La più classica delle antonomasie: è un’Odissea. Questi ultimi mesi ognuno di noi vive la propria odissea, in diverse nazioni, abitazioni, necessità ma comunque un’odissea.
E nell’Odissea, fra le infinite cose, c’è sempre un giardino. Anzi, il giardino, come quello descritto da Jean Alfred Marioton che nel 1888 raffigura Ulisse e Nausica.
“Fuori, poi dal cortile, era un grande orto, presso le porte, di quattro iugeri: corre tutt’intorno una siepe. Alti alberi la dentro, in pieno rigoglio, peri granati e meli dai frutti lucenti, e fighi dolci e floridi ulivi: mai il loro frutto vien meno o finisce, inverno o estate, per tutto l’anno: ma sempre il soffio di Zefiro altri fa nascere e altri matura. Pera su pera appassisce, mela su mela, e presso il grappolo il grappolo, e il fico sul fico. Là anche una vigna feconda era piantata, ed una parte di questa in aprico terreno matura al sol;” (Omero, Odissea, VII, 112-122).
Il giardino, infatti, il locus amoenus dei latini, rappresenta, nella letteratura e nella pittura, una dimensione separata dalla realtà quotidiana, esso è uno spazio a misura d’uomo: quello incantato delle Esperidi, il giardino di Flora, oppure, nella tradizione biblica, nella Genesi, il paradiso terrestre, il roseto descritto nel Cantico dei cantici o l’episodio dell’orto nel giardino di Giuseppe di Arimatea, nel quale Cristo appare alla Maddalena.
Da questa infinita letteratura arriva poi nella pittura l’idea di giardino, che rappresenta l’azione ordinatrice dell’uomo sulla natura. Raffigurato come un luogo rigoglioso, circondato a volte da mura, ricolmo di fontane, alberi da frutto o animali di ogni tipo addomesticati, il giardino viene rappresentato come luogo di pace e di refrigerio spirituale. Ogni elemento diventa simbolo e si trasforma in un messaggio.
Le mura hanno una connotazione iniziatica e sacrale, dove il giardino diventa un territorio di confine tra due mondi, quello della natura e della cultura, come ad esempio il dipinto di un anonimo del XV secolo, Madonna e Santi nel Giardino del Paradiso.
Il giardino, infatti, il locus amoenus dei latini, rappresenta, nella letteratura e nella pittura, una dimensione separata dalla realtà quotidiana, esso è uno spazio a misura d’uomo
Spesso all’interno di queste mura, hortus conclusus, possiamo trovare un recinto di giunchi, ad indicare l’addomesticamento delle passioni, incarnate molto spesso da un unicorno. Le fontane, elementi tipicamente decorativi, sulla tela o sulla tavola, si trasformano nel simbolo del ringiovanimento perpetuo della natura, oppure sorgente di vita, le forme di queste, in alcune descrizioni pittoriche, alludono al fonte battesimale. L’acqua infatti è sempre un mezzo e un elemento di purificazione. Nelle opere d’arte, così come nelle fonti letterarie, la bellezza del giardino riempie il cuore di piacere e spinge ad amare. Scene galanti o luoghi d’incontro lussureggianti dove troviamo immersi amanti famosi, Tristano e Isotta oppure Lancillotto e Ginevra.
Nel giardino dell’Eden, dal sumerico edinu, “campagna”, come Hieronymus Bosh ad esempio ci mostra nel pannello sinistro del Trittico delle delizie, uomini e animali convivono in armonia, cibandosi di tutto ciò che la natura gli offre, poiché nelle varie rappresentazioni e descrizioni, troviamo sempre piante che fruttificano in tutte le stagioni, caratteristica propria del giardino paradisiaco, termine che proviene dal persiano pairidaeza, orto circondato da un muro, tornando appunto alla simbologia di cui sopra parlavamo.
Isidoro di Siviglia, in un dizionario enciclopedico scritto nel VII secolo, Etymologiae, che tanta fortuna ebbe nel medioevo e nei secoli successivi, spiegava la derivazione del termine hortus, dal verbo latino orior, nascere, poiché appunto da quelle terre nasce sempre qualcosa, memoria di una cultura e di popoli che hanno fatto dei loro orti anche un mezzo di sostentamento. Il giardino dell’Eden, però, è anche un luogo insidioso, una dimensione iniziatica in cui l’uomo è sottoposto a una prova imprescindibile. Wenzel Peter, nell’opera che raffigura Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, descrive in maniera perfetta, l’osservanza del precetto divino Questi due personaggi biblici hanno trasgredito alle regole divine per cibarsi del frutto della conoscenza. Dal punto di vista simbolico, l’Eden, rappresenta l’unione armonica dei regni naturali e la struttura del cosmo. I quattro fiumi del Paradiso scorrono nelle direzioni cardinali, fecondando, con le loro acque benefiche, ogni angolo della terra. Questa ripartizione corrisponde ai quattro diversi livelli dell’animo umano: vegetativa, sensitiva, intellettiva, spirituale.
Il giardino assume anche una connotazione estetica ed erotica. Caratterizzato da una forte dimensione animistica d’ispirazione platonica, anima mundi, e al motivo edenico dell’albero della vita, il giardino si trasforma, anche grazie alla letteratura cortese, in un giardino d’amore. Un territorio incantato, ricolmo di frutti proibiti, un luogo che ricalca la forma archetipa del magico verziere. Abitato da Giunone, Minerva e Venere (potere, saggezza e piacere) dava accesso all’amante, la sola ed unica figura iniziata ai misteri dell’amore.
I quattro fiumi del Paradiso scorrono nelle direzioni cardinali, fecondando, con le loro acque benefiche, ogni angolo della terra. Questa ripartizione corrisponde ai quattro diversi livelli dell’animo umano: vegetativa, sensitiva, intellettiva, spirituale
Il Giardino è meta d’arrivo di un percorso di sapere di tipo iniziatico, così come ce lo descrive Dante nelle prime due cantiche della Divina Commedia. Un’allegoria dell’esistenza, un luogo di conforto, di libertà e di evasione. Un luogo, ma soprattutto una dimensione, di cui oggi abbiamo bisogno più che mai, quel piacere sublime tra mille colori che raccontano tutto, raccontano noi, un viaggio che ci fa scoprire il mondo senza mai doverci allontanare, condizione a cui oggi siamo costretti.
Immagine di apertura: Hieronymus Bosch, Trittico del Giardino delle delizie, 1480-1490.