Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 966, febbraio 2013
In questi ultimi anni, il Modernismo belga del dopoguerra è stato più volte esplorato su scala internazionale. È diventato oggetto di numerosi articoli comparsi sulle riviste specializzate e, grazie a mostre e monografie, il pubblico ha avuto occasione di apprezzare il lavoro di architetti locali, in precedenza sconosciuto oltre i confini nazionali. Per quanto non si possa dire che, in questo Paese, architettura e design appartengano alla cultura di massa, gli anni Cinquanta e Sessanta hanno rappresentato in Belgio un momento di crescita straordinaria nelle arti applicate.
A quel tempo, il design e l'architettura avevano un'ampia applicazione in tutta l'organizzazione sociale e gli architetti sperimentavano i principi del Modernismo radicale nella produzione su grande scala di insediamenti residenziali e di nuovi quartieri formati da abitazioni singole.
I maggiori esponenti della scena architettonica belga degli anni Cinquanta—tra cui Willy Van Der Meeren, Jacques Dupuis, Lucien Engels e Renaat Braem—trattavano l'eredità del Funzionalismo ognuno secondo il proprio stile. A una funzionalità senza compromessi e a idee di stampo sociale si accompagnavano, particolarmente nel caso di Willy Van Der Meeren, forme sorprendentemente espressive e quasi decorative, secondo uno standard che si sarebbe presto riflesso anche nel lavoro di progettisti decisamente più provinciali. Un Modernismo piuttosto 'morbido', che raggiunse l'apice nell'Esposizione Universale e Internazionale di Bruxelles del 1958, assunse così in Belgio un'espressione palese, ramificandosi in alcuni casi verso nuove forme storicistiche kitsch e, persino, verso elementi pre-postmoderni.
Scultura abitata
Nei boschi intorno a Liegi, sorge uno dei pochi edifici realizzati di Jacques Gillet: è un capolavoro del Modernismo belga, denso di vita e poco conosciuto, e un importante caso di studio sull'applicazione della sperimentazione architettonica alla realtà del quotidiano.
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- Adam Štěch
- 06 marzo 2013
- Liegi
Nel frattempo, molti altri progettisti dedicavano la loro carriera al perseguimento di un modello più puro di modernismo, al fine di creare spazi architettonici inattesi. Renaat Braem, il cui studio di Anversa è stato trasformato in un museo nel 2006, nei primi anni Sessanta si avvicinava a una nuova interpretazione scultorea del costruire e, nell'ultima parte del decennio, i suoi progetti residenziali adottavano una morbida espressione organica. Casa Van Humbeeck (1966–1970) a Buggenhout, oppure villa Alsteens (1966–1969) a Overijse non erano più strettamente congegni per vivere, decorati solo con dettagli astratti, ma organismi dalla forma complessa, che spesso crescevano sviluppandosi anche nello spazio circostante. Un simile approccio nella modellazione materica può essere individuato anche nel lavoro del solitario Juliaan Lampens, che interpretava le chiese e gli edifici residenziali come volumi brutalisti in cemento grezzo, sulla scia del lavoro del tardo Le Corbusier. L'uso del cemento lasciato a vista e l'espressività formale sono direttamente collegati con la Sculpture House, un progetto iniziato nel 1962 da Jacques Gillet che, con i suoi principi costruttivi e l'idea della creazione intuitiva, metteva in discussione l'estetica del Modernismo postbellico per far ritorno, invece, alle antiche radici dell'esistenza umana, alla natura e all'architettura organica. Nato a Liegi nel 1931, Gillet completa gli studi in architettura nel 1956, all'Accademia di Belle Arti, iniziando subito a testare nuove soluzioni costruttive in cemento che culminano nella forma sperimentale della Sculpture House. In precedenza, a Gillet era stato proposto di collaborare con l'ingegnere Jean-Marie Huberty sull'"impressione estetica" della nuova casa di Huberty a La Hulpe, nei pressi di Bruxelles. Qui, Gillet fece conoscenza con le inedite possibilità formali offerte dal cemento: il tetto, per esempio, fu disegnato da Huberty e dall'ingegnere civile André Paduart in forma di conchiglia con due iperboloidi parabolici di soli cinque centimetri di spessore. Egli riconobbe immediatamente le qualità costruttive ed estetiche del materiale, il cui potenziale legato al basso spessore avrebbe in seguito sfruttato nella Sculpture House.
Prima dell'inizio del progetto, tuttavia, Gillet doveva ancora incontrare altre due anime gemelle: lo scultore Félix Roulin (1931–) e l'ingegnere René Greisch (1929–2000), le cui visioni tecniche e artistiche avevano in comune una combinazione olistica di architettura, arte e scienza che avrebbe rafforzato il loro approccio intuitivo al lavoro creativo. Dopo numerosi progetti in collaborazione (pochi dei quali giunti a realizzazione), il trio fu invitato dal fratello di Jacques Gillet a progettare un'abitazione nei pressi di Liegi. Il sogno dei tre si avvera così nel 1967, quando iniziano a costruire un oggetto scultoreo vivo, lavorando praticamente senza alcun disegno preliminare. Durante il processo di costruzione, emerge spontaneamente un'architettura organica, che si mescola all'ambiente come una roccia che sia stata lì da sempre. A questo proposito, Jacques Gillet scrive nel 1978: "A cosa serve una casa? Al nostro carattere di individui, alla nostra famiglia come entità, all'educazione dei nostri figli, a questo luogo e per questo tempo?". Questo edificio, in particolare, è cresciuto dal terreno. I suoi creatori aspiravano a un progetto originale che non soltanto soddisfacesse le necessità dei committenti, ma potesse anche incarnare la sintesi di differenti campi artistici e scientifici, formando un complesso ispirato alla natura. La critica della standardizzazione e del Modernismo più ortodosso, a loro volta, giocarono un ruolo determinante.
La Sculpture House, la cui facciata coperta di muschio sembra oggi un elemento naturale, è il miglior risultato pratico degli esperimenti condotti negli anni Sessanta in tema di architettura organica e utopica. Assieme alla casa di Gillet, l'Endless House di Frederick Kiesler, le abitazioni scultoree di André Bloc, le visioni residenziali utopiche di Archigram e la scuola sperimentale viennese degli anni Sessanta cercavano nuove forme domestiche e si cimentavano in una serie di esperimenti spaziali attraverso un ritorno al passato: al tempo in cui l'uomo viveva nelle caverne, embrione rifugiato nel ventre materno. Gli spazi sterili e immacolati delle case funzionaliste venivano rimpiazzati da forme organiche e indefinite, che si mescolavano in modo naturale con la vita dell'uomo. In questo caso, il progetto di Gillet si adattava ai suoi abitanti come fosse una moderna caverna quotidiana, in grado di svolgere il suo ruolo come qualsiasi altra casa. Il fratello di Jacques Gillet e la sua famiglia vivono nella Sculpture House da 40 anni: l'utopia è diventata parte della vita di tutti i giorni. La casa è stata costruita in rete metallica sagomata a creare una forma organica attorno a diversi elementi solidi, compresi il pavimento in cemento e il camino. La sua ubicazione precisa non era predeterminata; al contrario, i progettisti compirono una serie di esperimenti in cantiere per stabilire la posizione definitiva dei muri, utilizzando una griglia pieghevole fatta di tondini da otto millimetri. Il passo successivo fu utilizzare una particolare tecnica di spruzzo per applicare il calcestruzzo alla rete, formando uno strato solido di cinque centimetri di spessore. La spruzzatura fu eseguita dalla società Pasek, specializzata dagli anni Sessanta nell'applicazione di cemento e gesso a secco usando uno speciale ugello Refra-Gun, un processo che doveva essere costantemente controllato dagli operatori per garantire uno spessore omogeneo. Nella fase finale, il guscio di cemento fu completato con le cornici per le finestre. Queste ultime contrastano con l'involucro in calcestruzzo e creano viste inattese dall'interno verso l'esterno e viceversa. All'interno, la superficie della conchiglia è stata finita a spruzzo con uno strato isolante di spugna poliuretanica. L'abitazione è stata completata nel 1968, dopo 14 mesi di lavoro.
Se l'esterno allude alla roccia naturale, l'interno forma una luminosa, comoda caverna, risvegliando il ricordo di un ricovero nomade preistorico. La zona giorno principale, composta da soggiorno, sala da pranzo e cucina, è uno spazio liberamente connesso, che si apre sul paesaggio circostante per mezzo di grandi finestre. La casa non ha scale. Gli abitanti hanno accesso alle diverse aree, poste su livelli sfalsati, tramite rampe di cemento o gradini irregolari, che fanno pensare a sentieri battuti nel suolo roccioso della foresta. La casa è, al tempo stesso, un luogo avventuroso e uno spazio quotidiano e domestico. L'équipe composta dall'architetto Gillet, dallo scultore Roulin e dall'ingegnere Greisch non ha più completato lavori paragonabili a questo. Gillet ha lavorato come docente all'università di Liegi e ha promosso l'architettura organica attraverso i suoi contatti con professionisti internazionali. Ha invitato il leggendario Bruce Goff a Liegi per una conferenza nel 1972, ispirando un gran numero di architetti belgi dell'epoca. Come per alcune delle case organiche di Goff negli Stati Uniti, la Sculpture House di Liegi rimane uno straordinario esempio di architettura intuitiva, che svetta sopra ogni categorizzazione stilistica e qualsiasi movimento. Adam Štech. Scrittore e curatore di design e architettura, abita a Praga