Italia : USA = Città : Natura. È questa l’invisibile quaterna proporzionale alla base della mostra “Beyond Environment” curata da Emanuele Piccardo e Amit Wolf al LACE di Los Angeles. Per l’Italia il riferimento è all’esperienza della Superarchitettura (1963-1973) e, in particolare, alle sperimentazioni architettoniche/artistiche compiute da Gianni Pettena nel decennio ’60-’70.
Beyond Environment
Il tema della mostra “Beyond Environment”, sottolineato dai curatori Emanuele Piccardo e Amit Wolf, è l’intreccio tra arte e architettura, città e natura, che ha caratterizzato la seconda metà del Novecento.
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- Luca Guido
- 31 ottobre 2014
- Los Angeles
Per gli USA invece si tratta delle opere di Robert Smithson, Allan Kaprow e Gordon Matta-Clark che hanno introiettato il concetto di environment, con tutte le sue possibili declinazioni, introducendolo nella scena artistica americana. Il tema di fondo, sottolineato dai due curatori, è l’intreccio tra arte e architettura, città e natura, che ha caratterizzato la seconda metà del Novecento attraverso l’opera disincantata e provocatoria dei protagonisti citati.
“Beyond Environment”, che ha ricevuto i grant della Graham Foundation for Advanced Studies in the Fine Arts e della Woodbury University School of Architecture, è qualcosa di più di una mostra. È un progetto che comprende una pubblicazione e un concorso per progettare il display espositivo. Il libro, edito dalla casa editrice Actar, non è concepito come un catalogo, ma è un’indagine critico-interpretativa sull’environment, supportata da importanti testimonianze e materiali di archivio non presenti in mostra. Il concorso di progettazione, vinto dal collettivo di architetti Pentagon (Dale Strong/ Paul Trussler/Paul Stoelting/Tyler McMartin), è stato organizzato per creare un’interazione tra visitatore e opere. Il risultato è Sonic, una successione di tre environment a forma di spirale che movimentano la sala espositiva creando così una nuova percezione spaziale.
Nel primo environment viene proiettata la performance del Living Theatre, realizzata nel 1969 presso la discoteca Space Electronic di Firenze (progetto del gruppo 9999) e registrata dalla cinepresa di Fabrizio Fiumi. Negli altri due è l’opera di Allan Kaprow ad assumere particolare importanza con la proiezione di una immagine fissa ed un video, documenti inediti ritrovati negli archivi del Getty Research Institute. L’immagine scelta è una barba rovesciata dal titolo ironico, Smile, parte dello score dei 18 Happenings in six parts (1959), così come il soundtrack dello stesso progetto che contamina l'intera galleria. Nel secondo caso, Scales (1971), è il video dell'happening della costruzione di una scala con blocchi di cemento.
Se da una parte viene presentata la strategia degli happening di Kaprow, influenzato dal lavoro di Anna Halprin, inventrice della performing art, oltre che moglie del paesaggista Lawrence Halprin, dall’altra l’utilizzo dello spazio della discoteca, intesa come environment, consente al pubblico una sperimentazione comportamentale libera da ogni vincolo. Così come era stato suggerito da Leonardo Savioli nel suo corso universitario di Arredamento e Architettura degli Interni dedicato al Piper, che influenzò molti superarchitetti.
La sintesi tra le istanze americane e quelle italiane viene compiuta dal giovane Pettena, proveniente dagli studi di architettura a Firenze e attento frequentatore delle gallerie d’arte, vero luogo anti accademico della sua educazione architettonica. A tal proposito è durante la performance Asphalt Rundown che Pettena incontra Smithson.
La colata bituminosa che Smithson realizza nel ’69, su invito di Fabio Sargentini, proprietario della galleria L’Attico, perfettamente documentata dalle suggestive fotografie di Claudio Abate, stabilisce anche la misura dell’operazione e la portata del differente approccio adottato da Pettena.
La conferma avviene con i dialoghi idealizzati che Pettena stabilisce soprattutto con Kaprow, attraverso le Ice House I e II (1971) di Minneapolis, in cui la presenza architettonica, seppur letteralmente annegata, rimane “l’anima necessaria” a soddisfare gli esperimenti artistici intrapresi. Lo stesso vale per le opere che Pettena realizza nello Utah, a Salt Lake City. Qui, il rapporto con l’environment e i “materiali” della natura è indiretto, mediato dalla presenza di una struttura architettonica, come nel caso della Clay House (1972), una piccola villa unifamiliare che viene ricoperta di creta da una performance degli studenti, o come nell’installazione Tumbleweeds Catcher (1972), una torre in legno sulla quale vengono collocati i famosi cespugli rotolanti.
Nell’evidenziare analogie e differenze tra installazioni e performance con una documentazione puntuale, i curatori sottolineano come la relazione con l’environment funga da catalizzatore, nonostante le sperimentazioni americane di Pettena non si svincolino mai definitivamente dalla dimensione urbana che aveva caratterizzato la sua precedente fase italiana.
Il significato della mostra non è tuttavia quello di una mera ricerca storiografica poiché stimola importanti interrogativi: che fine ha fatto, nei progetti contemporanei, la voglia di provocare, di andare oltre la superficialità? È ancora possibile mettere in crisi i valori estetici precostituiti come queste sperimentazioni hanno cercato di fare? L’importanza che riveste il progetto “Beyond Environment” non è solo nell’aver evocato collaborazioni idealizzate, ma è anche l’aver indicato spazi di libertà, nell’aver suggerito che altre vie sono possibili nella costruzione del nostro environment.
© riproduzione riservata
fino al 9 novembre 2014
Beyond Environment
LACE, Los Angeles Contemporary Exhibitions