Il 20 dicembre 2014 è stato aperto al pubblico il Museo delle Confluenze, una spigolosa “nuvola di cristallo” progettata da Coop Himmelb(l)au per stupire e attrarre visitatori da tutto il mondo verso il nuovo centro di Lione: 150 ettari di suoli bonificati, collocati sulla punta della penisola disegnata dalla confluenza del Rodano e della Saône, trasformati in un quartiere modello di innovazione formale e sostenibilità ambientale.
Il nuovo centro di Lione
Il nuovo centro di Lione è un quartiere modello di innovazione formale e sostenibilità ambientale, realizzato con senso dello stato, capacità politica e amministrativa di individuare un obiettivo e perseguirlo nel tempo.
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- Maria Luisa Palumbo
- 16 febbraio 2015
- Lione
Per i francesi, si sa, l’architettura è una cosa seria: incarna, più di ogni altra cosa, la presenza dello stato. La sua capacità di rappresentarsi, ricordando a tutti che esiste qualcosa che è più della somma delle parti, quel bene comune per cui ha un senso lo stare insieme: la città come res publica, in cui (oltre a trovare lavoro, svago, amicizia, sicurezza) possiamo godere di un bene più grande della nostra proprietà individuale. Ed è proprio questo senso dello stato, questa capacità politica e amministrativa di individuare un obiettivo e perseguirlo nel tempo, in un arco temporale lungo ma rapido, che davvero stupisce, ancor più delle straordinarie involuzioni geometriche del nuovo museo, passeggiando (da italiani) per la confluenza.
A segnare il destino dell’area, sottratta alle inondazioni nella seconda metà del 700 grazie alla realizzazione degli argini, è l’apertura nel 1857 della stazione di Perrache. La nuova stazione centrale di Lione infatti, con i suoi binari distesi in direzione est-ovest, taglia in due la penisola divenendo un rigido spartiacque tra un “lato giusto e uno sbagliato” dei binari: a nord cresce in benessere e struttura il centro della città moderna, a sud, al di là delle gallerie buie della stazione, trovano uno spazio fluido e in perenne trasformazione – grazie al continuo ridisegno dei dock – le attività portuali, i magazzini, il mercato all’ingrosso, il circo e due prigioni. L’importanza del commercio del carbone e di attività legate all’industria chimica, determina per decenni la vitalità dell’area, per poi accompagnarne il tramonto e la residualità.
Nel 1997 la città avvia un processo di consultazione sul possibile futuro dell’area della confluenza. La redazione di un primo progetto (affidato a Bohigas, Melot, Mosbach) convince nel 1998 l’Autorità della Grande Lione dell'opportunità di intraprendere una azione di rigenerazione e mette chiaramente a fuoco un obiettivo forte: la possibilità di duplicare il centro storico della città rilanciando l’immagine di Lione sul piano internazionale.
Viene così costituita nel 1999 una società pubblico-privata (SEM Lyon Confluence, successivamente divenuta interamente pubblica) con il compito di coordinare il progetto di rigenerazione: a partire dall’acquisizione e bonifica dei terreni sino alla loro concessione o rivendita ad operatori privati. Nel 2000 la SEM affida a François Grether e Michel Desvigne la redazione di un piano per la prima ZAC (Zone D'Aménagement Concerté) relativa a 41 ettari lungo la Saône. Nel 2007 viene inaugurato il primo edificio sulla Place Nautique. Nel 2009 la redazione del masterplan per la seconda fase (ZAC2) viene affidata ad Herzog & de Meuron con Michel Desvigne paesaggista.
Il masterplan di Grether e Desvigne propone una strategia fondata su un processo evolutivo, in cui la frammentazione viene usata positivamente per insinuare giardini, promenades e canali in un tessuto urbano dalla geometria morbida e minuta, adatta ad un processo di sostituzione edilizia puntuale. Questa logica d’insieme si sposa con la voluta eccezionalità degli edifici, mirata a fare del nuovo distretto un luogo di sperimentazione dell’architettura contemporanea, capace di attrarre società, abitanti e visitatori proprio grazie alla sua estetica innovativa.
Il masterplan successivo, per la parte orientale della penisola, si caratterizza invece per la suddivisione dell’area in due zone, segnate dalla rispettiva identità storica: un quartiere denso e vario per l’ex mercato e una zona verde e a bassa densità per la parte più avanzata della penisola. Il progetto propone così il mantenimento del 30% degli edifici del vecchio mercato per il Market Quarter, innestando però su questa trama un mix di tipologie e sopratutto di altezze differenti: dai 3 livelli del mercato ai 6 piani della città ottocentesca, sino ai 16 piani di torri panoramiche. Per Le Champ prevede invece la realizzazione di soli edifici bassi, immersi in un ricco sistema di vegetazione, canali e specchi d'acqua. Nell’insieme sia la ZAC 1 che la 2 hanno per obiettivo la realizzazione di un nuovo centro capace di ospitare sia una articolata componente residenziale (un mix di case di lusso 44%, standard 33% e social housing 23%) che uffici, shopping mall, funzioni culturali, ricreative e ricettive.
Rispetto alle 7.000 persone residenti nell’area nel 2000, al suo completamento nel 2020 il progetto prevede 4.000 nuove case per una popolazione di 16.000 persone, 230.000 mq di servizi, 15.000 mq di negozi, hotel e altri servizi alla persona e 35.000 mq di servizi pubblici. Il distretto dovrebbe generare così 25.000 posti di lavoro. Infine, 3.000 nuovi alberi sono un numero importante per introdurre un altro aspetto di questo progetto. A partire dal 2003 infatti Lione e la confluenza entrano nel programma Concerto della Comunità Europea con l’obiettivo di dimostrare forme d’uso efficiente dell’energia a scala urbana. Progressivamente, l’attenzione si sposta dall'energia a tutti i temi della sostenibilità ambientale e nel 2009 l’autorità metropolitana stabilisce una partnership con il WWF per sviluppare il primo quartiere francese ad impronta ecologica ridotta.
Obiettivi prioritari: efficienza energetica (la prima generazione di edifici ha un consumo di energia primaria minore di 60 kWh/mq/anno, contro i 150 kWh/mq/anno permessi dalle leggi nel 2005, la seconda generazione di edifici ha abbassato i consumi a 15–30 kWh/mq/anno), uso di fonti rinnovabili (il complesso Hikari di Kengo Kuma userà un mix di fotovoltaico, energia geotermica e un impianto di cogenerazione alimentato da olio di colza locale), gestione sostenibile dei rifiuti (con compostaggio locale e un obiettivo di riciclo al 70%), mobilità sostenibile (con una distanza massima di 400 metri tra le fermate del servizio pubblico e 0,6 posti macchina ad abitazione), gestione sostenibile delle acque con una riduzione del 50% del consumo di acqua potabile (attraverso il recupero dell’acqua piovana e il riciclo delle acque grigie) e il trattamento locale dell’acqua piovana in eccesso, direttamente reimmessa nella Saône.
È chiaro che l’obiettivo di insieme perseguito in questi anni dalla città è stato quello di darsi non solo un nuovo centro ma una nuova identità: acquatica, ecologica, innovativa. E nonostante il quartiere sia ancora parzialmente in cantiere, l’appena inaugurato museo della confluenza tra i saperi rappresenta già la punta di diamante di uno straordinario paesaggio culturale in cui il passato e il futuro, l’arte e la tecnica, la gestione d’impresa e quella del territorio, convergono in una avventura sorprendente.
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