Quando Claire Lewis vide per la prima volta un raggio di luce provenire da una delle torri gemelle degli alloggi pubblici di Waterloo, nell’area centrale di Sidney dove abita, fu colpita dalla spoglia bellezza del calcestruzzo degli edifici. Insieme con i vicini immaginò tutte le finestre illuminate di colori diversi. Qualche mese dopo, sentì parlare di un progetto di ristrutturazione del sito che comprendeva la probabile demolizione delle torri e la dispersione della relativa comunità. Lewis si rivolse all’organizzazione della comunità locale con un’idea che consisteva nel distribuire una lampada a ciascun inquilino delle torri, da usare per illuminarle come un’unica entità. La comunità di Waterloo, riconoscendo nell’idea un brillante simbolo della propria presenza materiale, la adottò e la trasformò in un progetto. Da quando, lo scorso settembre, le luci si sono accese, gli edifici si sono trasformati in oggetti esteticamente attraenti: una forma di resistenza alla svalutazione degli alloggi. Abbiamo parlato con Claire Lewis del progetto, del valore dell’edilizia pubblica e di che cosa riserva il futuro agli abitanti di Waterloo.
Sydney. Luce e colore per trasformare l’edilizia sociale
Consegnando una lampada colorata a ciascun inquilino da usare per illuminare l’intero edificio, il progetto “We Live Here” mette in atto una forma di resistenza alla svalutazione dell’edilizia sociale.
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- Philippa Nicole Barr
- 21 maggio 2018
- Sydney
Da dove ti è venuta l’ispirazione di questo progetto?
Insieme con alcuni amici notammo una luce colorata in una delle finestre delle torri, il che casualmente innescò una discussione su come sarebbe stato straordinariamente bello se tutti quei balconi incassati calcestruzzo fossero stati illuminati di colori diversi. La ristrutturazione annunciata iniziò qualche mese dopo e non pensavamo che gli inquilini sarebbero stati tenuti in considerazione. Insomma, pareva l’inizio della fine. Ho iniziato a frequentare gli incontri del Waterloo Public Housing Action Group, a parlare con la gente, e ho presentato l’idea di trasformare questi edifici – che molti considerano un pugno nell’occhio o una specie di pustola nel contesto delle periferie urbane di Sidney – in un simbolo di forza, di unità e di spirito comunitario.
Come ti sei mossa?
All’inizio abbiamo organizzato un sacco di eventi pubblici per la comunità, sviluppando a poco a poco fiducia e rapporti. Poi abbiamo cominciato a far vedere che aspetto avevano le lampade, installandone alcune negli spazi comuni degli edifici. E abbiamo fatto una ricerca alla Western Sydney University per capire in generale gli effetti fisiologici dei vari colori.
Spiegati meglio.
Volevamo che le persone fossero in grado di cambiare da sole il colore delle luci. Ogni sera, quando le luci si accendono, le persone possono scegliere il colore che preferiscono: le chiamiamo “luci d’atmosfera”, ma non è necessariamente importante il fatto che il verde crei “sensazioni di tranquillità”. Volevamo dare alla gente la possibilità di far corrispondere il colore con gli effetti fisiologici che il colore può dare, anche come strumento di comunicazione. Una volta che le luci hanno iniziato ad accendersi, l’interesse e il peso della cosa sono cresciuti parecchio, dato che si poteva constatarne realmente l’effetto.
Che impressione ti hanno dato gli edifici?
Ogni spazio è assolutamente diverso dagli altri. Ogni piano ha uno spazio comune con dei finestroni che danno sulla città, e ciascuno è ispirato al tema di un episodio dei viaggi del capitano Cook, l’esploratore britannico: per esempio alle varie spiagge, o alle battaglie, o ai nomi delle navi. Così abbiamo un edificio brutalista con questo interno decisamente rétro.
Decisamente coloniale?
Sì, è molto coloniale. Per un indigeno percorrere edifici che portano i nomi dei principali botanici ed esploratori del periodo dell’invasione suonerebbe offensivo. E tuttavia in termini di nostalgia e di kitsch ci sono parecchi aspetti interessanti, è una specie di macchina del tempo. Guardi fuori da questi vecchi finestroni verso la città dei grattacieli e poi trovi queste modanature e questo espanso modellati in stile Tudor per dare la sensazione di trovarsi dentro una nave, e dipinti che sembrano fatti da un dipendente dell’assessorato all’edilizia residenziale: ci sono perfino dei tendaggi coordinati con i dipinti!
Le luci si vedono molto da lontano, in tutta la comunità di Waterloo e in tutta l’area centrale di Sidney. Questo fatto ha cambiato l’atmosfera generale di Waterloo?
Uno degli aspetti rivoluzionari del progetto è che è indiscutibilmente bello. È come uno spettacolo visivo che trasforma letteralmente qualcosa che è lì da 40 anni in una fonte di luce nuova. Nella comunità dei social media ha avuto grande eco – più di quanto sperassimo – perché i millennial generalmente non prendono posizione sulla questione del diritto alla casa. Sidney è una città molto costosa, per cui è molto facile diventare fortemente individualisti. Perciò ci è piaciuto molto che persone che di solito non intervengono sul diritto alla casa ne parlassero.
Le luci delle torri ancora brillano sopra Waterloo, dato che gli inquilini hanno continuato ad accenderle ogni sera, comunicando la loro persistente presenza al resto di Sydney. Sempre più provati, stanno ancora aspettando che vengano rese pubbliche le tre possibilità di scelta sulla riforma del piano regolatore, anche se è probabile che la loro ricollocazione sia una componente essenziale di qualunque piano di ristrutturazione dell’area. Un documentario sul progetto sarà trasmesso dalla rete televisiva australiana ABC Arts e sarà diffuso dalla sua piattaforma web iview nella seconda metà del 2018.