Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 967, marzo 2013
La Villa Méditerranée sembra appartenere da sempre alla città di Marsiglia, al suo porto e al mare. Situato ai piedi del promontorio della Tourette, a nord dell'imbocco del Vieux-Port, l'edificio—a oggi il più significativo lavoro di Boeri Studio (Stefano Boeri, Gianandrea Barreca, Giovanni La Varra)—verrà definitivamente ultimato solo nella primavera del 2013, eppure già si manifesta come elemento irrinunciabile del paesaggio che lo accoglie.
Autentico Giano Bifronte, il complesso volume di circa 8.800 mq mostra alla città e al mare due volti dal carattere profondamente distinto: di una sobria eleganza contemporanea, quasi sommessa, il prospetto antistante le alte mura del Fort Saint-Jean; radicalmente modernista, come fosse una macchina navale all'orizzonte, la facciata verso il Mediterraneo, caratterizzata dall'epico sbalzo di 36 metri, quasi a voler oltrepassare la diga foranea. Tutto ciò, nonostante l'edificio sia completamente avvolto, nella sezione che lo genera, da una pelle continua e uniforme, composta da grandi pannelli di cemento quasi bianco alternati a sincopate aperture lineari, di ampiezze e lunghezze diverse—motivi che ritornano ossessivamente nella produzione dello studio.
La massa sospesa nel vuoto, l'eterno sogno del Modernismo, qui stabilisce un legame complesso con il luogo, un legame dalla doppia natura: in superficie, l'evidente affinità con un'ampia gamma di strutture portuali che si contrappongono all'orizzontalità delle banchine—dalle stazioni marittime alle torri di controllo dei flussi navali—, con il loro linguaggio tipicamente funzionale. A tale proposito, è utile ricordare la sedimentata esperienza di Stefano Boeri nella progettazione in ambito portuale, accumulata nel corso di quasi 20 anni, in molte aree del Mediterraneo: da Napoli a Genova, dalla Grecia all'Isola della Maddalena.
Più in profondità, a Marsiglia, la vertigine dell'architettura sospesa nel vuoto non può non richiamare alla mente uno degli archetipi inconsapevoli del Modernismo: il gigantesco pont transbordeur che collegava le rive opposte del Vieux-Port, fotografato, tra gli altri, da László Moholy-Nagy e menzionato più volte da Le Corbusier e Sigfried Giedion. Il gesto della Villa Méditerranée sembra voler indagare non solo la città tuttora visibile, ma anche la memoria interrotta di Marsiglia.
Una dimora per la cultura mediterranea
La Villa Méditerranée di Boeri Studio è un invito alla riflessione sui destini, incrociati e comuni, che uniscono i popoli del mare.
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- Andrea Zanderigo,Stefano Boeri
- 03 aprile 2013
- Marsiglia
L'entità dell'aggetto ha prodotto anche un'altra conseguenza, forse involontaria, certamente significativa. Al fine di stabilizzare le ampie oscillazioni delle quattro gigantesche mensole reticolari, poste a una distanza di circa 12 metri l'una dall'altra, gli ingegneri strutturali (ar&c) avevano la necessità di aggiungere peso, massa inerziale, con una distribuzione uniforme sulla superficie dello sbalzo. La risposta progettuale è consistita nell'adozione di pannelli di rivestimento esterno particolarmente massivi, in cemento prefabbricato, che gli architetti hanno anche voluto di grandi dimensioni. La pelle—sottile, stratificata e che avvolge come un nastro il volume dell'architettura (in breve, la pelle della vulgata olandese degli anni Novanta)—qui diventa quasi un muro ciclopico, eterno, diverso solo nel colore dai bastioni del retrostante Fort Saint-Jean. Improvvisamente, la Villa Méditerranée si scopre essere più affine alla solidità tettonica delle costruzioni di Fernand Pouillon sulla sommità del promontorio della Tourette e lungo la riva ovest del Vieux-Port, che al fragile ricamo frangisole dell'edificio adiacente, il MuCEM di Rudy Ricciotti.
Addentrandosi nella Villa Méditerranée, si scopre come il gesto potente e, persino troppo esplicito, del progetto di concorso—al quale va comunque riconosciuto il merito di accennare a una retorica comprensibile, in qualche modo democratica—si è tradotto in un edificio realmente complesso e poliedrico, che riesce a inanellare una ricca sequenza di spazi interni, tra loro estremamente diversificati. L'atrio—dalle drammatiche proporzioni, stretto e alto—attraversa trasversalmente tutta la larghezza della struttura, chiarendo, ancora una volta, che si tratta di un'architettura pensata soprattutto a partire dalla sua sezione. Le due pareti che ne delimitano il volume, non essendo parallele né in pianta né in alzato, creano un certo grado di tensione, rafforzato dalla scala mobile, posizionata diagonalmente, e dai ponti sospesi che attraversano lo spazio. L'assenza di colore riesce a legare tra loro tutti gli elementi che compongono l'atrio. La luce, nel pomeriggio, lo attraversa in diagonale, proiettando il regolare ma intricato reticolo strutturale sul campo neutro della parete inclinata. La profondità di queste ombre cresce progressivamente, allontanandosi dall'ingresso, a causa dell'astuta piega diagonale della parete stessa. Si ha la sensazione di trovarsi all'interno di un gigantesco Merzbau, solo più ordinato, fortunatamente.
Una pelle di cemento quasi bianco avvolge come un nastro il volume architettonico: sembra un muro ciclopico
Lo spazio all'ultimo piano, basso e largo, si rastrema in altezza, avvicinandosi alla lunga finestra orizzontale verso il mare aperto: luogo privilegiato per l'osservazione dei flussi del porto. Il solaio, debolmente inclinato verso l'alto, sembra quasi veicolare fisicamente all'osservatore la variazione esponenziale degli sforzi delle membra strutturali, che attraversano diagonalmente lo spazio definendo tre campate parallele. Non serve traguardare l'acqua del bacino sottostante, attraverso le bucature del pavimento di legno, per capire di essere sospesi nel vuoto. Dall'atrio, si accede al volume diametralmente opposto a quello aereo—il grande spazio subacqueo—attraverso una complessa sequenza di scale: la prima, lineare, quasi nascosta da quella mobile, introduce progressivamente alla scoperta di una seconda scala, ben più spettacolare, che, con un'ampia elica metallica priva di supporti, raggiunge il livello più basso aperto al pubblico.
L'ampio spazio, quasi quadrato, è dominato dalla presenza di quattro elementi cilindrici: la scala appena menzionata, il volume contenente i collegamenti verticali, uno spazio flessibile definito da una tenda mobile fonoassorbente e l'auditorium, autentico gioiello ligneo. Ancora una volta, la percezione di essere sotto la superficie marina è nettissima, rafforzata dalla presenza della tremula luce che filtra dalle bucature sul soffitto. I muti volumi cilindrici sembrano plasmati dalla necessità di resistere alla pressione dell'acqua. L'architettura allude, con discreta eleganza, all'immaginario di possibili mondi subacquei. Capolavori invisibili al pubblico, gli spazi che ospitano le vie di fuga riemergono in superficie a partire dal lato sud-ovest del livello subacqueo: vani di cemento grezzo a cielo aperto, coperti alla quota della spianata da un grigliato metallico e percorsi da una comune scala di sicurezza. Il processo di emersione alla luce trasmette l'evidenza di quanto in profondità, docilmente, l'architettura avesse condotto il visitatore. L'emersione avviene sull'altro lato del canale che alimenta la piazza d'acqua, in prossimità della facciata del MuCEM, permettendo di misurare la maggiore ampiezza del volume sommerso rispetto alla porzione in superficie dell'edificio.
La poliedrica complessità spaziale della Villa Méditerranée riflette il programma ibrido e indefinito che dovrà ospitare: fortemente voluto da Michel Vauzelle, presidente della Regione Provence-Alpes-Côte d'Azur, l'edificio sarà la sede dell'Assemblée Régionale et Locale Euro-Méditerranéenne—un ente, ancora in gestazione, teso a promuovere fattivamente gli scambi e le collaborazioni tra le varie aree che si affacciano sul Mediterraneo. L'architettura progettata e realizzata da Boeri è sufficientemente flessibile e indeterminata sul piano programmatico da poter accogliere e stimolare una gamma di attività a oggi non completamente definite: da sede di rappresentanza dell'assemblea a spazio espositivo; da complesso congressuale a teatro di eventi culturali. All'indeterminatezza programmatica, in questo caso, fortunatamente, non corrisponde quella delle scelte architettoniche, semmai il contrario: la struttura è disponibile all'uso, proprio in virtù della precisione della sua architettura. La medesima precisione e complessità che la Villa Méditerranée dimostra nei confronti del materiale fondamentale attorno a cui è stata costruita: l'acqua del Mediterraneo.
Il rapporto, mai scontato, seppur abilmente retorico, con la superficie marina è evidente anche nell'inversione della sequenza naturale città-edificio-acqua. Infatti, dal promontorio della Tourette, un braccio di mare divide l'edificio dalla terra ferma, come se sorgesse su un'isola; viceversa, la percezione dal mare aperto è quella di una costruzione sospesa parallelamente al suolo. Infine, a rendere ancora più complesso il sistema di relazioni, quasi l'avesse progettata Camillo Sitte, la piazza d'acqua diviene visibile solo una volta entrati nel suo invaso, efficacemente definito da un tetto, una parete e da alcuni gradini sui tre lati liberi. Sopra e sotto la piazza d'acqua, il punto privilegiato di osservazione delle future trasformazioni, probabili e possibili, del Mediterraneo. Andrea Zanderigo. Architetto
Il mare nell'architettura
1. La Villa Méditerranée è un luogo di ricerca e pensiero che ingloba il mare al suo interno. Quando ne ho concepito l'architettura, nel 2003, stavo partecipando con il gruppo Multiplicity a una ricerca sulle rotte dei migranti clandestini nel Mediterraneo. Il titolo della nostra ricerca era Solid Sea. Volevamo denunciare la nuova natura del Mediterraneo, divenuto un "mare solido" percorso da rotte specializzate e rigide come autostrade, che non permettono mai ai loro utenti (migranti, turisti, militari, pescatori...) d'incontrarsi e comunicare.
Un anno prima, con Multiplicity, avevamo portato alla Documenta XI di Kassel la ricostruzione di una tragedia avvenuta al largo delle coste della Sicilia: un naufragio in cui avevano perso la vita, nell'indifferenza delle autorità italiane, maltesi e libiche, circa 283 profughi provenienti da India, Pakistan e Sri Lanka. Dal desiderio di contrastare questa deriva d'isolamento è nata l'idea di un'architettura sul bordo del mare, che fosse dichiaratamente aperta verso gli scambi di culture che dal mare provengono: ricercatori, studenti, artisti, intellettuali, turisti... Un'architettura capace di rappresentare il meticciato di lingue, gusti e colori che Marsiglia ha accolto dalle altre città mediterranee. O in grado di incarnare il progetto ambizioso di Michel Vauzelle, presidente del Conseil régional de Provence-Alpes-Côte d'Azur: rilanciare da Marsiglia—in un'Europa in crisi, un Nord Africa in fermento e un Medio Oriente lacerato—le relazioni culturali e politiche tra le diverse sponde e città del Mediterraneo.
2. La Villa è un'architettura di banchina. Sono sempre stato ossessionato dalle architetture portuali. Per molti anni—a Genova, Salonicco, Napoli, Trieste, Mitilene e La Maddalena—, ho studiato, pensato e progettato edifici sul bordo dell'acqua. Architetture come silos, stazioni navali, magazzini, torri di osservazione, bacini di carenaggio. Edifici che operano come infrastrutture di bordo, abituati a misurarsi con i volumi mobili delle grandi navi e dei container; a fungere da confine tra gli specchi d'acqua e i piazzali di parcheggio e movimentazione delle merci. La Villa Méditerranée è una costruzione che unisce ai caratteri dell'architettura civile quelli delle infrastrutture portuali e delle piattaforme off-shore. I suoi spazi, percorsi da una struttura mista in cemento armato e acciaio, si articolano a partire dalla sovrapposizione in pianta di tre livelli paralleli e orizzontali, due dei quali si sviluppano sopra e sotto il livello del mare: una grande galleria espositiva di 1.000 mq, sospesa a 14 metri dall'acqua, e uno spazio per congressi ed eventi teatrali di 2.500 mq sotto il livello del mare. La grande piazza/darsena è il cuore del progetto: un luogo collettivo coperto e protetto dal sole e dal vento. La piazza d'acqua, collegata al mare aperto, permette alle correnti, ai pesci e alle imbarcazioni di entrare direttamente nell'edificio. L'architettura del mare non crea una piscina o una vasca, ma uno spazio utile di attracco e navigazione, gioco, festa, spettacolo, commercio e, perfino, di pesca. La Villa Méditerranée sarà la grande 'cavana' di Marsiglia: il luogo dove la città potrà accogliere le correnti di pensiero e di vita che percorrono il Mediterraneo. Stefano Boeri. Architetto e docente di urbanistica