Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Domus 1058, giugno 2021.
Intervista a Rotor, lo studio belga che da anni costruisce con materiali riciclati
Per Rotor indagare i processi costruttivi e la logistica delle componenti architettoniche aiuta ad affrontare con efficacia alcuni dei temi critici della contemporaneità.
View Article details
- Salvatore Peluso
- 24 giugno 2021
“I flussi materiali e il nostro rapporto con la materia sono un modo interessante di interpretare il mondo. È così che esploriamo i temi del nostro tempo da una prospettiva inusuale. Questo metodo ci porta spesso a scoperte inaspettate”. Rotor è un ibrido tra due entità: lo studio di architettura, fondato nel 2005 e con sede a Bruxelles, indaga criticamente il mondo materiale attraverso ricerca e progettazione; lo spin-off nato nel 2016 con il nome di Rotor Deconstruction è, invece, un luogo dove comprare componenti edilizi di recupero. Quanto a questa intervista, vi hanno preso parte: Tristan Boniver, Gaspard Geerts, Stijn Colon, Arne Vande Capelle e Cécile Guichard.
“Rotor Deconstruction affronta questioni economiche e logistiche: come riportare i materiali a un formato standard e rimetterli sul mercato, lavorando prevalentemente sul piano commerciale”, raccontano. “Con lo studio, al contrario, collaboriamo spesso con istituzioni culturali, che hanno tutto un altro tipo di approccio. Questo ci permette di indagare gli aspetti più concettuali del riuso e di sperimentare azioni che si avvicinano di più al mondo dell’arte”. Indirettamente, con i loro progetti Rotor portano avanti un lavoro di educazione alla circolarità.
“Se può sembrare ovvio che sia meglio riutilizzare i materiali che buttarli via, il mercato dice, di fatto, il contrario. Incontriamo quotidianamente resistenza dal punto di vista commerciale, logistico e legale rispetto a quello che facciamo”, spiegano gli architetti. I progetti che derivano da questo impegno possono assumere le forme più varie, a partire da interventi su singoli edifici, fino ad arrivare a quelli su larga scala. “Parlare di riuso è il modo più semplice dispiegarlo, ma il riuso non è un fine in sé”, precisano.
Un progetto che ben rappresenta il modo di pensare di Rotor è la ristrutturazione del Place Masui a Bruxelles, sede dell’organizzazione no profit Zinneke. Lo studio ha riprogettato la facciata dell’edificio utilizzando solo serramenti di recupero. Ce lo racconta l’architetto Gaspard Geerts: “Ci siamo riforniti da un rivenditore specializzato in finestre usate, che comunque hanno ottime prestazioni di isolamento termico. Il primo passo del processo è stata un’indagine sulle dimensioni minima e massima che queste aperture potevano avere, per seguire le diverse normative. Non potendo sapere quali serramenti sono disponibili al momento della costruzione abbiamo dovuto pensare a un sistema che si adatta all’inaspettato. Abbiamo standardizzato l’incertezza. Solo in seguito abbiamo scoperto di avere a disposizione oltre 50 finestre diverse, che abbiamo catalogato per dimensioni, forma, tipologia, prestazioni e colore”. Usando questi modelli, lo studio belga ha infine disegnato la composizione della facciata, capovolgendo una finestra per evidenziare il carattere sperimentale dell’intervento.
Il recupero e riutilizzo dei materiali non è solo una questione tecnica, ma ha a che fare con la disciplina architettonica intesa in senso tradizionale. “Il riuso ha una lunga tradizione nella storia dell’architettura. In questa fase, a Rotor ci stiamo rendendo conto di quanto siamo legati al passato. Riutilizzare gli elementi architettonici è una pratica antichissima, ma sembra che con la modernità ce ne siamo dimenticati. Per questo riteniamo utile riscoprire tecniche, approcci e pratiche storiche per affrontare questioni contemporanee. Stiamo vivendo una riconciliazione con il campo dell’architettura, che magari in passato criticavamo o rifiutavamo”, afferma l’architetto Tristan Boniver.
Dalla scala minuta, a quella territoriale, Rotor attiva processi con l’ambizione di influenzare le normative nazionali ed europee e di portare avanti i principi della circolarità. Un esempio che rappresenta entrambe le intenzioni è il progetto Opalis, un’indagine che lo studio porta avanti da circa dieci anni e che raccoglie le aziende che si occupano di materiali di recupero. “Abbiamo iniziato a documentare la scena intorno a Bruxelles poi in tutto il Belgio e, successivamente, abbiamo raggiunto più di 300 rivenditori nell’intero Benelux e in Francia. Abbiamo svolto un immenso lavoro per identificare le aziende, contattarle, visitarle e capire che cosa facciano. Poi lo abbiamo documentato attraverso un grande ed efficiente archivio online. Con questo ‘annuario’ vogliamo dare visibilità a queste realtà e trasmettere il loro effettivo impatto sull’economia e sulla società”, concludono.
Rotor Questo collettivo di progettisti fondato a Bruxelles nel 2005 indaga le dinamiche legate ai materiali e alle componenti architettoniche. Oltre a progetti di architettura e interior design, produce lavori di ricerca e critica, mostre, libri, modelli economici e proposte politiche.
Immagine di apertura: l’edicola realizzata al centro d’arte Extra City di Anversa con pannelli in legno MDF recuperato, 2021. Courtesy Rotor