Si avvia a conclusione la costruzione della Fondation Jerôme Seydoux-Pathé, ultimo progetto parigino del Renzo Piano Building Workshop, pensato per la promozione dell’arte cinematografica e la conservazione della collezione Pathé, storica società cinematografica fondata nel 1896.
RPBW: Fondation Pathé
Thorsten Sahlmann ci racconta lo spirito dell’ultimo progetto parigino di Renzo Piano: la sede della Fondation Jerôme Seydoux-Pathé che ospiterà uffici, archivi, un centro di documentazione e ricerca, spazi per esposizioni e sala per proiezioni della storica società cinematografica.
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- Salvator-John A. Liotta
- 21 luglio 2014
- Parigi
La Fondation si trova nel XIII arrondissement sulla Avenue des Gobelins, a due passi da Place d’Italie, su un lotto occupato dal théâtre des Gobelins già da fine XIX secolo. Convertito nel rinomato Cinema Rodin nel 1934 e poi ancora radicalmente trasformato in cinema multisala negli anni ’90, il nuovo progetto – nel suo ultimo stadio di metamorfosi – ospiterà su una superficie di circa 2.200 mq gli uffici, gli archivi della Pathé, un centro di documentazione e ricerca, spazi per esposizioni e sala per proiezioni. Thorsten Sahlmann di RPBW ci ha guidato in una visita del cantiere e raccontato lo spirito del progetto.
Salvator-John A. Liotta: Concetto e contesto sono due elementi inderogabili del progetto. Negli ultimi anni vi è un interesse crescente per interventi che dialogano con il contesto, mettendosi in ascolto dell’esistente per captarne segnali, suggerimenti. Vi sono però dei casi – come la griglia di New York, divenuta nel tempo una delle capitali del mondo – dove il concetto, l’idea, il modello seppur totalmente slegati dal contesto, forse grazie alla potenza dell’astrazione, riescono a creare un luogo totalmente nuovo. Come avete risolto questo binomio concetto-contesto nel progetto per la Fondation Jerôme Seydoux-Pathé? Thorsten Sahlmann: RPBW ritiene fondamentale coltivare una sensibilità specifica verso ogni singolo luogo. In tal senso, inserire un’architettura in una città con una forte stratificazione storica — come lo è Parigi — rappresenta una sfida complessa, perché porta a ingaggiarsi in un dialogo il più possibile aperto con l’esistente. Quando abbiamo cominciato il progetto ci siamo subito confrontati con i vincoli costruttivi locali. Ci siamo trovati – insieme ai tecnici comunali – a utilizzare questo progetto quasi come un caso studio, capace di dare indicazioni per implementare la qualità architettonica urbana.
Oltre a rispondere alle richieste funzionali del cliente, abbiamo voluto aumentare la qualità dello spazio urbano che circonda il nuovo progetto mantenendo fermi tre principi: rispetto per storia passata, apertura verso l’innovazione, aumento della quantità di verde. Renzo Piano ha messo in valore la facciata dell’edificio preesistente sulla avenue des Gobelins. Questa scelta è stata determinata non solo dai valori storici e artistici della stessa – già dichiarata bene storico nel 1977, su di essa si trovano delle sculture del periodo giovanile di Auguste Rodin – ma soprattutto dal fatto che si tratta di un landmark urbano del quartiere, un’icona alla quale la gente è affezionata e che riconosce.
Salvator-John A. Liotta: da un lato si preserva l’involucro esterno dell’edificio, invece all’interno sembra che sia atterrato un alieno, un volume sinuoso che ascende verso l’alto. Uso il termine alieno nel suo senso etimologico ovvero “altrui, straniero”: nella morfologia architettonica parigina mi sembra non esista un riferimento diretto. Da cosa dipende questa forma, come siete arrivati a definirla nel suo complesso? Thorsten Sahlmann: oltre la facciata storica, troviamo la lobby della Fondation Seydoux-Pathé, uno spazio trasparente che funziona come accesso alla fondazione e ricorda una serra. Dalla strada i passanti vedono un giardino e alzando gli occhi godono del volume curvo che ospita le funzioni principali dell’intervento progettuale. Abbiamo disegnato un “egg-shaped form”; l’idea era di progettare come un’entità organica dalle forme fluide che trova la sua intimità nella metropoli. Abbiamo liberato uno spazio precedentemente molto costruito, con il risultato che il lotto trapezoidale adesso respira e permette un attraversamento fluido dello spazio. Infatti, l’edificio a piano terra presenta pochi supporti verticali che permettono grande permeabilità sia visuale che fisica. La forma della parte superiore del progetto è determinata dal rispetto della distanza degli edifici circostanti e soprattutto dall’idea che potevamo migliorare le condizioni di illuminazione e ventilazione naturale del vicinato. I proprietari hanno sposato l’idea di avere più verde e meno costruito, a tutto beneficio della qualità generale del progetto. In tal senso, abbiamo ridotto l’impronta al suolo per creare un giardino nel retro dell’edificio: ne risulta un’isola vegetale nel diffuso contesto minerale parigino. Tra l’altro, data la differenza di quota fra fronte e retro, e la necessità di collegamento, abbiamo preferito utilizzare un lieve declivio piuttosto che connessioni con salti di quota e rampe. Ne risulta un piano terra in leggera pendenza che si adegua naturalmente alla topologia del luogo.
Salvator-John A. Liotta: la facciata continua è composta da una doppia pelle, a tratti piena e a tratti trasparente. Questa differenza si percepisce a sera quando si accendono le luci degli uffici. Che atmosfere avete cercato di produrre? Con quali materiali e attraverso quali accorgimenti tecnici? Thorsten Sahlmann: la superficie esterna è realizzata da migliaia di tessere di alluminio perforato. I primi due piani contengono dei materiali sensibili alla luce e non necessitano alcuna apertura. Gli ultimi due piani – che ospitano gli spazi per uffici e una sala riunioni – grazie alla realizzazione della doppia pelle in alluminio e vetro, godono al massimo della luce naturale. Inoltre, gli archi in legno esaltano la spazialità interna dell’edificio che risulta molto confortevole. Nel suo complesso ricorda la chiglia di una nave che solca il cielo di Parigi. La Fondazione Seydoux-Pathé è una presenza molto discreta, sia di giorno con i riflessi dovuti agli agenti atmosferici, sia la notte, quando emana una luce soffusa. Lo spazio d’ingresso dietro la facciata principale, diverrà luogo di proiezione, grazie all’ausilio di una tecnologia avanzata per la proiezione di video in alta definizione in piena luce. Questo contribuirà ad aumentare le sovrapposizioni fra gradazioni luminose e alternanze di proiezioni visuali che compongono i volumi costruiti: contribuendo a creare un’atmosfera rarefatta, serena.
Salvator-John A. Liotta: Per il progetto avete beneficiato di tecniche di modellazione digitale avanzata, cosa che permette al progetto di adattarsi parametricamente al contesto. Thorsten Sahlmann: Abbiamo utilizzato dei software di modellazione parametrica che ci hanno permesso in particolare tre cose: di gestire la complessa distribuzione delle tessere di alluminio sulla facciata, determinando così una desiderata continuità della superficie. Di controllare sia la dimensione dei fori che la loro densità su ogni singolo pannello. I fori più piccoli sono esposti verso sud dove sono anche più densamente distribuiti per schermare meglio la luce solare. Ciò determina differenti performance ambientali. Infine, nel momento della fabbricazione dei pezzi, trattandosi di elementi diversi fra di loro, con un alto grado di varietà formale, l’utilizzo di software parametrici ci ha permesso di dialogare con l’impresa di costruzione in modo ottimale. A dimostrazione che singolarità, specificità e differenziazione sono economicamente gestibili e praticabili.
Interpretazione raffinata di un certo tipo di trasparenza, elegante sintesi formale data da una vera sensibilità verso il contesto, tecnologicamente avanzato e in cerca di un riequilibrio fra densità minerale e vegetale, il progetto di Renzo Piano per la Fondation Jérôme Seydoux-Pathé presenta un’ottima qualità dell’immaginazione. Sarà aperto al pubblico dal 10 settembre 2014.
© riproduzione riservata
Fondation Jerôme Seydoux-Pathé, Parigi
Renzo Piano Building Workshop, architects
Design team: B. Plattner e T. Sahlmann (partner e direttore lavori) con G. Bianchi (partner), A. Pachiaudi, S. Becchi, T. Kamp; S. Moreau, E. Ntourlias, O. Aubert, C. Colson, Y. Kyrkos
Consulenti: VP Green (strutture); Arnold Walz (modelli 3d); Sletec (consulente costi); Inex (MEP); Tribu (sostenibilità); Peutz (acustica); Cosil (illuminazione); Leo Berellini Architecte (interni)
Superficie costruita: 2.200 mq
Superficie del sito: 839 mq
Altezza: 25 m
Piani: 5