcoscenico dal quale osservare e sentirsi osservati e quell’opera architettonica, che era stata creata per essere il contenitore di qualcosa o di qualcuno, diventa, attraverso l’idea di questi due artisti, il contenuto.
Il mercato impazzisce. Le sue stampe, i suoi multipli, i suoi progetti, disegni di grandi tavole illustrate, presentati in una fusione tecnico-pittorica, iniziano ad entrare in un turbinio assurdo di richieste, offerte, domande, alle quali, a volte, non si riesce a rispondere. Da valori accessibili a prezzi che alla battuta del martello superano le tre cifre seguite da tre zeri. Più stupiva con le sue opere su strada, più le case d’aste, le gallerie, cercavano ed accoglievano i suoi “bozzetti preparatori” per presentarli poi ai collezionisti. Numeri, lettere, mappe topografiche, schizzi e colori, perfettamente studiati, rendono queste opere grafiche estremamente affascinanti, delle grisaille contemporanee che permettevano all’artista stesso di modulare le sue idee, i suoi elementi figurativi. I suoi sogni riportati su carta, incorniciati ed appesi alle pareti. L’effimero che non scompare: il sogno di ogni collezionista. Un linguaggio magniloquente ma futile, forse brusco e poco incline alla materialità, ma assolutamente geniale, dettato da immagini grandiose che le parole, forse, non erano in grado di esprimere. Un uomo che si lasciava trascinare da forze immense sulle quali apparentemente non aveva alcun controllo anche se era stato lui ad idearle.
Immagine di apertura: Christo, Little Bay, 1970. Immagine orginalmente pubblicata su Domus 483