Dal gioco nascono nuove forme di cultura, afferma il teorico dei giochi Brian Sutton-Smith del suo fondamentale libro The Ambiguity of Play. Ma come ‘giocare’ meglio nella cultura contemporanea?
Diplomazia dei giochi
Il padiglione temporaneo di Shigeru Ban nell’ambascita brasiliana di Tokyo offre lo spunto per una conversazione con André Corrêa do Lago, diplomatico ed economista, sul ruolo di chi organizza giochi ed eventi e sulla trasformazione in positivo dello stile di vita della gente comune.
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- Rafael Balboa, Ilze Paklone
- 10 novembre 2014
- Tokyo
Un’idea potrebbe essere quella insita nei rituali di qualunque attività ludica, radicata nella sinergia tra stratega, giocatore e gioco. Considerando la struttura del gioco, tra giocatore e stratega c’è un rapporto gerarchico. Il primo agisce in base a una serie di regole e di vincoli decisi dal secondo, figura che articola e legittima un determinato modo di giocare. Benché entrambi siano essenzialmente decisori e giocatori, il secondo è più consapevole della natura del gioco, è un “diplomatico del gioco”, potremmo definirlo nel quadro del nostro discorso.
Sono trascorsi tre mesi dalla conclusione della più importante manifestazione sportiva di quest’anno: la Coppa del Mondo della FIFA, che si è svolta in Brasile. Nello stesso Paese, Rio de Janeiro attende tra un paio d’anni i prossimi giochi olimpici e altre città come Tokyo si stanno già preparando ad accogliere le Olimpiadi del 2020. In tutti i casi, gli organizzatori cercano di trarre profitto dalle lezioni precedenti, consapevoli dell’arricchimento culturale che queste occasioni possono portare alle rispettive città. Proprio in questo scenario, la figura dello stratega emerge come coordinatore delle forze coinvolte, in termini talvolta anticipatori, altre volte speculativi, ma sempre puntando a una trasformazione positiva dello stile di vita della gente comune.
Abbiamo parlato con André Corrêa do Lago, diplomatico ed economista, attualmente ambasciatore del Brasile a Tokyo. Nonostante non possieda una formazione da architetto, è molto sensibile alle questioni che riguardano il rapporto tra architettura e sostenibilità, considerato nel suo Paese, il Brasile, uno dei principali punti critici. Quest’anno, per la sua preparazione e la sua qualità di stratega, è stato nominato curatore del padiglione del Brasile alla 14. Biennale d’Architettura di Venezia.
In ricordo di un altro importante stratega, la conversazione inizia citando una donna che fu il trait-d’union tra due continenti e fu direttore di Domus nel 1944: l’architetto modernista brasiliano Lina Bo Bardi, di origini italiane. È il caso di ricordare quanto un decisore possa influire su un’intera generazione, nel bene e nel male. Corrêa do Lago sottolinea come sia stato sotto il regime militare che la città di Brasilia sia assurta a simbolo nazionale del pensiero moderno. E, tuttavia, l’opera di Bo Bardi e di molti altri celebri architetti della sua generazione e di quella seguente, come Paulo Mendes da Rocha e João Filgueiras Lima (noto semplicemente come “Lele”) rimase ignota al mondo fino alla caduta del regime negli anni Ottanta.
Con particolare attenzione alla sostenibilità e all’architettura effimera, il diplomatico ha dato incarico al Pritzker di quest’anno, l’architetto giapponese Shigeru Ban, di progettare un padiglione destinato a durare fino alla fine della Coppa del Mondo del 2014. L’incarico prevedeva la collocazione dell’opera all’ingresso della sede dell’ambasciata, progettata nel 1982 dall’architetto brasiliano Ruy Ohtake. Per Corrêa do Lago la strategia era interessante dal punto di vista del confronto tra due opere radicalmente opposte: la più solida e monumentale architettura di calcestruzzo di Ohtake e l’intervento di Shigeru Ban, fatto dei suoi tipici tubi strutturali di carta. La scelta di Ban corrispondeva in parte alla qualità effimera che ritorna nella maggior parte dei suoi edifici, poiché Corrêa do Lago ritiene che questa tipologia architettonica sia sottovalutata a causa della brevità del suo arco di vita. Secondo lui, è importante il fatto che questi interventi siano relativi solo al loro specifico momento, con la potenzialità di creare un forte impatto sociale.
La sede dell’ambasciata brasiliana di Tokyo è stata concepita come una facciata di vetro ricurva che corre lungo una stretta strada del quartiere di Kita-Aoyama. Come molti altri progetti realizzati da Ohtake nel corso della sua carriera, consiste in un gioco ricorrente di volumi ricurvi e di colori, che fa spiccare la sua architettura tra gli altri edifici residenziali della zona. Il progetto originario consisteva in un ampio atrio sviluppato in altezza, cui si accedeva da una gradinata lungo la strada, in cui la proposta di Ban collocava una tettoia translucida posata su massicce colonne di carta che fungevano da struttura del padiglione. L’introduzione di questi elementi inseriva un nuovo livello di profondità e di ritmo nello spazio preesistente, creando aree interposte dove le persone potevano incontrarsi e interagire. L’arredamento, anch’esso di carta, era parte integrante del progetto proposto dall’architetto premio Pritzker. L’elemento più singolare del padiglione era una partizione realizzata con sezioni di tubi di carta che apparivano come cerchi vuoti in cui erano collocati a caso palloni da calcio. Come spiega Corrêa do Lago è stata pensata come una specie di paravento simile al giapponese byobu (屏風) – parola che, fa notare l’ambasciatore, viene dal portoghese biombo, o paravento pieghevole – che, invece che dividere, collega lo spazio tramite l’aria e la luce.
Lo stratega dei giochi possiede una particolare capacità di intuire le potenzialità dei giocatori allo scopo di ottenere da essi le prestazioni migliori, prima come individui e poi come entità in collaborazione. In occasione della Coppa del Mondo Corrêa do Lago ha invitato anche Darko Radović, professore di Architettura e Urbanistica all’università di Keio, e i suoi studenti (co+labo), che svolgono attività di ricerca, tra l’altro, sulla qualità urbana degli spazi pubblici di Tokyo in previsione per le Olimpiadi del 2020. In senso più sperimentale e speculativo il loro intervento ha fatto da interfaccia tra la sfera pubblica e quella privata. Consisteva nella realizzazione di un contenitore nero anonimo a mo’ di arredo apribile, ovvero di “armadio urbano” (in certo qual modo derivato dall’idea di World-Cup-Board, un ”contenitore da Coppa del Mondo”), sulle cui pareti i visitatori potevano disegnare schizzi delle loro idee. Aperto, il contenitore diventava una vetrina per esporre vari prodotti di origine brasiliana con alcune pubblicazioni di co+labo.
In questo gioco il padiglione di Shigeru Ban non fungeva da protagonista, ma da palcoscenico. Al quartiere offriva un’occasione per incontrarsi, talvolta casualmente, talaltra più seriamente, diventando un luogo dove discutere di architettura e della tradizione culturale del rapporto tra manifestazioni sportive e città, coniugando metaforicamente il verbo ‘giocare’ nei tre tempi: passato, presente e futuro. André Corrêa do Lago, stratega bifronte, è un diplomatico nomade che si sforza di ripensare la propria cultura nei rapporti con le altre e un critico d’architettura che si interessa al rapporto quotidiano delle persone con la città e con l’architettura. Termina la conversazione ricordando che non sempre le mosse giuste funzionano, ma con la ferma convinzione che quel che interessa alle persone è la qualità.
© riproduzione riservata
Padiglione del Calcio 2014
Tokyo, Minato-ku
Progetto e coordinamento del sito: Shigeru Ban, Nobutaka Hiraga, Grant Suzuki, Hernan Concha Emmrich
Destinazione: spazio per manifestazioni
Committente: Ambasciata della Repubblica federale del Brasile a Tokyo
Superficie del sito: 158 mq
Area calpestabile totale: 124 mq
Apertura: 11 giugno – 18 luglio 2014