Si riflette su una nuova urbanizzazione, una nuova concezione della città e della gestione delle folle, il prezzo del mattone si modifica attraverso richieste diverse: terrazzi, balconi, giardini. Ci svegliamo ogni mattina sognando quelle strade, ma immancabilmente lo sguardo si ferma sulla finestra di fronte. Osserviamo vite di persone sino ad allora sconosciute e divenute oramai familiari, le osserviamo al risveglio, mentre preparano il pranzo o nei silenzi assordanti di coppie ormai stanche e logore o di amanti ancora vivi. I grandi esperti parlano del mondo esterno e noi, noi osserviamo quello più intimo. Le vite degli altri.
Un artista, per dipingere un’opera, presuppone la presenza di spettatori, e comunque fin dal principio necessita di essere lui stesso spettatore. L’artista stabilisce le condizioni del dialogo.
Alla fine dell’800, la generazione di artisti è testimone di una società nuova, postrivoluzionaria e più democratica, in cui l’opera d’arte è recepita collettivamente, capovolgendo la funzione del pubblico, che diventa anche e soprattutto autore dell’opera stessa.
“Non è questione di dipingere la vita, ma di dare vita alla pittura” scrive un giorno il pittore Pierre Bonnard (1867-1947). Porte, finestre, scale, tendaggi e specchi permettono ai testimoni di osservare, di nascosto o meno, personaggi assorti in azioni o momenti del quotidiano. Lo spettatore-voyeur si ritrova coinvolto nella scena, mentre Bonnard tenta di descrivere il dialogo che s’instaura tra l’opera e lui stesso, articolando la stessa come un ponte, quasi misterioso e silenzioso, tra l’animo dei personaggi e quello dello spettatore.
Un artista, per dipingere un’opera, presuppone la presenza di spettatori, e comunque fin dal principio necessita di essere lui stesso spettatore. L’artista stabilisce le condizioni del dialogo
Bonnard mostra, con uno sguardo impietosamente realistico, la realtà celata dietro la luccicante apparenza di quei tempi ricchi di fascino della bohème. Gesti ripetitivi, noia, fatica, routine, quotidianità, malinconia, composizioni che hanno una prospettiva completamente privata dove lo sguardo dello spettatore non ha libertà di osservazione, uno spazio pittorico con parametri ben definiti, costretto quasi a spiare quei personaggi, insinuarsi nelle loro vite.
Bonnard, entra poi, in una visione ancor più intima e privata. La sua. Un soggetto quasi ossessivo entra nelle sue opere, Marthe, la sua compagna e musa. Che si tratti del riflesso di un volto ad una finestra, di un corpo rannicchiato in una vasca o di una sagoma accennata sullo sfondo, la figura di questa donna permea i suoi lavori. Attraverso la sua musa cercherà di racchiudere quella sensazione di giovinezza eterna e di mistero che lei gli ispira, l’artista ne fissa le movenze prima in degli in scatti in bianco e nero per poi tradurli sulla tela con pennellate di colore. Nelle opere di Bonnard, tuttavia, la figura della compagna appare sempre distante, assorta nelle faccende domestiche, la sua presenza-assenza è accentuata da uno sguardo che non incontra mai quello del pubblico, si ha quasi l’impressione che l’artista veda Marthe come un soggetto da studiare, analizzare da ogni angolazione e riproporre ripetutamente sulla tela.
Bonnard non voleva inviare messaggi con la sua arte e non era interessato a grandi temi, ma voleva catturare e rendere eterni alcuni attimi di vita vissuta e alcune esperienze private. La sua ambizione era cogliere l’attimo che, paradossalmente, era un processo molto laborioso poiché dipingeva lentamente e cautamente, impiegando anni a volte per completare un quadro. Nel suo studio lavorava su diversi quadri contemporaneamente, tornando a ritoccarli e a modificarli se non ne era soddisfatto.
La sua vita ha attraversato due guerre mondiali e periodi di grande instabilità, eppure il suo percorso artistico non è stato scalfito dalla realtà esterna, rimane intimo e segreto, con ardite prospettive volte a cogliere al meglio le figure descritte e a metterne in risalto l’isolamento, resta concentrato sul suo mondo e sulla sua arte, resta concentrato su quell’intimità ed umanità che forse il tempo o la storia avrebbero potuto distruggere.
Immagine di apertura: Pierre Bonnard, Le Cabinet de toilette (1932), Olio su tela, 121×118,1 cm, The Museum of Modern Art (MoMA), New York