Mattoni a base di residui agricoli come gambi vegetali e gusci di semi legati insieme dal micelio (l’intreccio di filamenti che costituisce l’apparato vegetativo, sotterraneo, dei funghi), “cresciuti” dentro a stampi, piuttosto che cotti in forno, con alto costo energetico.
Ecoweek a Tilburg
Ecoweek Tilburg 2017, in collaborazione con Avans University of Applied Sciences, che promuove la consapevolezza ambientale attraverso incontri e laboratori di progettazione e costruzione, ha messo insieme la sperimentazione più avanzata e il recupero di tecnologie costruttive antiche.
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- Maria Luisa Palumbo
- 22 maggio 2017
- Tilburg
Batteri mescolati al calcestruzzo così da rilasciare carbonato di calcio (come parte del loro processo di scarto) riempendo fori e crepe nel materiale, rendendo così il calcestruzzo più durevole e riducendone i costi di manutenzione. Imballaggi e oggetti d’arredamento stampati in 3D ma perfettamente biodegradabili perché a base di funghi usati come leganti di materiali organici e locali (come paglia o residui vegetali), così che una volta aperto un pacco o terminato il ciclo di vita di una sedia, piuttosto che andare in discarica il materiale di scarto possa finire in giardino come fertilizzante. Ma anche tessuti cresciuti coltivando miceli o batteri che insieme a lieviti e microrganismi producono cellulosa in un processo di fermentazione che dà vita a flessibili pelli vegetali, con cui fare vestiti o tessuti d’arredamento. Una nuova generazione di materiali, processi e oggetti, come la Mycelium Chair del designer Eric Klarenbeek, su cui crescono letteralmente i funghi come prova tangibile della presenza del micelio come legante naturale della struttura.
Questo il tema di fondo di una straordinaria Ecoweek olandese: la ONG che vuole promuovere la consapevolezza ambientale organizzando incontri e laboratori di progettazione e costruzione in collaborazione con le città e le comunità locali che la ospitano, col supporto dell’Università di Avans ha messo insieme la sperimentazione più avanzata e il recupero di tecnologie costruttive antiche. Sei relatori principali di diversa provenienza, (arte, filosofia, biologia, design), una conferenza del chimico Michael Braungart, padre della teoria “dalla culla alla culla” e sette laboratori per esplorare i concetti della biomimesi e dell’impatto sociale e ambientale del progetto, sperimentando le pratiche del costruire con materiali naturali e tecnologie a basso impatto.
Un format, Ecoweek, organizzato da Avans University of Applied Sciences con Gie Steenput e Michiel Smits, instancabili responsabili di progetto, che si conferma capace di offrire agli studenti di architettura una vitale boccata d’ossigeno nel mettere le mani in pasta, facendo esperienza di un processo di design che parte dall’idea, dalla sua rappresentazione e condivisone, passando per la sua verifica attraverso il modello fisico in scala o la sperimentazione con piccoli modelli, sino alla costruzione, con tutto ciò che questa comporta in termini di organizzazione del processo, di confronto con lo spazio, con il peso dei materiali, con la specificità delle macchine e degli utensili, con l’importanza della collaborazione e del lavoro di squadra.
Tra i laboratori, ad ottenere il premio finale attraverso le votazioni online, è quello guidato dallo studio olandese ONIX: un materiale di base, il legno, nella forma di pallet e semplici assi, da usare senza connettori meccanici o colle, in modo da non comprometterne il riuso, e un obiettivo chiaro, lavorare sulla modularità per costruire un mega-arredo urbano. Risultato: una articolata struttura a ponte, che unisce e riporta a nuova vita le tracce di tre binari ferroviari, testimoni dell’identità del luogo, una ex area di cantiere a servizio del sistema di mobilità marittima e ferroviaria della città. Una struttura su cui si può “star sopra, sotto e passare attraverso”, caratterizzata da un componente base triangolare formato da tre pallet legati da fascette, che assemblato produce una convincente area giochi su cui arrampicarsi ma anche dove fermarsi a sedere e chiacchierare, sulle comode panche di legno a varie altezze.
Sull’identità di Tilburg e la sua trasformazione da città industriale, centro di produzione e lavorazione della lana, caratterizzata da un sistema di canali costruiti per facilitare la mobilità dei materiali e delle merci e progressivamente abbandonati insieme agli edifici industriali nel corso degli anni Settanta, ha lavorato il laboratorio guidato da Paul Kersten. In questo caso al centro del processo sono stati il luogo, il canale Wilhelmina e il suo stato di semi abbandono ma di grande potenzialità per la città, e uno strumento, il video, come mezzo di indagine, di racconto, di costruzione e di condivisione di una visione per un possibile futuro differente e migliore per la comunità.
Sui concetti di biomimetica, ovvero su come far tesoro dei quasi quattro miliardi di anni di conoscenze e strategie accumulate dalla natura nella nostra progettazione, e su come progettare lavorando con prodotti che siano “grown” piuttosto che “made”, hanno lavorato il workshop condotto da Lydia Fraaije-Beukes e Ilse van Rosmalen e quello condotto da Jasper Sluis e Willem Böttger. Anche in quest’ultimo gli studenti hanno lavorato tra le altre cose su delle strutture a ponte. Una di queste ha sperimentato l’accostamento di conci fatti di paglia e micelio su una centina curvilinea di legno: in una settimana l’organismo era cresciuto cominciando a legare insieme tra loro gli elementi. Con la paglia e il legno ha lavorato un laboratorio finalizzato a un esperimento in scala 1:1 per un possibile intervento di riqualificazione di una palestra in un sobborgo di Tilburg, Udenhout. La comunità ha infatti le risorse economiche per l’intervento e già da qualche mese sta collaborando con l’Università di Avans per sperimentare possibili soluzioni innovative, basate su materiali naturali. L’obiettivo è quello di rifoderare l’involucro esistente con uno strato di paglia, dando però effettiva visibilità al materiale. Dopo un primo tentativo con un rivestimento di finitura in plexiglas, il laboratorio ha sperimentato una soluzione con sottili lamelle di legno inclinate.
Tutta in legno l’installazione del laboratorio degli architetti kossovari Argjirë Krasniqi e Gëzim Paçarizi, un esercizio mirato a insegnare a costruire col vuoto: costruire con meno materiale possibile, sviluppando la sensibilità per lo spazio in sé. Ancora una volta attraverso la modularità e la ripetizione di un elemento costruttivo semplice e stabile, capace di andare in alto (6 metri) con una progressiva leggerezza e riduzione del peso. Il risultato è una torre trasparente, basata su moduli triangolari a formare delle V invertite, capaci di adattarsi all’irregolarità del terreno di fondo.
In legno e paglia è il monumento ai rifugiati costruito dal workshop guidato da Cornelis Nuijten e Hilde Vanwildemeersch, con Els van den Veyver e il rifugiato siriano Jameel Hadidi. A partire da una idea dello stesso Hadidi, un infaticabile gruppo di studenti di diverse fedi e provenienze ha realizzato all’interno di una chiesa un’installazione in memoria del distrutto monastero di Mar Musa: un luogo di incontro e di meditazione aperto a tutte le religioni. Nell’installazione uno stretto passaggio dentro un labirinto di paglia tridimensionale, completamente buio e progressivamente sempre più sordo, conduce sino a un sedile sotto a una finestra da cui penetrano l’aria, la luce e i suoni esterni. Un’opera emozionante, che simboleggia il viaggio nel buio e nell’ignoto affrontato dai rifugiati. Interamente costruita con la tecnica tradizionale delle giunzioni con incastri e perni di legno, smontabile e riciclabile, questa installazione ha permesso agli studenti di sperimentare la tecnica di costruzione delle case in balle di paglia. Balle che sulla struttura portante vengono impilate, compresse con cinghie e fissate con listelli di legno e martello. Soprattutto, questa installazione è stata l’occasione per fare uno straordinario lavoro e percorso di gruppo, dialogando con chi ha avuto la fortuna di attraversare il mare su un barcone e arrivare dall’altra parte con tutta la famiglia.
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