Nonostante la recente pandemia abbia scoraggiato la prossimità tra gli individui – elemento alla base del “riparo” tipico dell’alta montagna, dove gli ambienti sono ristretti e condivisi per ottimizzare spazio, calore e materiali – la montagna conserverà i connotati di spazio aperto per eccellenza: un luogo dove il distanziamento fisico e l’isolamento sono facilmente perseguibili, e dove allo stesso tempo resterà possibile trovare un contatto ravvicinato con un ambiente naturale preponderante. Immersi in tale contesto, i bivacchi incarnano la quintessenza della sfida all’abitare minimo in condizioni estreme ed è proprio nell’essenzialità dei requisiti funzionali e di performance che risiede lo straordinario interesse di tali manufatti. Declinati in una moltitudine di forme astratte, questi sono totalmente emancipati da qualsiasi tentativo di mimesi con l’ambiente o di imitazione pittoresca delle costruzioni tradizionali delle quote più basse.
10 nuovi bivacchi sulle Alpi
I bivacchi incarnano la quintessenza dell’abitare minimo e della sperimentazione con forme emancipate dalle imitazioni pittoresche delle costruzioni tradizionali.
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Foto Delfino Sisto Legnani
Foto Jadran Čilić
Foto Roberto Mocco
Foto CAI CVL
Foto Gabriel Ferry da Refuges
Foto LAMA+
Foto Mimeus
Foto Anže Čokl
Foto Giona Casiraghi
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- Roberto Dini e Stefano Girodo
- 22 giugno 2020
Molte recenti realizzazioni su tutte le Alpi sono caratterizzate da una forte ricerca sperimentale in soluzioni tecnico-costruttive e formali innovative. Nella maggior parte delle strutture attuali va affermandosi però la tendenza a un approccio progettuale più “low tech”, con tecnologie già consolidate e spesso più economiche. L’alta quota si conferma dunque come “laboratorio” d’avanguardia per architettura e costruzione, in grado di intercettare e interpretare i mutamenti del contesto ambientale e culturale, affrontando numerosi temi dell’attualità come il rapporto con il paesaggio, la ricerca di soluzioni tecniche e materiali, l’approvvigionamento e la gestione dell’energia, la reversibilità, la sostenibilità economica e sociale degli interventi.
Progetto premiato all’edizione 2018 della Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana, assegnata dalla Triennale di Milano, ed esito di un concorso internazionale di progettazione del 2015, è attualmente in fase di cantiere. Il sito della Forcella Marmarole (2.700 m) nelle Dolomiti Bellunesi ospiterà la scocca in vetroresina del ricovero, caratterizzato da dimensioni consistenti e da una atipica configurazione “a cannocchiale” rivolto verso il fondovalle.
Collocato pochi metri sotto la morbida cima della Dormillouse (2.908 m) in alta Valle di Susa, si presenta come un parallelepipedo rivestito in metallo nero, rastremato verso le due estremità e poggiato a terra solo nella parte centrale, in corrispondenza dell’entrata. L’interno, in legno di pino cembro, si articola su ripiani a gradoni aperti sul paesaggio delle opposte vallate italiana e francese grazie a grandi finestre.
Questo esempio extra-alpino, che ricalca curiosamente il concept del bivacco alla Dormillouse, sorge lungo percorsi escursionistici che mirano alla valorizzazione di un contesto remoto. Realizzato con risorse limitate grazie all’apporto di molti volontari, è stato assemblato in sito (1.780 m) a partire da un telaio in acciaio, coibentato, tamponato internamente da doghe di legno e foderato esternamente in lamiera.
Un progetto di certificazione “amianto free” dei ricoveri delle Alpi Pennine e Lepontine porta alla sostituzione di quattro bivacchi del tipo “Apollonio - Fondazione Berti” installati tra gli anni ‘60 e ‘80, caratterizzati dalla presenza della fibra nell’involucro, e ormai osbsoleti (il Farello sull’Alpe Veglia a 2.447 m, l’Antigine a 2.855 m, il Camposecco a 2.335 m in Valle Antrona e il Lanti in Val Quarazza a 2.125 m). Le quattro nuove strutture, prodotte serialmente, sono costituite da una spartana ma funzionale “scatola” portante in X-lam montata in sito, fasciata da lamiera aggraffata e caratterizzata da aperture ridotte e allestimenti minimali.
Il ricovero, collocato a 2.230 m nel Vallone di Vassola in Val Grande di Lanzo, è al servizio di itinerari escursionistici con una capienza di dieci posti letto. È delineato da un’archetipica sezione triangolare ordita da portali in legno e protetta fino a terra da spioventi in lamiera rossa. È gemello del bivacco Gias Nuovo (1.900 m), installato lo stesso anno nel vicino Vallone di Sea, a supporto delle attività di arrampicata sportiva nell’area.
In Val Varaita, in corrispondenza del colle Longet e dei suoi laghi (2.647 m), sorge la struttura a sezione ogivale, realizzata in legno e acciaio, dotata di vetrate frontali panoramiche; assemblato e allestito in officina, smontato per l’elitrasporto e rimontato in sito, il bivacco ospita sei posti letto.
Esito del concorso internazionale “Abitare minimo nelle Alpi” del 2012, dopo una travagliata vicenda costruttiva è collocato al Passo del Valzellazzo (2.016 m), nel gruppo del Cimon della Bagozza. La struttura a cuneo, realizzata in legno lamellare, pannelli compostiti e manto in zinco-titanio, dispone di sette posti letto e una ricca dotazione impiantistica.
Il locale invernale posto a pochi metri dal rifugio Pradidali (2.278 m), nel cuore delle Pale di San Martino, è uno dei quattro vincitori dell’edizione 2018 del Premio “Costruire il Trentino”. La piccola capanna con interni minimalisti DI legno e copertura in lamiera grigia si innesta su una rovina esistente, puntando su un inserimento discreto nel paesaggio.
All’interno del Parco nazionale del Triglav, nelle Alpi Giulie, viene installata a 2.090 m una scintillante semibotte metallica che sostituisce e reinterpreta una precedente struttura predisposta negli anni Trenta dall’ingegnere-alpinista Karlo Korenini, e che a sua volta appare come una rivisitazione del mitico modello italiano Ravelli.
Si colloca a 3.550 m alla base del Naso del Lyskamm, nel gruppo del Monte Rosa. La struttura prismatica irregolare, composta da quattro moduli componibili realizzati a valle in legno e lamiera nera, è concepita per il ricovero di sei alpinisti.