Alla Biennale di Venezia lo studio parigino DGT (Dorell Ghotmeh Tane / Architects) ha ricevuto il Grand Prix AFEX 2016 dell’architettura francese nel mondo, con il progetto del Museo Nazionale Estone a Tartu (Estonia), che inaugurerà il prossimo ottobre.
Progetti sostenibili di DGT
Una stessa idea di progettare sostenibile accomuna Dan Dorell, Lina Ghotmeh e Tsuyoshi Tane. Come dimostrano i loro ultimi progetti: dal Museo Nazionale Estone al progetto urbano per Parigi.
View Article details
- Francesca Acerboni
- 15 settembre 2016
- Parigi
Proprio a partire da questo progetto – il concorso è del 2005 – nasce il sodalizio professionale di uno studio che ha la multiculturalità nel sangue e nelle origini dei tre fondatori: l’italo-israeliano Dan Dorell, la libanese Lina Ghotmeh, il giapponese Tsuyoshi Tane. Accomunati da una stessa idea di progettare sostenibile, d’inventare soluzioni inaspettate e inedite affinché le architetture non abbiano un impatto pesante sull’ambiente e sulle sempre più scarse risorse del pianeta. Anzi, per DGT gli edifici dovrebbero essere addirittura “produttivi”, ovvero poter rigenerare e rendere all’ambiente le risorse in modo attivo. Tutti i progetti dello studio parigino – molti realizzati, alcuni rimasti su carta – affrontano quindi il tema della sostenibilità tra architettura e ambiente in modo non convenzionale, assolutamente inventivo.
La realizzazione del Museo Nazionale Estone – dal concorso alla costruzione – dura circa 10 anni. Simbolo dell’Estonia che decolla, il progetto recupera una delle basi militari sovietiche, prolungandone la pista di aviazione in cemento, e disegnando una forma che si distacca dal suolo per spiccare emblematicamente il volo. Particolarmente interessante è lo studio e la definizione degli aspetti energetici di questa architettura che – con una superficie di 34.000 mq – ospita un’ingente collezione di ben 140. 000 oggetti. Il risparmio energetico è ottenuto grazie ad un semplice espediente progettuale, senza ricorrere a tecnologie complesse, che richiederebbero continui e onerosi processi di manutenzione. È l’archivio stesso del museo a funzionare da macchina ecologica. Con 10.000 mq di archivi etnografici contenenti oggetti molto delicati – realizzati in tessuto, legno, carta – l’archivio dev’essere regolato a una temperatura e un’umidità costante, senza sbalzi; per questo, oltre ad essere collocato nel piano interrato, è costruito con un materiale – che assorbe come una spugna l’umidità ambientale: nessun impianto particolare, quindi, ma solo scelte costruttive appropriate. All’esterno, l’isolamento dell’edificio è garantito dai pannelli vetrati a tripla camera, lungo le facciate laterali, e da una copertura con uno spesso strato isolante.
Anche nella Casa familiare per Oiso, costruita per un cliente privato in Giappone, sono state utilizzate le tecnologie semplici e antiche delle case tradizionali. La casa è composta da due parti distinte: il livello al piano terreno, realizzato con muri e pareti in terra recuperata dallo scavo di cantiere, permette di mantenere ambienti freschi in estate e caldi in inverno, mentre il livello superiore – grande shed in legno dalle forme primordiali – è ventilato grazie a una lunga finestra a nastro. Lo studio ha partecipato a molti concorsi – alcuni vinti, altri rimasti su carta – che meritano attenzione per le soluzioni creative apportate alla questione energetica.
Nel concorso del Museo della Scienza di Napoli, a Bagnoli, distrutto da un incendio doloso nel 2013, lo studio DGT – classificatosi al terzo posto – affronta il tema di un’area con enormi problemi ecologici dovuti all’inquinamento. L’edificio assume quindi un ruolo attivo nel poter rigenerare i suoli contaminati a causa dell’attività industriale delle ex acciaierie Ilva Italsider. Attraverso la fitorigenerazione, ovvero l’utilizzo delle piante come vere e proprie “biofabbriche” disinquinanti, si attua un processo di bonifica dei terreni.
Si tratta di tecnologie verdi già utilizzate in altri progetti europei, tra questi il recupero dell’ex area industriale Falck di Renzo Piano. La novità fondamentale del progetto per Bagnoli consiste nel compensare il costo esorbitante della decontaminazione dei terreni, con un indotto – economicamente vantaggioso – che crea e produce energia e materie organiche, come la carta. L’obiettivo ecologico, secondo DGT, dev’essere quindi sempre sostenuto da una spinta economica.
Anche nel progetto per lo stadio di Tokyo la vegetazione è utilizzata come una risorsa che rende l’edificio una biomacchina attiva nel bilancio energetico dell’ambiente. Qui, la copertura completamente verde trasforma lo stadio in una collina fruibile pubblicamente. Nel progetto per il Padiglione Italia a Expo 2015 – non realizzato – l’edificio è il canovaccio di un percorso che dal seme arriva al rifiuto: una rampa passante, pensata come un campo agricolo, permette ai visitatori di vivere un’esperienza naturale che conduce dalla semina al raccolto del frutto, fino ad arrivare al rifiuto organico, che viene riciclato, secondo una visione di economia circolare.
Questi temi sono ripresi anche nel prestigioso concorso “Reinventer Paris” – promosso dal Comune di Parigi che ha selezionato, in una rosa di 360 proposte, i progetti urbani finalisti, destinati a 23 siti della capitale. DGT vince il concorso a febbraio 2016, presentando un progetto per l’ottocentesca Gare Masséna, notevole testimonianza storica della cintura ferroviaria parigina: un nuovo edificio a torre s’integra alla stazione esistente, sviluppando un percorso a spirale, che ospita diverse funzioni legate all’alimentazione e alla filiera corta del cibo. Definito dal quotidiano francese Le Monde come il progetto più ecologico del concorso, questa sorta di torre di Babele agricola, sintetizza perfettamente le idee dei progettisti: ottimizzare gli scarti – siano essi alimentari o architettonici – in un’ottica generale di riutilizzo delle scarse risorse del pianeta, offrendo al contempo spazi pubblici e aperti da vivere.
© riproduzione riservata