Richard Rogers: Inside Out

A 80 anni appena compiuti, Richard Rogers è  uno dei più importanti architetti attivi oggi in Gran Bretagna. La mostra alla Royal Academy of Arts ne celebra la cinquantennale carriera.

Nel corso della sua cinquantennale carriera Richard Rogers è diventato uno dei più importanti architetti attivi oggi in Gran Bretagna.

Tra i suoi capolavori il Centre Pompidou di Parigi (1971-77), progettato con Renzo Piano, e la sede dei Lloyd’s di Londra (1986), la cui estetica industriale, insieme con il linguaggio ispirato all’adattabilità e alla trasparenza, sono diventati il tratto caratteristico dell’architetto. Questi e altri progetti sono attualmente esposti nella mostra Richard Rogers RA: Inside Out alla Royal Academy di Londra. Ideata da Rogers, progettata da suo figlio Ab e realizzata da Jeremy Melvin della Royal Academy,Inside Out non vuole essere una vetrina della straordinaria produzione dell’architetto ma un quadro della sua collocazione nella cornice delle più vaste forze sociali, economiche, ambientali e politiche che agiscono sulla sua architettura e ne sono a loro volta influenzate.

Richard Rogers, London as it could be

La mostra si articola in quattro sale di Burlington Gardens, lo spazio dedicato dalla Royal Academy all’arte e all’architettura contemporanee. La prima sala è scandita dalle vibranti cromie che sono un altro dei tratti caratteristici di Rogers. Sullo sfondo di pareti rosa shocking dei pannelli azzurri illustrano le pietre angolari della dichiarata ‘etica’ dell’architetto: onestà, politica, città, estetica e cooperazione. Altri pannelli descrivono come questi concetti si realizzino attraverso Rogers Stirk Harbour + Partner, il quinto e attuale studio dell’architetto. Fondato nel 2007 come istituzione benefica, stanzia il 20 per cento dei profitti a iniziative di beneficienza scelte dai titolari e dai dipendenti, che condividono un ulteriore 75 per cento dei profitti. Non si occupano di progetti militari, carcerari o che riguardino la produzione di armi.

Richard Rogers, atrio dei Lloyds of London

Benché meno cromaticamente vivido, dal punto di vista visivo il resto della mostra è altrettanto stimolante. Al centro delle due sale seguenti c’è una varietà di grandi modelli d’architettura, mentre lungo le pareti una scaffalatura continua è dedicata a fotografie, conferenze e altri pezzi che documentano l’attività dell’architetto, nonché ai suoi ispiratori, da Frank Lloyd Wright a Buckminster Fuller e a Jean Tinguely. Questi pezzi sono integrati da oggetti più personali, tra cui un astuccio di matite colorate dono di Norman Foster, suo associato nello studio Team 4 (1963-67), e da ceramiche della madre Dada Rogers. Queste ultime rivelano le radici italiane di Rogers: benché si sia trasferito in Gran Bretagna nel 1939 il suo impegno socioculturale ricorda architetti italiani come il cugino Ernesto Nathan Rogers, ex direttore di Domus.

Richard Rogers, Zip Up House

Queste istantanee si organizzano intorno a sette temi, intesi a illustrare l’etica di Rogers in termini architettonici: tra questi Il senso del tempo e del luogo, Fare di più con meno e Democratizzare il brief. Il primo comprende i Lloyd’s, il rivoluzionario palazzo per uffici rispettoso della topografia medievale delle vie circostanti. Il secondo comprende la casa Zip-Up, non realizzata (1968), in cui l’uso di elementi edilizi prefabbricati e leggeri si ispira a intenti ecologici. L’ultimo tema è esemplificato dal Parlamento del Galles (1998-2005), la cui galleria panoramica espone la discussione dei politici alla vista degli elettori.

La disposizione della mostra, che vede ricomparire alcuni progetti in sezioni tematiche differenti, non sempre funziona. Pur sottolineando come particolari edifici siano rappresentativi di più temi, impedisce la conoscenza approfondita dei singoli progetti e del modo in cui si inseriscono nell’evoluzione professionale dell’autore. In tutti è fortemente sottolineata l’importanza della collaborazione: che si tratti di Peter Rice, l’ingegnere che rese possibile la realizzazione del Pompidou, oppure delle competenze di disegno degli architetti dello studio, Rogers ammette apertamente di non essere un gran disegnatore.

Richard Rogers, National Assembly for Wales

Centrale, in questo autoritratto dell’architetto, è l’impegno politico. Lettere e pubblicazioni illustrano il suo ruolo di consulente della pubblica amministrazione a partire dagli anni Ottanta. Questa attività risale alla sua partecipazione alla mostra London as It Could Be, tenuta alla Royal Academy nel 1986, in cui Rogers invitava i politici a intervenire nel dibattito sul futuro della città.

Questa prospettiva urbanistica è l’oggetto della sala finale. Prende la forma di una piazza cittadina, completa di caffè, area di sosta e rappresentazioni visive degli ostacoli che attendono la crescita di Londra e il modo di affrontare le relative implicazioni in modo socialmente ed ecologicamente responsabile: un dibattito cui il pubblico è invitato a partecipare.

Richard Rogers

Il carattere pubblico del dibattito si contrappone all’assenza nella mostra di interventi critici sull’opera dell’architetto. Per apprezzabile che sia, l’idealità etica di Rogers non sempre si è affermata nella realtà: edifici come il Pompidou si sono rivelati più costosi e meno adattabili di quanto fosse auspicato, mentre complessi residenziali enormemente costosi come l’One Hyde Park di Londra (2011) smentiscono le affermazioni dell’architetto in favore di un’architettura democratica e di carattere pubblico. Ciò nonostante è consolante che un architetto dal profilo tanto alto non abbia usato la forma della mostra in senso autocelebrativo. Al contrario, l’ha considerata come sede per diffondere un messaggio: l’architettura deve essere una professione politicamente impegnata ed ecologicamente responsabile, cosciente del suo ruolo nel promuovere cambiamenti positivi nella società. Nel contesto dei molteplici problemi che stanno di fronte all’architettura e alla società in cui essa agisce, questo è il messaggio che rende Inside Outmeritevole di una visita.