Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 965, gennaio 2013
Velocità, forza, energia, bellezza, armonia, emozione, paura, eccitazione. Si può iniziare da questa sequenza di fattori fisico-percettivi a forte réaction poétique per mettere insieme alcune riflessioni sui valori estetici e progettuali delle più spettacolari architetture per il divertimento, vere e proprie machines pour le plaisir, ma forse ancor più architectures de vertige. Il mondo anglofono le conosce con il nome di roller-coaster, ma per tutti gli altri sono note con l'originaria denominazione di montagne russe.
È nella storia di tutti i mezzi di locomozione—dalle navi ai treni, dalle moto alle auto, dagli aerei sino alle astronavi—quella particolare ricerca progettuale che fonde la coerenza armonica della forma aerodinamica pensata per la velocità con il piacere di conquistare e dominare sensazioni estreme che vanno oltre i nostri limiti naturali, come quelle del volo e della forza gravitazionale. Si tratta di un percorso progettuale che, a seconda delle fasi più sperimentali o applicative, ha dovuto tener conto dei rapporti conflittuali di desiderio e rifiuto, piacere e paura, rispetto alle eccitanti o sconvolgenti emozioni prodotte dalla repentina e a volte violenta modificazione del proprio stato. Il mondo dei roller-coaster, che non ha come scopo l'utilità del viaggio, nasce proprio dall'idea di seguire l'evoluzione di questa particolare fenomenologia della velocità introdotta dalla tecnologia e dalla società industriale, cercando di riprodurne in laboratorio, ad ambiente 'controllato', il mix di sensazioni che ha sprigionato. È inutile ricordare che queste affascinanti architetture-ingegneristiche non sono state ideate per addestrare piloti o astronauti bensì, all'opposto, sono state progettate per essere macchine spettacolari a forte reazione emozionale, confezionate su misura per l'uomo qualunque che, di sua volontà, si sottopone a una condizione fine a se stessa di gioco-sfida 'mortale'. Ciò ha determinato una sequenza di domande e risposte progettuali sempre più incalzanti il cui esito è noto: ricerca di spericolate acrobazie, progetti strutturali con evoluzioni sempre più complicate, desiderio di provare esperienze fisiche oltre i limiti, da paragonarsi a quelle degli astronauti o dei Top Gun sui caccia supersonici, sottoposti a forze gravitazionali che arrivano ai 9 g (m/s2)!
Architettura adrenalinica
Cresciuti a ritmi vertiginosi negli ultimi dieci anni, sempre più grandi e complessi, i roller-coaster sono sofisticate architetture progettate per farci conquistare e dominare sensazioni estreme.
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- Giampiero Bosoni
- 13 febbraio 2013
- Milano
A questo punto, non potendo portare l'uomo qualunque a sfrecciare in cielo come Superman o Batman, si sono ricreate certe emozioni in vertiginosi percorsi che corrono su 'sicure' rotaie in cima a strutture ben fissate al suolo: maestosi moloch con parvenze di mitologici animali preistorici progettati per infondere un adrenalinico senso di meraviglia, fascino e paura. Consultando il ricco e aggiornatissimo sito web Roller Coaster Data Base si rimane impressionati nel vedere con quale ritmo negli ultimi dieci anni si sono costruite strutture, sempre più grandi e complesse, un po' in tutto il mondo, soprattutto in Asia e, in particolare, in Cina. È interessante anche vedere con quali parametri tipologici vengono classificate queste macchine del divertimento. La prima suddivisione basilare è data dal materiale e quindi dalla tecnica di costruzione: strutture tutte in legno da una parte, strutture in acciaio dall'altra. Quelle in legno (più classiche e storiche, ma ancora oggi in costruzione) appaiono più affascinanti per la loro densa — per cui anche molto plastica — tessitura strutturale che trasforma queste grandi costruzioni modulari in vere e proprie montagne sinuose, a volte anche in gigantesche onde congelate. Di converso, quelle in acciaio hanno conosciuto recentemente un notevole grado d'innovazione tecnologica e risultano anche formalmente più all'avanguardia.
In questa tipologia, i percorsi non corrono più sul profilo superiore delle grandi masse di sostegno, ma su monotravi che sono vere e proprie linee fluttuanti, in apparenza molto libere e leggere, sospese nel vuoto grazie a pochi piloni di sostegno. In particolare, quelle in acciaio di ultima generazione sono caratterizzate da spettacolari sequenze d'iperboli, parabole, sinusoidi ed elicoidi che sembrano galleggiare magicamente in aria. Oltre a fare tutte queste evoluzioni, le nuove montagne russe propongono, in certi casi, anche altri inediti colpi di scena come infilarsi a tutta velocità in tunnel sotterranei, passare attraverso fenditure ricavate in vere e proprie architetture o viaggiare a testa in giù come in uno ski lift rovesciato. Inoltre, grazie a nuove generazioni di motori a campi magnetici, i novelli Top Gun vengono lanciati in esasperate accelerazioni per provare sempre più elevati livelli di Forza g. La velocità di queste innovazioni tecnologiche e formali ci fa capire anche il metro di valutazione tipologica più adottato oggi per classificare queste macchine, cioè quello dei record per specialità: lunghezza, altezza, velocità e inversioni, intendendo con questo termine il numero e la complessità delle evoluzioni e rivoluzioni che si compiono lungo il percorso. Naturalmente, a una macchina da vertigini di questo genere non poteva mancare il concetto di record che spinge a provare esperienze sempre più sconvolgenti per sentirsi ogni volta più annichiliti, prima, dalla prova, ed esaltati, subito dopo, appagati dal fatto di aver vinto la paura. Molti hanno scritto che questo insano desiderio di cercare di vedere "la morte in faccia" non è altro che il tentativo di sconfiggerla, che poi si traduce anche nel senso di annullare, per un paio di minuti, la banalità dell'esistenza quotidiana, per inebriarsi dell'esaltante sensazione di mettere a rischio la propria vita (in forma controllata, beninteso). In effetti, sottoporsi a questa particolare condizione di stress significa liberare per una manciata di secondi, in un'esperienza quasi esoterica, come sotto effetto di una droga, le più recondite e animalesche pulsioni di paura e di coraggio, resistenza e forza. Come ha scritto W. H. Auden nel 1966 in un verso della poesia Fairground:
Un terreno sacro al dio di vertigine
e il suo culto di disordine: qui pericolo,
panico, shock, sono distribuiti in dosi misurate
da motori a prova di folle.
Sottoporsi a questa particolare condizione di stress significa liberare le più recondite pulsioni di paura e coraggio, resistenza e forza
Si tratta di una condizione 'culturale' ben descritta, già nel 1928, anche dallo storico dell'architettura e studioso dei fenomeni della cultura di massa Siegfried Kracauer, amico di Walter Benjamin. Nell'articolo Montagne russe (titolo originale: Berg – und Talbahn) pubblicato sul Frankfurter Zeitung, aveva annotato con grande acutezza: "Sembra quasi che tutti urlino perché si figurano finalmente salvati. È un grido di trionfo: "Siamo qui, ci libriamo nella beatitudine, corriamo sempre più avanti. Una corsa che può implicare la morte, ma che, al tempo stesso, è appagamento". Su questo confronto, angoscia come stato esistenziale e spavento come effetto di un evento o di un trauma, si sono consumate molte pagine a partire dalle analisi di Sigmund Freud. Comunque, al di là delle diverse e contrastanti interpretazioni (quelle neurologiche v/s quelle psicanalitiche) è bene ricordare che, secondo la teoria psicanalitica, la pulsione di morte è esattamente ciò che il sogno è per il sonno: un custode. In tal senso si potrebbe allora azzardare l'ipotesi che l'esaltazione estetica delle forme della velocità 'custodisca', incarni e, in qualche modo, dissacri e demistifichi le inquietudini e le frenesie delle nostre vite metropolitane. È interessante citare in proposito l'articolo Off the Rails di Steven Stern apparso qualche anno fa su Frieze e dedicato ai fenomeni correlati a queste architetture. "Nonostante una storia di 100 anni" — scrive Stern — "le montagne russe soffrono di una carenza di critica. Anche se i teorici culturali si sono innamorati dei parchi di divertimento, hanno avuto poco da dire circa queste corse. Si possono trovare decine di Baudrillard — che citano articoli su Coney Island e Disneyworld —, ma poco si trova su ciò che significa realmente 'cinghia' e 'fare il grande passo'. Forse perché i roller-coaster non sono abbastanza comunicativi. Non sono simulacri, bensì la cosa vera: come la droga, e più dei film, lavorano direttamente sullo stomaco e l'orecchio interno. Per una volta, definire 'viscerale' un'esperienza non è un'esagerazione. Non importa quanto i parchi a tema possano vestirle con racconti presi in prestito—si è in un razzo, su un treno in corsa, tu sei Batman—ciò che accade in un giro è quasi interamente una questione di fisica e fisiologia".
È anche importante ricordare che queste magnifiche strutture sono opera di team di designer e ingegneri dall'altissima professionalità (in questo settore lo studio di progettazione più famoso del mondo è il tedesco Ingenieur Büro Stengel di Monaco di Baviera, ma si distingue anche lo studio italiano Ride Tek). Di grande qualità sono pure le aziende specializzate nella costruzione, che hanno un loro specifico e sofisticato background (tra le prime quattro due sono svizzere, una è tedesca e una americana, ma si distinguono anche gli olandesi e non manca un buon rappresentante italiano). Per riprendere lo spunto lanciato da Steven Stern, bisogna riconoscere che, da quando nel 1978 Rem Koolhaas in Delirious New York ha scelto di descrivere l'epifania del mito della città moderna americana—aprendo il suo saggio con il capitolo "Coney Island: la Tecnologia del Fantastico"—il tema delle architetture provvisorie dedicate all'intrattenimento ha conquistato definitivamente, insieme al mondo delle fiere e delle esposizioni, un ruolo strategico nell'interpretazione delle modificazioni genetiche della scena urbana. "A cavallo tra XIX e XX secolo—scriveva Koolhaas—Coney Island diviene l'incubatore delle ormai prossime tematiche e della neonata mitologia di Manhattan. Le strategie e i meccanismi che più tardi daranno forma a Manhattan vengono testati nel laboratorio di Coney Island prima di compiere il balzo verso l'isola più grande. Coney Island è una Manhattan allo stadio fetale". Sicuramente tra queste "tecnologie del fantastico" un posto d'onore spettava ai mitici roller-coaster di Coney Island: Thunderbolt (1925), Tornado (1926) e Cyclone (1927), dal 1991 annoverato nella National Historic Landmark usa. Bisogna anche riconoscere che tale chiave di lettura era già stata individuata e interpretata qualche anno prima da altri importanti teorici e progettisti, impegnati in un percorso critico e alternativo dei modelli evolutivi della cultura urbana. Pensiamo a Cedric Price con il suo Fun Palace del 1962, ad Andrea Branzi che nel 1966, pochi mesi prima della fondazione del gruppo Archizoom, presenta come tesi di laurea il progetto di un luna park e, soprattutto, a Guy Debord che, nel 1967, aveva dato alle stampe il suo fondativo pamphlet teorico La società dello spettacolo. Può essere anche interessante ricordare che sulle pagine di Domus non sono mai state pubblicate montagne russe, tuttavia questo termine è stato scelto più volte per descrivere alcuni progetti come il Centre Georges Pompidou di Piano e Rogers o alcuni progetti F. O. Gehry. Forse anche queste architetture sono state un "sogno-incubo ", rispetto alla realtà del loro momento storico, e hanno rappresentato e 'custodito' alcune nostre profonde inquietudini di uomini travolti dalle "montagne russe" della vita quotidiana contemporanea. Giampiero Bosoni, Studioso e storico del design