"La luce è una sostanza potente. Abbiamo con essa un legame primigenio. Ma di fronte a una realtà così potente, le condizioni in cui se ne vive la presenza sono fragili". James Turrell [1]
Nel suo libro Mapping Spaces (1987) l'artista James Turrell discute della sua opera nel rapporto con la luce e con lo spazio. "Le qualità dello spazio devono essere visibili", afferma Turrell, "e l'architettura formale non deve essere predominante." [2]
Questi concetti complementari sul modo in cui egli cerca di riempire lo spazio con la luce riecheggiano nel "pensare tramite lo spazio" dell'opera dell'architetto giapponese Junya Ishigami (1974). Come Turrell, egli cerca di creare un'architettura che è, di fatto, invisibile e che permette ai visitatori di vivere lo spazio in modo diverso.
Fino al 16 giugno l'opera di Ishigami è esposta al centro culturale deSingel di Anversa nella mostra "How small? How vast? How architecture grows".
All'ingresso della mostra, il visitatore entra in uno spazio fortemente illuminato in cui tutto è bianco, pavimento compreso: un ambiente semitrasparente (dove anche gli oggetti più piccoli, collocati nello spazio, sembrano invisibili) e onirico. Anche questa rappresentazione dello spazio basata un'atmosfera semitrasparente è un riferimento a Turrell.
La mostra è stata ideata in origine per la galleria Shiseido di Tokyo nel 2010. Al deSingel la prima sala è un'installazione di otto tavoli. Sono tavoli di legno fatti di stretti fogli di compensato con finiture di tiglio europeo (a Tokyo la finitura era di tiglio giapponese), sostenuti da sottili gambe d'acciaio laccato di bianco. Su di essi sono esposti 58 progetti, realizzati e non.
I disegni, gli oggetti e i modelli collocati sui tavoli sono integrati da brevi note esplicative: 56 brevi commenti illustrano i concetti alla base dei 58 progetti.
L'architettura può essere invisibile?
Al deSingel, un ambiente onirico e semitrasparente – dove anche gli oggetti più piccoli sembrano invisibili – accoglie l'opera di Junya Ishigami: 58 progetti accompagnati da altrettanti brevi commenti.
View Article details
- Angelique Campens
- 20 marzo 2013
- Anversa
Impostazione e materiali dell'installazione sono un riferimento diretto all'architettura di Ishigami. Per esempio, le snelle gambe dei tavoli verniciate di bianco riprendono le travi della sua architettura. Gli oggetti esposti rappresentano un'estetica fragile e delicata, appaiono preziosissimi e incarnano la sfida consistente nel realizzare un'architettura che quasi scompare. Non è una questione puramente estetica: è uno stile di vita. Dichiara Junya Ishigami di cercare di combinare architettura, oggetti artificiali e ambienti naturali per stabilire un nuovo criterio di attività umana.
Inoltre analizza queste idee creando, dal punto di vista di un bambino, opere sul mondo e sui fenomeni naturali. La sua opera oscilla tra poetica e tecnica, mentre l'autore cerca di imparare la termodinamica e la fisica. Il suo lavoro è legato all'interesse per il rapporto tra arte e architettura. È soprattutto evidente nelle sue opere destinate ai musei: nel commento numero 40, per esempio, l'architetto illustra e mostra il modello di un progetto per il pallone realizzato nel 2007 per la mostra "The space for your Future" al Museo d'arte contemporanea di Tokyo. Il pallone cuboide di metallo misura 7 x 13 x 14 metri. Gonfiato di elio, viene esposto in uno spazio di 15 x 20 x 19 metri, pesa più di una tonnellata ed è alto come un edificio di quattro piani. Il che illustra l'idea dell'architetto che, per quanto un'architettura sia pesante, può sempre galleggiare nell'aria. Nel progetto dell'ampliamento di un museo (commento 41) ritorna l'idea del pallone.
Qui, l'atrio è coperto da un materiale acrilico analogo al pallone, che dà l'illusione di galleggiare sul giardino. Ishigami una volta propose anche un progetto per il Grand Palais di Parigi (commento 53). Dato che il Palais viene sempre usato come spazio aperto, voleva suddividerlo in modo da mettere in risalto questa qualità altrimenti trascurata. Per farlo suggerì di mettere in opera delle colossali pareti di 30 metri. Per la Scottish National Gallery of Modern Art (commento 54) ha compiuto studi che reimmaginano l'architettura e l'area del museo. Ha proposto di lasciare intatti gli edifici ma di ricostruire i giardini in modo da integrare i vecchi edifici nei nuovi giardini. Altri temi importanti che ricorrono nella sua opera sono il rapporto tra la natura e l'abitazione, il patio, le città a bassa densità abitativa e nuovi tipi d'ispirazione come quella tratta dalle nuvole e dagli schemi meteorologici.
Nella seconda sala i visitatori possono vedere l'installazione Small Gardens (2007). Qui si trova un basso tavolino da caffè, su cui stanno numerosi piccoli contenitori d'argento; ogni pezzo ha forma differente e contiene un fiore secco.
Junya Ishigami (1974) ha studiato architettura all'Università statale di Belle Arti e Musica di Tokyo. Prima di aprire il suo studio junya.ishigami+associates ha lavorato per lo studio Kazuyo Sejima & Ryue Nishizawa e si è fatto notare con l'installazione Extreme Nature: Landscape of Ambiguous Spaces, che circondava di serre di vetro il padiglione giapponese alla Biennale di Venezia del 2008.
Note:>
1. Kristine Stiles, Peter Selz, a c. di, Theories and Documents of Contemporary Art: A Sourcebook of Artists' Writings, University of California Press, 1996, p. 575.
2. Ibid.