Orizzontale è insieme un collettivo, un laboratorio e uno studio di architettura. Vincitori dello YAP MAXXI nel 2014, sono tra i primi gruppi della nuova generazione di architetti italiani che ibridano architettura e responsabilità civile. In questa intervista ricostruiscono un percorso caratterizzato da talento, impegno e coerenza.
Orizzontale: “Sperimentiamo interazioni tra cittadini e beni comuni urbani”
Il collettivo romano ci parla di interdisciplinarità e del suo percorso: dai primi micro-interventi illegali alla realizzazione di opere pubbliche.
View Article details
- Salvatore Peluso
- 08 maggio 2018
- Roma
Ci parlate delle vostre origini? Quali sono stati gli studi a cui vi siete ispirati?
Orizzontale nasce a Roma nel 2010 come un collettivo aperto e instabile, sia nella forma sia negli obiettivi. Ha origine dalla volontà di approfondire e mettere in pratica ricerche sullo spazio pubblico sviluppate individualmente, durante il periodo universitario e varie esperienze all’estero. I modelli a cui ci siamo ispirati sono soprattutto stranieri: raumlabor berlin, EXYZT, 2012Architecten (oggi Superuse Studios), Lacaton & Vassal, Fattinger Orso Architektur, gli esperimenti spagnoli di Arquitecturas Colectivas, ecc. Quando abbiamo iniziato, in Italia la situazione era molto meno dinamica: dopo le ricerche portate avanti negli anni Novanta da realtà come Stalker, A12 o cliostraat, era come se le sperimentazioni stentassero a riprendere. Il contesto era dunque favorevole a un nuovo avvio, per cui abbiamo deciso di impegnarci in prima persona.
Ci raccontate la storia che vi lega a Largo Perestrello a Roma?
Largo Perestrello è la nostra piazza. Non solo perché e vicinissima allo studio, ma perché rappresenta fisicamente la nostra crescita professionale. Quando eravamo ancora studenti è stato il primo banco di prova. Con interventi effimeri e illegali volevamo riappropriarci di un luogo abbandonato da tempo. I progetti riflettevano la nostra voglia di ridefinire lo spazio pubblico della nostra città. Nell’autunno del 2017 abbiamo aperto un nuovo capitolo del lungo processo di riattivazione di quest’area. In occasione del festival di architettura New Generations, abbiamo organizzato un workshop di esplorazione urbana e costruzione, affiancati da NOEO, un gruppo di psicosociologi con cui collaboriamo da tempo. La parte visibile del processo ha prodotto Iceberg, un dispositivo relazionale e metafora delle risorse invisibili, delle realtà “sommerse” e delle potenzialità di sviluppo insite nel quartiere.
A breve Iceberg verrà smontato. L’architettura temporanea risponde a necessità specifiche ed è destinata ad essere sostituita. Ma crediamo che questi progetti siano in grado di vedere oltre la propria utilità temporanea. In quest’ottica stiamo già lavorando per dare continuità al processo. Siamo in dialogo con l’amministrazione locale e speriamo di poter proseguire il racconto quanto prima.
Ci parlate della gestione quotidiana dello studio e della sua economia?
Orizzontale è un esperimento in divenire. Abbiamo costruito nel tempo la nostra professione e non smettiamo mai di interrogarci sul futuro. Oggi lo studio conta cinque membri e la gestione è effettivamente “orizzontale” in tutti i suoi aspetti. Ogni progetto è gestito in genere da due persone, ma in base alle necessità il gruppo di lavoro può restringersi o allargarsi, fino ad arrivare alla formazione completa nei momenti di costruzione. Lavoriamo a stretto contatto e ci aggiorniamo periodicamente sull’avanzamento dei vari progetti. L’avvicendamento dei ruoli continua ad essere la modalità con cui gestiamo i nostri lavori, anche se, in un’ottica di maggiore efficienza, stiamo virando verso una, seppur minima, specializzazione dei ruoli. Siamo sempre aperti a nuove collaborazioni: crediamo nei processi aperti, durante i quali il progetto architettonico riceve continuamente input e si arricchisce di nuovi contributi. Però non accettiamo collaborazioni gratuite o richieste di tirocinio, in quanto siamo fermamente contrari alle mansioni non restribuite (una questione urgente e gravissima nel mondo del lavoro contemporaneo).
Dai primi lavori avete sempre privilegiato il legno e mantenuto una grande coerenza di linguaggio. In che modo portate avanti vostra ricerca materiale?
Nella gran parte dei casi progettiamo, sviluppiamo e realizziamo integralmente i nostri lavori. Seguire l’intero processo produttivo e la costruzione ci permette di fare ricerca e sperimentare strategie di riciclo e riuso. L’impiego del legno è comun denominatore di molti dei nostri progetti: materiale semplice da lavorare e reimpiegabile, è il mezzo perfetto per il nostro scopo. È un materiale che permette di costruire con strumenti low-tech e accessibili a tutti, utile in un’ottica di formazione e di costruzione collettiva.
Progetti futuri?
Continuiamo a sperimentare nuove forme di interazione tra gli abitanti e i beni comuni urbani, testando i limiti dell’architettonica. Recentemente si è aperta per noi una nuova sfida: abbiamo vinto il concorso Periferie 2016 indetto da MIBACT e CNAPPC per l’area di Aprilia e stiamo finalmente entrando in una fase operativa del progetto, di concerto con l’amministrazione locale. Abbiamo proposto anche qui un approccio sperimentale per accompagnare la produzione di un’opera pubblica: tramite un gruppo multidisciplinare miriamo alla costruzione di un processo aperto ed inclusivo, che speriamo possa essere volano di una effettiva rigenerazione dell’area e insieme progetto pilota di una lunga serie di nuove buone pratiche.