C’è un certo interesse attorno all’architettura dei fari. Sarà perché, in un mondo globale e compulsivamente interconnesso, queste costruzioni solitarie evocano un’idea di vita essenziale, appartata e forse un po’ folle: quella dei faristi che avevano spesso come unici interlocutori il mare e il vento e nessuna altra necessità se non l’equilibrio con la natura. O sarà perché, in modo più subliminale, sono un solido baluardo a protezione da forze incontrollabili: con il loro fascio di luce intermittente che squarcia l’oscurità, i fari guidano e segnalano zone costiere pericolose, accessi ed ostacoli, tutelando l’orientamento e la sicurezza della navigazione e rassicurando sulla possibilità per l’uomo di mantenere un potere – seppur minimo – su dinamiche imperscrutabili. Questi luoghi, da un lato poetici e dall’altro tecnicamente efficienti, sono però oggi minacciati dall’evolversi delle tecnologie di comunicazione che spesso ne provocano la dismissione, l’abbandono e il degrado. Per questo molti fari in disuso, in ragione del loro valore storico-testimoniale, vengono recuperati e rinascono a nuova vita: come spazi ricettivi per visitatori che ambiscono a ritrovare sé stessi in un contesto riconciliante (Faro Capo Spartivento, di Bergeggi e di Brucoli), come musei della cultura marittima che rappresentano (Faro di Santa Marta), come semplici testimonianze di un ecosistema da preservare (Faro di Capel Rosso, Faro Rubjerg Knude). Tuttavia i fari restano ancora un tema progettuale invitante e così se ne costruiscono di nuovi che si stagliano all’orizzonte come totem scultorei, per svolgere un ruolo schiettamente funzionale (Faro di Yeda, Faro Punta del Hidalgo, Enoshima Sea Candle) o per rappresentare un landmark iconico nel territorio (Al Fanar). In ogni caso, resta la fascinazione di queste architetture “luminose” e del valore simbolico che sottendono: lanterne che non si spengono mai, in barba a satellitari e GPS.
L’architettura dei fari: 10 esempi contemporanei che non “si spengono” mai
I fari rappresentano un binomio di romanticismo ed efficienza tecnica e tra recupero, ri-funzionalizzazione e nuova costruzione offrono temi progettuali stimolanti e mete affascinanti da esplorare.
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- Chiara Testoni
- 15 ottobre 2022
Pur non particolarmente aggraziato nelle forme - un corpo cilindrico su cui si innesta un belvedere sferico e un po’ ridondante - il Faro di Yeda situato all’ingresso del porto è noto per essere considerato, con i suoi 133m di altezza, il faro più alto del mondo e il suo fascio di luce ha una portata di 46 chilometri.
ll faro, situato a breve distanza dalla costa di Punta de Hidalgo a nord-ovest di Tenerife, è una scultura alta circa 50 m in cemento armato di un bianco abbacinante, dal sapore vagamente espressionista con le sue forme irregolari e frastagliate che si sviluppano da una base triangolare e si assottigliano drammaticamente verso il cielo.
Anche noto come Shonan Observatory Lighthouse, il faro si erge nel Samuel Cocking Garden sulla costa della piccola isola di Enoshima ed è caratterizzato da una struttura a tronco di cono rovesciato in travi e colonne in acciaio disposta attorno ad una scala elicoidale interna che conduce alle due piattaforme di osservazione.
Costruito nel 1854 dalla Marina Militare Italiana il Faro di Capo Spartivento, dopo anni di servizio e dopo l’automatizzazione avvenuta negli anni ’80, dal 2006 è risorto a nuova vita come guest house esclusiva grazie ad un intervento di recupero che offre ai fortunati visitatori un’esperienza immersiva in un luogo che profuma di storia e natura, a picco sul mare della Sardegna.
Il complesso con il forte militare del XVII secolo e il faro ottocentesco alto 20 metri rivestito a fasce alterne di azulejos bianchi e blu è stato oggetto di un intervento di riuso caratterizzato da un approccio conservativo sulle volumetrie esistenti e da un’edificazione ex-novo dalle forme candide e minimali. La struttura, convertita a museo tematico sul sistema dei fari portoghesi, è l’unico esempio di museo con annesso un faro ancora funzionante: nei corpi esistenti sono collocate due sale espositive e un auditorium mentre nel nuovo fabbricato si situano un ufficio, una caffetteria, i servizi igienici e il locale del custode.
La costruzione di 60 m di altezza, re-interpretazione contemporanea del tema del faro, si trova all'ingresso del porto di Safaa fungendo da imponente landmark per il KAUST (King Abdullah University of Science and Technology) e per tutta la città di Jeddah. La complessa struttura a guglia è un aggregato di sagome esagonali in blocchi di cemento prefabbricati che formano un involucro traforato, su ispirazione degli elementi costruttivi tradizionali dell’architettura araba. Il progetto funziona da torre di raffreddamento naturale analogamente ai minareti delle moschee, spingendo verso l'alto l'aria calda e convogliando la brezza marina al livello inferiore per raffrescare l’ambiente.
Situato in un’area di grande valore naturalistico l’edificio, utilizzato per oltre un secolo come alloggio per i faristi e le loro famiglie e poi andato in disuso - ad eccezione della lanterna del faro sempre funzionante - è stato oggetto di un meticoloso intervento di restauro conservativo e di riqualificazione del patrimonio vegetazionale circostante, all’insegna del rispetto dei valori architettonici, paesaggistici e storico-testimoniali del fabbricato e del suo territorio.
L’installazione di una scultura – un gigantesco caleidoscopio dalle forme sfaccettate in metallo che si muove con il vento, collocata in sommità della costruzione – ha offerto l’occasione di riaprire al pubblico lo storico faro e di fornire ai visitatori che percorrono la scala metallica traforata una vista spettacolare sul paesaggio circostante.
L’intervento di recupero di un complesso in stato di rovina, composto da un corpo principale e da un volume secondario adiacente, propone un edificio a destinazione mista che ospita una residenza e la sede del parco marino dell'isola di Bergeggi. I volumi puri ed essenziali che rievocano le sagome del manufatto originale, rivestiti sia negli involucri sia nelle coperture da conci di pietra naturale di diverse pezzature, conferiscono alla nuova architettura il carattere di un monolite scultoreo che emerge direttamente dalla sabbia e dalle rocce.
Il progetto di restauro finalizzato alla conversione di un complesso del 1911 in struttura turistico-ricettiva ha previsto il consolidamento e la conservazione del corpo originario, liberato dalle superfetazioni incongrue. Il piano terra è dedicato alla zona giorno e alla sala cottura-pranzo mentre il primo piano ospita tre camere da letto e un bagno; una scala esterna conduce alla terrazza panoramica dove si trova la lanterna del faro, ancora funzionante. L’uso di materiali locali come la pietra di Modica per pavimenti e rivestimenti crea un profondo legame con la tradizione costruttiva locale.